Corso di Religione

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IL BUDDISMO
Scuole- Concili
         


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Le principali scuole buddiste Buddismo Nikaya
( Hīnayāna  )

Le prime scuole furono denominate Hīnayāna .E' il buddismo delle scuole sorte intorno al Canone Pali dopo la morte del Buddha Śakyamuni.

Per lungo tempo il termine Buddsmo Hināyāna ( piccolo veicolo) ha indicato nella classificazione storiografica il Buddhismo non-mahayana . Successivamente tale termine è stato sostituito con altre indicazioni, come Buddhismo dei Nikāya, in quanto il termine Buddhismo Hināyāna risultava offensivo per alcuni buddhisti theravāda .

Dopo la morte del Buddha Śakyamuni il monachesimo buddhista si diffuse presto per tutto il subcontinente indiano.

A questa diffusione corrispose anche una lenta ma graduale differenziazione nella interpretazione degli insegnamenti, all'epoca riportati oralmente, attribuiti allo stesso Buddha Śakyamuni.

L' Hinayana o "piccolo veicolo" o stretta via della salvezza è la via che richiede una rigorosa osservanza dell' ottuplice sentiero . I seguaci di questa corrente ritengono che solo i monaci possono raggiungere il Nirvana.

Non considerano Buddha un dio, ma solo un maestro di perfezione morale. Si dedicano alla predicazione, allo studio dei testi canonici, alla venerazione dei luoghi legati alla vita di Buddha, ecc.

Questa corrente nega recisamente l'esistenza dell'atman (l'io individuale), ammessa invece dal Brahmanesimo, e ritiene inutili i riti, le devozioni, i simboli e i sentimenti religiosi.

Essa si è diffusa soprattutto in Birmania, Thailandia, Laos, Cambogia e soprattutto Sri Lanka.

A metà del IV secolo a.C. la maggioranza della comunità denominatasi Mahāsāṃghika ( la Grande Comunità) si divise dagli Sthaviravāda , una minoranza che si autodenominò come "gli anziani, fedeli all'insegnamento autentico del Buddha". E' la prima divisione registrata all'interno della comunità buddhista originaria ( sangha).

Il gruppo degli Sthaviravāda rimase unito fino al III secolo a.C. quando da esso si separò un gruppo denominato Vatsīputrīya che sosteneva l'esistenza di un pudgala (la persona; e per questo conosciuti anche come Pudgalavāda) all'interno di ciascun essere , dottrina che evidentemente contraddiceva, per i suoi oppositori, l'anatman (la negazione dell'esistenza dell' atman) insegnato dallo stesso Buddha Śakyamuni.

Alcuni decenni dopo questo scisma, se ne produsse uno nuovo e la comunità Sthaviravāda si suddivise in due gruppi : Vibhajyavāda e Sarvāstivāda.

All'inizio del II secolo a.C. dalla comunità Vibhajyavāda sorsero due ulteriori scuole: i Dharmaguptaka e i Mahīśāsaka. Mentre nello stesso periodo dalla scuola Sarvāstivāda sorse la scuola Sautrantika . Poco si sa di una ulteriore scuola, i Kāśyapīya , che sembra sintetizzare le posizioni dottrinali dei Sarvāstivāda con quelle Vibhajyavāda.

Buddismo Theravada
Per il suo carattere dispregiativo, il termine «hinayana» è oggi evitato dagli studiosi occidentali del buddhismo e sostituito con «theravada»tradizione degli antichi»).  A rigore, tuttavia, «theravada» e «hinayana» non sono sinonimi.

Vibhajyavāda è la scuola Sthaviravāda del Buddhismo dei Nikāya che ha dato origine all'attuale scuola cingalese Theravāda.

Intorno III secolo a.C. alcuni gruppi di Sthaviravāda-Vibhajyavāda si stabilirono nell'India meridionale giungendo da qui nello Sri Lanka. Essi adottarono come lingua canonica il dialetto pracritico pāli e convissero accanto a comunità Mahīśāsaka che possedevano un vinaya simile.

Anche questa comunità si divise sul suolo cingalese ( Ceylon) in due monasteri che adottarono diversi canoni: il Mahāvihāra (che promosse la scuola Theravāda ) e l'Abhayagiri (che invece accolse gli insegnamenti riportati nei sutra Mahāyāna e Vajrayāna). Una terza corrente sorse intorno al IV secolo d.C. presso il monastero Jetavana.

Il buddhismo theravāda ( letteralmente "la scuola degli anziani") è la forma di buddhismo dominante nell'Asia meridionale e nel Sud-est asiatico, in modo particolare in Sri Lanka, Thailandia, Cambogia, Birmania e Laos.

Buddismo Mahyana
Il buddismo è nato come via umana di salvezza riservato a pochi eletti monaci (cosi è nell' hinayana ) poi, in una interpretazione atea del Nirvana  sarebbe  degenerato  nel mahayana, o grande veicolo o via larga

Il movimento mahayana è un grande movimento di monaci e laici, che reagiscono al controllo della rete monastica ufficiale.

Si sviluppa originariamente in India nei primi secoli dell'era cristiana  e porta a una importante divisione del buddhismo che persiste ancora oggi.


Mahayana permette la salvezza anche ai laici, in forme meno rigide.

La scuola Mahayana, che peraltro sostituì la lingua Pali, usata dall'Hinayana con il Sanscrito ( lingua Hindù) , costituisce lo sviluppo del Buddismo in senso filosofico, mistico e gnostico.

Essa riconosce un gran numero di divinità, fra le quali annovera lo stesso Buddha.


