Corso di Religione

RELIGIONI IN DIALOGO

CRISTIANESIMO E BUDDISMO
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Il Budda nel Magistero della Chiesa cattolica

Dal punto di vista del buddismo Mahayana contemporaneo, Cristo è il Bodhisattva per eccellenza, è l’essere illuminato che prende su di sé le sofferenze del mondo per riscattarle.

La teologia cristiana del ‘900, usando termini come demitologizzazione o svolta antropologica ha cercato di trovare punti comuni con il buddismo.

Il buddismo d’occidente da un lato è erede della morte di Dio, dall’altro viene incontro all’aspettativa di una reinterpretazione del messaggio cristiano.

Agli occhi del buddismo il Cristo dei Vangeli rappresenta nel modo più elevato l’aspetto infinitamente compassionevole di un essere illuminato. Si potrebbe quasi paragonare il cammino buddista al percorso dell’ imitazione di Cristo.

Ha chiarito però il Concilio Vat: II -" Nostra Aetate" 28 ottobre 1965:

«…Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l'aiuto venuto dall'alto. …

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.  Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è “ via, verità e vita ” (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose.

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi


" ... La soteriologia del buddismo costituisce il punto centrale, anzi l'unico, di questo sistema. Tuttavia, sia la tradizione buddista sia i metodi da essa derivanti conoscono quasi esclusivamente una soteriologia negativa. L'«illuminazione» sperimentata da Budda si riduce alla convinzione che il mondo è cattivo, che è fonte di male e di sofferenza per l'uomo. Per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal mondo; bisogna spezzare i legami che ci uniscono con la realtà esterna: dunque, i legami esistenti nella nostra costituzione umana, nella nostra psiche e nel nostro corpo. Più ci liberiamo da tali legami, più ci rendiamo indifferenti a quanto è nel mondo, e più ci liberiamo dalla sofferenza, cioè dal male che proviene dal mondo.
Quando l’ahrat passa dalla coscienza di questo mondo di dolore e sofferenza alla coscienza della Chiaraluce , al Nirvana , un mondo “ altro”, in quale posizione sta ripetto a Dio? “ Ci avviciniamo a Dio in questo modo? “


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"E’ necessario considerare che il Buddha è una condizione che si manifesta in un mondo che non conosce la rivelazione del Dio Onnipotente di Mosè né tantomeno quella di Gesù. Si trattava per quel tempo e per quella regione del mondo una salvezza importante per gli uomini. La domanda è però legittima oggi, per noi contemporanei.

... Nell'«illuminazione» trasmessa da Budda non si parla di ciò. Il buddismo è in misura rilevante un sistema «ateo». Non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo. La pienezza di tale distacco non è l'unione con Dio, ma il cosiddetto nirvana, ovvero uno stato di perfetta indifferenza nei riguardi del mondo. Salvarsi vuol dire prima di tutto, liberarsi dal male, rendendosi indifferenti verso il mondo che è fonte del male. In ciò culmina il processo spirituale.

A volte si tenta di stabilire a questo proposito un collegamento con i mistici cristiani: sia con quelli del Nordeuropa (Eckhart, Taulero, Suso, Ruysbroeck), sia con quelli successivi dell'area spagnola (santa Teresa d'Avila, sar. Giovanni della Croce). Ma quando san Giovanni della Croce, nella sua Salita del monte Carmelo e nella Notte oscura, parla del bisogno di purificazione, di distacco dal mondo dei sensi, non concepisce tale distacco come fine a se stesso. «Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi. Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.

Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai» (Salita del monte Carmelo, 1,13,11). Questi testi classici di san Giovanni della Croce a volte, nell'Est asiatico, vengono interpretati come una conferma dei metodi ascetici propri dell'Oriente. Ma il dottore della Chiesa non propone soltanto il distacco dal mondo. Propone il distacco dal mondo per unirsi a Ciò che è al di fuori del mondo: e non si tratta del nirvana, ma di un Dio personale. L'unione coni Lui non si realizza soltanto sulla via della purificazione ma mediante l'amore.

La mistica carmelitana inizia nel punto in cui cessano le riflessioni di Budda e le sue indicazioni per la vita spirituale. Nella purificazione attiva e passiva dell'anima umana, in quelle specifiche notti dei sensi e dello spirito, san Giovanni della Croce vede prima di tutto la preparazione necessaria affinché l'anima umana possa essere pervasa dalla viva fiamma dell'amore. E tale è anche il titolo della sua opera principale: Fiamma viva d'Amore.

Così, nonostante gli aspetti convergenti, c'è un'essenziale divergenza. La mistica cristiana di ogni tempo a partire dall'epoca dei Padri della Chiesa d'Oriente e d'Occidente, attraverso i grandi teologi della scolastica, come san Tommaso d'Aquino, e i mistici nordeuropei, sino a quelli carmelitani non nasce da un'«illuminazione» puramente negativa, che rende l'uomo consapevole del male che sta nell'attaccamento al mondo mediante i sensi, l'intelletto e lo spirito, ma dalla Rivelazione del Dio vivente. Questo Dio si apre all'unione con l'uomo e suscita nell'uomo la capacità di unirsi a Lui, specialmente per mezzo delle virtù teologali: la fede, la speranza e sopratutto l'amore.

La mistica cristiana di tutti i secoli sino ai nostri tempi anche la mistica di meravigliosi uomini di azione come Vincenzo de' Paoli, Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe ha edificato e costantemente edifica il cristianesimo in ciò che esso ha di più essenziale. Edifica anche la Chiesa come comunità di fede, speranza e carità. Edifica la civiltà, in particolare, quella «civiltà occidentale» segnata un positivo riferimento al mondo e sviluppatasi grazie ai tati della scienza e della tecnica, due branche del sapere radicate sia nella tradizione filosofica dell'antica Grecia nella Rivelazione giudeo-cristiana.

La verità su Creatore del mondo e su Cristo suo Redentore è una forza potente che ispira un atteggiamento positivo verso la creazione e una costante spinta a impegnarsi nella sua trasformazione e nel suo perfezionamento. Il Concilio Vaticano II ha ampiamente confermato questa verità: l'indulgere a un atteggiamento negativo verso il mondo, nella convinzione che per l'uomo esso sia solo fonte di sofferenza e che perciò da esso ci si debba distaccare, non è negativo soltanto perché unilaterale, ma