Anzi, Siddartha Gotama non sarebbe che uno dei buddha: ne esisterebbero altre centinaia (sovrani del paradiso, del futuro, del mondo ecc.) . Concezione, questa, che permetterà al Buddismo di assimilare facilmente altre religioni.

Oltre ai buddha vi sono i santi, cioè coloro che, pur avendo acquistato il diritto d'immergersi nel Nirvana, hanno deciso di restare ancora un po' di tempo sulla terra per salvare gli uomini.

I mahayanisti, a differenza degli hinayanisti, credono anche negli spiriti maligni e in altri esseri soprannaturali, nonché nella differenza tra paradiso e inferno, e negano l'esistenza dei dharma come entità a se stanti.

Nel paradiso si trovano le anime dei giusti (anche laici) che devono incarnarsi ancora una volta sulla terra prima di raggiungere il Nirvana.

Questa corrente, che praticamente non ha nulla del Buddismo originario (che, nonostante tutto, era rimasto un movimento elitario), si è diffusa tra il II e il X sec. nell'Asia centrale, nel Tibet, in Cina, Vietnam, Corea e Giappone, Mongolia e Nepal (per qualche tempo anche in Birmania, Indonesia e India settentrionale).

Nel suo ambito è composta una serie di testi che, benché evidentemente scritti molti secoli dopo la vita terrena del Buddha, sono considerati dai discepoli «sutra», cioè discorsi del Buddha stesso o testi preparati con la sua autorizzazione.

Alcuni, come il Sutra del Loto lodano la venerazione degli stupa, monumenti-simbolo terrestre del Buddha celeste in cui vengono deposte le reliquie di Siddharta, e presentano una nuova interpretazione della storia del Buddha. 

La ricerca dell'illuminazione attraverso le uscite dal palazzo paterno, la vita ascetica, e l'esperienza finale sotto l'albero bodhi sono soltanto una parabola che il Buddha ha raccontato a uso di discepoli non ancora preparati a comprendere la verità.

In realtà il Buddha ha già raggiunto l' illuminazione da miliardi di anni, e da allora predica la vera dottrina in questo mondo e in migliaia di altri mondi.

Anche il suo passaggio nel nirvana è una finzione, un mezzo per insegnare a persone limitate (upaya). In realtà il Buddha continua e continuerà a vivere per miliardi di anni.

Se la verità sul Buddha è questa, chi resta legato alla versione originaria della sua storia si confina a insegnamenti esplicitamente destinati a persone limitate, non ancora mature per una comprensione piena.

Di qui il termine dispregiativo «hinayana» («piccolo veicolo», ma anche «veicolo inferiore»), utilizzato dagli aderenti al movimento mahayana («grande veicolo») per designare le scuole più antiche. 
Altri testi- come quelli del corpus chiamato Prajnaparamita - considerano la venerazione dei testi stessi superiore a quella degli stupa.

Secondo una versione comune, il movimento mahayana avrebbe soppiantato rapidamente le scuole più antiche, confinandole in un'area meridionale che comprende Sri Lanka e la penisola indocinese (Tailandia, Cambogia, Birmania, Laos, Vietnam).

In realtà, il processo è stato più complicato. La separazione fra un «buddhismo del Sud» theravada e un «buddhismo del Nord» mahayana (Cina, Giappone, Corea, Vietnam, Tibet e Mongolia) è relativamente tarda, fra il decimo e il tredicesimo secolo d. C..

Nel Grande veicolo il Budda è concepito come realtà assoluta, soprannaturale, ora personale, ora impersonale, riferimento salvifico per i monaci; come Budda celeste, manifestazione della realtà assoluta, venerato , oggetto di culto,riferimento salvifico per i laici (fede,culto,devozione ed opere di misericordia), infine come apparizione in forma umana la cui individualità è ora dissolta e non può essere riferimento per nessuno. 

Il buddsimo tibetano
Buddismo Vairayana
Nel III sec.d.C. si sviluppa in India il Buddhismo Tantrico (Tantra=tessere… allude alla rete interconnessa del Tutto universale), ramo del Mahayana che diventerà nel VI-VIII sec.d.C. la base in Tibet della scuola VAIRAJANA
In precedenza tradizioni mahayana e del «buddhismo della fondazione» coesistono nei vari paesi, fianco a fianco e talora negli stessi monasteri. In più, circa cinque secoli dopo il movimento mahayana, all'interno del buddhismo indiano si sviluppa la proposta di un terzo «veicolo», il vajrayana («veicolo» o «via» della folgore adamantina, o del diamante): una strada che asserisce la possibilità di conseguire l'illuminazione qui e ora, in questo corpo e in questa vita, in modo molto più rapido di quanto non pensassero gli altri «veicoli».

Queste correnti esoteriche (chiamate anche col nome di Mantrayana o Veicolo delle formule magiche o ), attribuiscono importanza centrale alla ripetizione di formule sacre ( mantra ) per raggiungere l'Illuminazione.

Il Bodisattva è la figura religiosa che funziona da ideale per i laici:amore senza limiti che ritarda la sua entrata nel nirvana per riversare i suoi meriti sugliu altri.

Ci sono bodhisattva terreni e celesti, questi più efficaci. Un bodisattva può  ritardare la sua entrata nel nirvana re-incarnandosi per guidare gli uomini alla via .

E' la via buddista meno diffusa (circa 20 milioni di seguaci) e che più si è allontanata dalle origini, insistendo proprio sui punti che il Buddha aveva maggiormente criticato: il ritualismo, la mistica e la magia.

Affermata verso il VI sec., si diffonde prevalentemente in Mongolia e nel Tibet, ma anche in Nepal, Cina e Giappone.

Questa corrente, senza la scuola Mahayana, difficilmente avrebbe potuto costituirsi. I suoi due rami principali sono il Lamaismo e lo Zen.

Il Lamaismo
Nel Tibet la corrente Vairayana , nata verso il 750 d.C. , assunse il nome di Lamaismo , diffondendosi anche in Mongolia e Siberia. È L'unica corrente strutturata in maniera gerarchica.

Per i suoi seguaci il Tibet rappresenta come una "casa madre" e una "terra promessa". Lhasa , la capitale, è considerata "città sacra". Anche la lingua tibetana è ritenuta "sacra".

Essendo il prodotto di una fusione di Buddismo e religioni animistiche e sciamaniche, il Lamaismo dà notevole importanza agli scongiuri magici, alla conoscenza mistica e alla musica, con l'aiuto dei quali esso è convinto di poter raggiungere il Nirvana in tempi molto brevi.

Molto influenti sono stati i monaci, chiamati Lama, che riuscirono a costituire un governo ierocratico: nominalmente il potere civile apparteneva agli imperatori cinesi, di fatto erano i monaci a comandare e i loro dirigenti venivano scelti tra le famiglie feudali più influenti.

Quando il Dalai Lama muore, si pensa ch'egli s'incarni immediatamente in qualche parte del paese.

Una ricerca minuziosa viene allora operata tra tutti i neonati maschi che rivelino alcuni segni particolari negli occhi o nelle orecchie o nella pelle. I loro nomi vengono introdotti in un'urna d'oro e poi ne viene estratto uno a sorte.

Da quel momento il prescelto viene educato dai sacerdoti, conduce un'esistenza privilegiata e deve astenersi da qualunque forma di impurità e di rapporto sessuale.

L'ultimo Dalai Lama, non avendo accettato l'unificazione del Tibet con la Cina comunista (1951), imposta da quest'ultima, ha deciso, dopo una rivolta fallita, di espatriare in India nel 1959, insieme a 100.000 rifugiati.

Prima dell'unione con la Cina un tibetano su quattro apparteneva a un ordine religioso.

L'attuale Dalai Lama (XIV Incarnazione) è stato insediato nel 1940. Nel 1990 gli è stato conferito il Premio Nobel per la pace.

Il Buddismo tibetano( ENCICLOPEDIA DELLE RELIGIONI IN ITALIA -ELLEDICI)

" La storia  del buddhismo in Tibet  è oggetto di notevoli controversie.

Gli orientalisti vittoriani consideravano il buddhismo tibetano «corrotto» da elementi «superstiziosi» di origine pre-buddhista e tendevano a svalutarlo, soprattutto a fronte ella preferenza accordata alla scuola theravada. Non contribuiva a raccomandare il Tibet agli accademici il fatto che la Società Teosofica e altre organizzazioni esoteriche ne facessero la sede di mitici «Maestri ascesi».

Si può dire che - dopo l'invasione cinese del Tibet e la fuga del Dalai Lama e di migliaia di monaci in India e in Occidente a partire dal 1959 - la situazione si presenti oggi come quasi completamente rovesciata: il buddhismo tibetano è esaltato da molti come il vertice dell'intero buddhismo, sfuggito per secoli alla corruzione dovuta alle influenze occidentali che avrebbero invececontaminato il buddhismo indocinese, singalese e - più recentemente - anche giapponese. Solo negli ultimi anni sono emerse voci di studiosi che raccomandano una «via media», libera da pregiudizi positivi o negativi di carattere ideologico.

La religiosità tibetana preesiste al buddhismo, e nella sua forma tradizionale prebuddhista è incentrata sul ruolo divino del monarca, sottolineato da elaborati rituali (specie funerari) al cui servizio si pongono diverse caste sacerdotali. All'epoca pre-buddhista risale anche la nozione di " forza vitale" - talora associata al respiro - che può lasciare temporaneamente il corpo e anche distaccarsene completamente, causando diversi pericoli. Il la può anche risiedere nello stesso tempo nel corpo umano e in luoghi o realtà esterne (un animale, un lago, un albero) che risultano così collegate da una relazione di carattere «simpatico» alla persona (se l'albero dove pure risiede il la di qualcuno è abbattuto, la persona si ammala).

Secondo la leggenda è durante il regno di Songtsen Gampo (che va dal 614 al 650) che due mogli del re - una cinese e una nepalese - importano in Tibet il buddhismo. Non ci sono conferme della storicità di questa tradizione, e certamente pratiche condannate dal buddhismo come i sacrifici di animali continuano in Tibet ben oltre il VII secolo.

Alla fine dell'VIII secolo il re Tri Songdetsen (che regna dal 754 al 797) invita in Tibet il monaco indiano Santaraksita, che a sua volta richiede l'aiuto dei maestro tantrico Padinasambliava (di cui si ignorano le date esatte di nascita e di morte) per resistere alla reazione delle vendicative divinità locali. In questo contesto il primo monastero buddhista tibetano è fondato a Samye nel 779.

I primi maestri buddhisti trovano in Tibet un complicato pantheon di divinità benevole e malevole (anche le seconde, peraltro, suscettibili di essere « ropiziate» e controllate). Come altrove,  il buddhismo si sforza di integrare questo pantheon nella sua dottrina, distinguendo fra divinità «mondane» (sottoposte alla legge dei karma e della reincarnazione) e «sopramondane» (libere dal cielo del karma). Il Tibet, peraltro, presenta ai maestri buddhisti un universo particolarmente lussureggiante di spiriti, demoni e divinità legati alla geografia  alle montagne, ai laghi, alle caverne - insieme a leggende su paesi segreti (il più famoso dei quali è Shambala) e tesori nascosti.

Quest'ultima tradizione sarà appropriata dal buddhismo, che parlerà di terma, testi nascosti dai primi maestri come Padmasambliava in attesa di un futuro momento opportuno perché fossero scoperti. Al regno di Tri Songdetsen la tradizione fa risalire anche un dibattito dottrinale, che avrebbe avuto luogo nel 797, dove il monaco indiano Kamalasila avrebbe sconfitto il monaco ch`an cinese Mohoyen (di cui non si sa quasi nulla, forse un personaggio mitico), bloccando così una possibile influenza del buddhismo ch'an e zen in Tibet. Anche la storicità di 'questo dibattito pubblico è dubbia; la vicenda, tuttavia, allude simbolicamente alla prossimità culturale dei Tibet all'India e all'ostilità verso la Cina (testimoniata da un'ampia letteratura popolare che si prende gioco della figura di Mohoyen).

La storia del buddhismo in generale prevede iniziali contatti con l'India, che in seguito sono interrotti. Nelle varie aree geografiche, molto dipende dall'epoca di introduzione del buddhismo. L' Asia Orientale ha ricevuto il buddhismo indiano prima del Tibet, in una forma dominata dai sutra (che non sono trattati o commenti sistematici ma piuttosto presentazioni della dottrina in forma narrativa o allegorica).

I trattati sistematici (sastra) sono stati scritti in gran parte in un'epoca in cui le traduzioni sistematiche di testi indiani in cinese erano cessate. I sastra, e con essi una «filosofia» buddhista corredata da una cosmologia e da una logica sistematica, sono invece presenti nel momento  più tardo - in cui il buddhismo arriva in Tibet nella sua forma mahayana. Si afferma quindi spesso che il buddhismo mahayana tibetano è incentrato sui sastra piuttosto che sui sutra.

Non solo: quando il buddhismo arriva in Tibet accanto ai sutra e ai sastra si sono sviluppati (in gran parte fra il IV e il X secolo) i tantra, testi che offrono una via rapida all'illuminazione (in contrasto con il processo lunghissimo cui alludono i sutra) attraverso dottrine segrete, iniziazioni e tecniche. Il buddhismo tibetano mette insieme così una dottrina basata sui sastra e una prassi influenzata dai tantra.

L'elemento dottrinale dà importanza - secondo lo schema mahayana - alla sensibilità per tutti di accedere allo status  di buddha, e alla figura del bodhisattva. Le pratiche devozionali sono pertanto di due tipi: da una parte, mirano a diventare un bodhisattva (voti di bodhisattva), dall'altra riguardano la venerazione dei principali bodhisattva (fra cui prominente è quello della compassione, Avalokitesvara - in tibetano Cenresig -, invocato con il famoso mantra Om mani padme um, sulla cui traduzione fervono accesi dibattiti fra gli specialisti).

L' influenza tantrica fa sì che il buddhismo tibetano sia considerato, più propriamente, di scuola vairayana: una scuola che si propone di abbreviare il tempo necessario a conseguire lo stato di buddha da milioni di anni a un termine breve indicato simbolicamente in tre anni e mezzo. Le vie indicate per ottenere questo risultato sono il rituale, la visualizzazione (in particolare di un elaborato palazzo o mandala, o di una divinità tutelare o yidam) e la meditazione. I tre elementi convergono nella pratica rituale chiamata sadhana.

Importante è anche la figura del maestro: il termine indiano guru è stato tradotto in Tibet a partire dalIVIII secolo «lama», un'altra parola la cui etimologia è oltremodo incerta (quanto al termine «lamaismo», coniato da missionari e viaggiatori occidentali nel XIX secolo per designare il buddhismo tibetano, è oggi in genere rifiutato dagli studiosi per il suo originale significato peggiorativo).

L'espressione «veicolo del diamante» o della folgore adamantina» allude, tra l'altro, all'unione salda e indivisibile come il diamante fra la saggezza e il metodo, entrambi necessari per il cammino che conduce il bodhisattva allo stato di buddha. Poiché,la saggezza è femminile e il metodo maschile, l'unione sessuale (fondamentalmente simbolica, ma anche fisica) la rappresenta in modo eminente, ed è questo uno degli aspetti del tantrismo che più hanno colpito gli osservatori occidentali (che ne hanno spesso deformato il significato).

Un altro aspetto che è spesso oggetto di fraintendimenti è la presenza di divinità «adirate» o «terribili» rappresentate in una forma macabra e guerriera, che devono essere placate o propiziate. Gli orientalisti ottocenteschi - le cui idee si ritrovano talora ancora oggi nella letteratura divulgativa - ritenevano che si trattasse qui di sopravvivenza di un mondo religioso tibetano «sciamanico» e pre-buddhista. Oggi la maggior parte degli studiosi conclude che molte di queste divinità vengono dall'India e rappresentano i buddha e i bodhisattya nel loro aspetto «terribile» che allontana e distrugge l'arroganza e l'egoismo, a loro volta causa dell'ignoranza e della sofferenza.

La storia del Tibet dopo l'introduzione del buddhismo giustifica, da molti punti di vista, l'affermazione secondo cui la tradizione buddhista nel paese himalayano è sostanzialmente lineare, continua e ininterrotta (almeno fino all'invasione cinese), ma non senza alcuni passaggi e svolte storiche importanti.

Il tentativo di sopprimere i monasteri da parte del re Langdarma (cheregna dall'836 all'842), con il successivo periodo di crisi del buddhismo, è stato forse sopravvalutato nei suoi effetti reali. Quello che è certo è che il buddhismo tibetano fiorisce nuovamente nell'XI secolo con la visita del maestro bengalese * Atisa (982-1054), i cui discepoli fondano il primo ordine monastico tibetano, l'ordine kadampa.

L' istituzione monastica è inseparabile dalla vita religiosa del Tibet. Prima dell'invasione cinese, dal dieci al quindici per cento della popolazione maschile era costituita da monaci (ma solo il tre per cento della popolazione femminile era costituita da novizie, dal momento che l'ordinazione femminile completa non si è mai radicata nel Tibet tradizionale, anche se è oggi presente nel buddhismo tibetano della diaspora con ordinazioni ricevute in ordini cinesi a Taiwan o a Singapore).

L' importanza della vita monastica in Tibet è sottolineata da due fenomeni tipicamente tibetani. Il primo è la dottrina del tulku, o lama incarnato. La reincarnazione del maestro (lama) è diversa da quella delle persone ordinarie. Per le seconde, la reincarnazione è un'avventura sgradevole, rischiosa e imprevedibile cui si deve cercare se possibile di sfuggire.

Per il lama, invece, la reincarnazione è volontaria: non avrebbe bisogno di tornare nel mondo ma lo fa - in modo del tutto consapevole - spinto dal nobile desiderio di aiutare gli altri. Dal XIV secolo si è diffusa in Tibet la pratica, quando un grande maestro muore, di identificare in un bambino la sua reincarnazione.

Questa pratica è nota anche al grande pubblico occidentale per il Dalai Lama, ma prima dell'invasione cinese c'erano tremila lignaggi di questo genere (quasi tutti - con poche eccezioni - maschili) e molti sono continuati in Tibet o nella diaspora (con il fenomeno, che ha attirato l'attenzione anche della letteratura e del cinema, di reincarnazioni di maestri tibetani identificate in bambini occidentali). Il secondo aspetto che sottolinea l'importanza del monachesimo tibetano è il ruolo svolto da monaci provenienti dal Tibet nella diffusione del buddhismo alla corte dei khan mongoli.

Ed è grazie alla protezione e al patrocinio mongolo che nel 1642 il quinto Dalai Lama (1617-1682) si insedia come massima autorità politica in Tibet, così di fatto unificando il potere politico e religioso dopo la crisi della monarchia. Il supporto ideologico di questa svolta è un rinnovato culto del bodhisattva Avalokitesvara, che rappresenta la grande compassione e di cui il Dalai Lama è considerato l'incarnazione.

Il quinto Dalai Lama
proclama anche il suo maestro incarnazione del Buddha della Luce Infinita, Amitabha, creando per lui il ruolo di Panchen Lama, con sede nel monastero di Tashilhunpo, che rappresenta l'autorità religiosa, mentre la sede del governo e del Dalai Lama è stabilita a Lhasa, dove è costruito il Potala (che prende il nome dal mitico palazzo di Avalokitesvara, il Potalaka).

Il Dalai Lama - a proposito del quale i paralleli con il Papa cattolico risalgono già a missionari seicenteschi e sono duri a morire, per quanto severe siano le critiche degli specialisti accademici -, nonostante il suo più ampio potere politico (sopravvissuto all'invasione cinese e all'esilio), non è propriamente il leader religioso di tutto il buddhismo né tanto meno di tutto il buddhismo tibetano, ma del «sistema» geluk anche se tutte le scuole ne hanno grande rispetto.

Il buddhismo tibetano è organizzato in chos lugs, un'espressione tradotta in Occidente con «ordine», «scuola» o «setta»: ma nessuna di queste traduzioni è considerata soddisfacente dagli specialisti contemporanei, alcuni dei ' quali suggeriscono appunto l'espressione - anche letteralmente più appropriata - di «sistema».

Il più antico fra tutti i «sistemi» sarebbe, in teoria, quello bon, ma solo se si considera la religione bon parte del buddhismo. Non la ritengono tale né gli aderenti della religione bon (i bonpo) - per i quali il buddhismo è una religione «straniera» che ha causato la decaclènza del regno del Tibet - né i buddhisti, per cui i bonpo rappresentano la sopravvivenza di un mondo pre-buddhista legato a tendenze animiste e agli aborriti sacrifici di animali. Neppure questa seconda interpretazione può essere peraltro condivisa senza riserve.

E' vero che i bonpo considerano il loro mitico fondatore, Shenrap, illuminato fin dalla nascita, superiore al Gautama Buddha storico, e idealizzano il passato tibetano pre-buddhista; tuttavia, la loro tradizione è stata talmente influenzata dal buddhismo da non potersi ritenere che si tratti oggi di una forma «pura» e pre-buddhista dell'ethos tibetano. La loro sistematizzazione come tradizione infatti è propriamente post-buddhista e mutuata dal modello buddhista già più strutturato. Fra i «sistemi» certamente buddhisti, il più antico è quello nyingma (il cui nome significa, appunto, «antico») che si afferma fondato dallo stesso Padmasambhava.

Il «sistema» nyingmainsegna nove «veicoli», il più elevato e complesso dei quali è lo Dzogchen o Dzog-Chen («Grande Perfezione»), uno stato libero dal dualismo di soggetto e oggetto che appartiene alla mente in modo originario. La mente ha però creato il mondo delle apparenze e della sofferenza, e si è convinta che questo mondo è reale. Lo Dzogchen - e il «sistema» nyingma in genere - non mirano a «liberare» la mente, perché essa è in realtà già libera: deve soltanto eliminare gli ostacoli che le impediscono di riconoscere la sua vera natura.

Alla scuola «antica» nyingrna (che peraltro riconosce non solo testi antichi ma anche testi proclamati di origine antica ma riscoperti molti secoli dopo come «tesori nascosti» - e talora riscoperti- non fisicamente ma mentalmente) si contrappongono i «sistemi» «nuovi» (gsarma): kagyu, sakya e geluk'.

Il «sistema» kagyu fa risalire le sue origini a Marpa (1012-1099) e al suo discepolo Milarepa (1040-1123), la cui vita è al centro di un'ampia letteratura, in gran parte di carattere leggendario. I seguaci di un discepolo di Milarepa, Gampopa (10791153), fondano le dodici scuole kagyu, la più importante delle quali è la scuola karma kagyu, retta da una successione di lama incarnati chiamati Karmapa.

Nel «sistema» kagyu il «Grande Sigillo» (mahamudra) ha un ruolo simile alla «Grande Perfezione» dello Dzogchen. E' uno stato di perfezione che si trova fin dal principio nella mente, ma è normalmente oscurato dall'illusoria percezione del soggetto e dell'oggetto come reali. La scuola kagyu o della tradizione orale ha sviluppato fortemente le tecniche meditative che assumono il posto centrale nella trasmissione.

Come Marpa, anche la figura che è alle origini nel «sistema» sakya, Drokmi Shakya Yéshe (992-1074), è un traduttore; ma la figura per cui il «sistema» è noto è un maestro della logica e della filosofia buddhista, Sakya Pandita (1181-125 1) che nel 1244 introduce il buddhismo tibetano alla corte mongola. Qui il «sistema» sakya è però sostituito nel XVI secolo dal «sistema» geluk, di origine più recente e che considera come suo fondatore Tzong Khapa (1357-1419). Il suo discepolo Gendundrup (1391-1474) è considerato il prìmo Dalai Lama.

I gelukpa si affermano - e finalmente accedono al potere politico su tutto il Tibet - grazie alla loro eccellenza come interpreti della filosofia buddhista e all'organizzazione di grandi monasteri, in particolare le «tre sedi» di Sera Me, Ganden e Drepung (quest'ultimo, prima dell'invasione cinese, è insieme l'«università» del buddhismo geluk e il più grande monastero buddhista del mondo con oltre tredicimila monaci).

La storia recente del buddhismo tibetano è segnata dall'invasione cinese, dalla fuga del Dalai Lama in India nel 1959, e dalla diaspora che porta in esilio oltre centomila tibetani (la maggior parte dei quali vivono in India e in Nepal). Si calcola che almeno altrettanti siano periti o siano stati uccisi mentre cercavano di lasciare il Tìbet - particolarmente nel periodo sanguinoso della rivoluzione culturale - e che un milione (su una popolazione originaria di sei milioni) siano morti in Tibet come risultato di una gamma di politiche cinesi che sono andate dalla persecuzione fisica alla disorganizzazione sistematica della vita economica e sociale. Dal 1959 al 1979 il buddhismo tibetano è stato sistematicamente perseguitato, e molti monasteri sono stati distrutti.

A partire dal 1979 gode di una maggiore tolleranza, ma le sue, condizioni rimangono precarie e alcuni monasteri sono tenuti in vita - con un numero ridotto di monaci, e con una pratica impossibilità di perseguire la complessa educazione monastica tradizionale - soprattutto per rispondere alle critiche occidentali e per attirare turisti.

In gran parte il buddhismo tibetano vive in Occidente, dove si sono rifugiati oltre cinquemila monaci, che in genere rappresentano l'éfite del mondo monastico tibetano dal punto di vista sociale e intellettuale.

Il Dalai Lama - pure nella delicata posizione di chi deve cercare da una parte di non perdere il contatto con le peculiari e millenarie tradizioni tibetane, dall'altra di presentare la religione buddhista in una forma («modernista») accettabile agli occidentali - è emerso come il principale ambasciatore del buddhismo, non solo tibetano, nel mondo.

Alcune controversie recenti (come quella sorta intorno alla venerazione di una divinità protettrice, Dorje Shugden, vietata dal Dalai Lama e coltivata anche in Occidente dal movimento chiamato New Kadampa Tradition) ricordano peraltro come questo ruolo sia tutt'altro che facile.

In ogni caso, la presenza di monaci tibetani in numeroi aesi dell'Occidente, Italia compresa, ha contribuito grandemente alla conoscenza del buddhismo tibetano e - più in generale  alla possibilità per gli occidentali di entrare in contatto con autentici maestri buddhisti: una conseguenza non prevista, e certamente non voluta, dell'invasione e della politica di repressione cinese in Tibet. "

Il Buddsimo zen

Il buddhismo cinese risale al 1° secolo d.c. e fiorì  durante la dinastia Tang(618-907 d.c.). Esso rappresenta ancora oggi una scuola influente.

Sutra del Loto :
.«Se ci sono innumerevoli miriadi di esseri tormentati da dolore e sofferenza che sentono il nome di Kuan Shib Yin Bodhisattva e con sincerità recitano il suo nome Egli udrà le loro grida e tutti saranno liberati

Il primo patriarca del buddhismo Chan  fu   Bodhidharma , un principe dell'India che si fece monaco e si recò in Cina alla fine del 5° secolo.

Nel XII sec.d.C. la scuola CHAN  entra in Giappone e nasce la scuola ZEN .

Lo scopo dello Zen rimane il Nirvana ( satori ) ma sottolineando l'indivisibilità del Buddha da tutto ciò che esiste afferma che l'uomo può e deve raggiungere, già in questo mondo, l'unità con il divino.


Ciò può avvenire solo tramite un'Illuminazione interiore, istantaneamente, in condizioni eccezionali, provocate anche da stimoli fisici, poiché la verità non può essere raggiunta razionalmente, né può essere espressa in concetti.

Bodhidharma :
.«..una tradizione speciale al di fuori delle scritture antiche buddhiste,nessuna dipendenza da parole o lettere.. puntare direttamente alla mente, scrutare a fondo il proprio essere..e il conseguimento della natura del Buddha..».

Uno degli stimoli preferiti, in tal senso, è il senso del bello (che include l'arte di disporre i fiori, la cerimonia del tè, la sobria raffinatezza della casa, ecc.). La pratica più affascinate è il tiro con l'arco
(cf.: HERRIGEL,Lo Zen e il tiro con l'arco, ADELPHI)

La mente zen è la mente della quotidianità.
Essa è l'illuminazione stessa.


La natura umana è perfetta in se stessa, è  buddhica . Il compito umano è quello di  realizzarla. Aver fede!

La salvezza consiste nel vivere spontaneamente la natura buddhica. Il controllo della respirazione è una tecnica fondamentale.


«..è come cavalcare un bue in cerca del bue.»


Tutte le attività per entrare nel Satori sono DO (cinese DAO, giapp. DO, il procedere perfetto e naturale) .

DO-IN.
KEN-DO.
BUSHI-DO.
JU-DO.
etc.

satsuma
Satsuma Samurai

Nascono molte scuoleZen :
- Scuola RINZAI: il Maestro ad un certo punto di maturazione dell'allievo ti fa  precipitare improvvisamente nel Satori.
-Scuola  SOTO : maturazione graduale.
etc.

In questa scuola il monaco può avere famiglia.

I concili buddisti [Non c'è accordo tra gli storici nè sul numero dei concili nè sulle date.]

L’ insegnamento del Buddha per i primi 5 secoli fu trasmesso oralmente e durante questo periodo furono tenuti 5 Concili per verificare che la diffusione dell’insegnamento in molti paesi dell’Oriente non ne modificasse il contenuto.

Alcuni racconti della tradizione narrano come i rapporti tra il Maestro ed alcuni monaci non fosse per niente idilliaco tanto che Ananda , suo discepolo diletto alla sua morte ne fu contento.

Il primo concilio

Nei primi tempi della sua predicazione, il Buddha non ebbe in mente d'imporre una particolare disciplina monastica. Dovrà però farlo quando si troverà ad essere il capo di un Ordine.

All'inizio i discepoli provenivano dai ceti più elevati. Venivano esclusi i debitori, gli schiavi, i malati contagiosi, gli incurabili, gli eunuchi, gli assassini, i minori di 15 anni di età e coloro i cui tutori legali si opponevano.

La disciplina delle comunità monastiche (e laicali) andò configurandosi attraverso quattro Concili, il primo dei quali (483 o 477 d.C.), a Rajagriha, ebbe appunto lo scopo di fissare un primo Canone

I modi di vivere il Buddismo sono, ancora oggi, fondamentalmente due: -l'appartenenza all'Ordine composto da monaci ( bhiksu )



-o monache (bhiksuni)


Monache

- e la Confraternita dei laici ( upasaka ).

athens
Ven. Lama Dondrup Dorje dona Insegnamenti durante il ritiro estivo Pathgate in Grecia nel Centro Dharma Pathgate a Atene

Il monaco deve avere la testa rasata, non deve portare barba e baffi; la sua tunica dev'essere ampia e di colore giallo-arancione; una ciotola appesa alla cintura sta a indicare che la questua è il suo unico mezzo di sostentamento; il suo vitto-base dovrebbe essere costituito da pane e acqua, brodo e riso cotto, e comunque egli non deve ingerire alcun alimento solido tra mezzogiorno e l'alba del mattino successivo.

Unici oggetti personali, oltre a quelli detti, un paio di scarpe, un rasoio, un ago (per tunica, saio e mantello) e un filtro per l'acqua.

Non può esercitare un mestiere remunerato e può ricevere doni solo in natura, non in denaro.

Il celibato è d'obbligo.

Il monaco pratica, circa una volta al mese, la confessione pubblica delle proprie colpe, guidata dal monaco più anziano: sono previste le relative penitenze, specie per chi non si pente (i precetti sono 227 ).

Il monaco non deve essere causa di dolore per alcun essere vivente (animali inclusi). Sul piano rituale, il Buddismo rifiuta le cerimonie raffinate tipiche del brahmanesimo e proibisce ovviamente i sacrifici di animali.

Il culto è diretto da monaci che leggono i testi canonici; i laici non prendono parte attiva alle cerimonie sacre.

I monaci devono essere continuamente in viaggio per diffondere la Legge del Buddha: non hanno quindi fissa dimora; i monasteri sono solo luoghi d'incontro per i giorni di ritiro e per il periodo delle piogge (luglio-ottobre), in cui vige la proibizione di uscire dal monastero, anche per la questua.

Possono anche curare l'istruzione religiosa dei giovani. Molto praticati i pellegrinaggi presso i luoghi che ricordano le tappe della vita del Buddha.

Non avendo lo stato monacale un valore di investitura sacra, il monaco può tornare allo stato laicale se non ha più intenzione di seguire le regole dell'ordine.

Il secondo concilio
Il secondo Concilio di Vaisali (383 o 367 a.C.), fu causato da una questione di disciplina monacale, ma porterà al più grande scisma in seno al Buddismo, quello tra le scuole Hinayana e Mahayana.

I punti controversi furono cinque:

1-un monaco, pur con tutta la sua santità, può essere soggetto a necessità fisiologiche incontrollate;
2-la sua illuminazione non esclude di per sé residui di ignoranza nella vita quotidiana;
3-il monaco può essere soggetto a dubbi;
4-la sua conoscenza su fatti contingenti può essere acquistata con l'aiuto di altri (non per immediata intuizione);
5-il monaco può definire con parole del linguaggio ordinario la Via ineffabile che conduce al Risveglio.

Come si può notare, erano tutte obiezioni che si ponevano come scopo quello di democratizzare e umanizzare un movimento troppo rigido ed elitario.

L'ideale buddista diventa non tanto il singolo che ha raggiunto l'Illuminazione per se stesso, con particolari pratiche ascetiche, ma il laico comune, il quale, pur in grado di giungere all'Illuminazione, vi rinuncia e in nome della compassione si adopera per aiutare tutti gli altri esseri umani a trovare la via della perfezione.

Fu approvato un Codice di comportamento, il Pratimoksha , che ancora oggi viene applicato dalle comunità monastiche.

Duecento anni dopo il secondo Concilio si contano già 18 scuole buddiste, ognuna delle quali sostiene di essere la vera interprete della dottrina del Buddha.

Il terzo concilio

Il Buddismo si sviluppa a partire dal III sec.a.C. per merito del re indù ASHOKA che si convertì alla nuova religione e ne fece propaganda.

Il terzo concilio fu indetto al tempo dell’imperatore Ashoka, intorno al 247 a.C ., a Pātaliputra (oggi Patna) poco dopo la sua conversione .

Ebbe lo scopo di arginare i tentativi di reintrodurre la nozione hindu dello atman (il "se stesso"), sotto il nome di pudgala ("persona") responsabile del karman.

In questo Concilio, inoltre, un migliaio di monaci lavorarono per nove mesi a controllare, completare e classificare le tradizioni tramandate.

Vengono accolte le tesi di Mahadeva sulla possibilità di peccare da parte di un monaco o di un ARHAT , monaco che già aveva fatto l'esperienza del Nirvana.

Così la salvezza ( o buddità) assume carattere escatologico, cioè diventa definitiva e finale solo con il decesso, ammesso che non si pecchi.

Il quarto concilio
25.a.C.- quarto Concilio di Ceylon - ad Anurādhapura
100 d.C. altro quarto concilio o Concilio del Kashmir

Nel quarto Concilio di Harvan si discusse la revisione del Canone operata dalla scuola dei Sarvastivadin, per la quale occorreva preservare un minimo di realtà all'esperienza del mondo, altrimenti verrebbe a mancare il rapporto di causa ed effetto su cui è basata la legge del karman.

1871-quinto concilio
1954 - sesto concilio

Il Buddhismo asiatico
Un processo che va dall' XI° al XIII° secolo porta alla quasi totale sparizione del buddhismo dall'India continentale, un fenomeno sulle cui cause gli storici si interrogano.


monache in Cina osvest

La causa immediata è costituita dalle invasioni musulmane, che portano alla distruzione dei grandi monasteri come quello di Nalanda, famoso per i suoi diecimila monaci, la cui esistenza cessa nel 1197.

Se il buddhismo indiano non resiste alle pressioni musulmane - mentre aveva fatto fronte a reiterate persecuzioni di re induisti - è, tuttavia, perché era nel frattempo diventato troppo dipendente da monasteri che potevano sopravvivere soltanto con il sostegno statale.

Lo stesso sostegno, peraltro, alla fine di questo periodo assicura il successo e la permanenza della scuola theravada nei regni della Tailandia, della Birmania, della Cambogia e del Laos, cui la scuola fornisce una ideologia nazionale monarchica fondata sul modello dell'imperatore Asoka. 

Dai primi secoli dell'era cristiana, la storia del buddhismo era stata anche la storia della sua trasformazione in una grande religione continentale asiatica, che era stata capace di trascendere l'origine indiana.

Monaci e mercanti l'avevano portata in Tibet, in Cina, poi dalla Cina alla Mongolia e alla Corea, e dalla Corea al Giappone. Da Sri Lanka il buddhismo era passato in Tailandia e nel resto della penisola indocinese.

Si afferma spesso che il buddhismo ha successo perché è una religione «traducibile», non legata a una particolare lingua: anzi, si considera grande merito tradurne i testi antichi in nuove lingue. La «traduzione», in effetti, non è solo testuale ma culturale: in Tibet, in Cina, in Giappone, in Corea il buddhismo incontra idee religiose preesistenti con cui stabilisce rapporti non sempre facili, ma spesso fecondi.

Se alcuni preferiscono parlare di buddhismi - al plurale -, con riferimento non solo alle diverse scuole ma anche alle varie inculturazioni regionali e nazionali, non si deve dimenticare che molti elementi rimangono comuni.

Si può quindi parlare di un nucleo forte o rigido che raccoglie le basi fondamentali dell'insegnamento dei Buddha e di una parte flessibile che si è adattata nel corso dei secoli alle diverse realtà socio-culturali incontrate nel cammino di espansione in Asia.



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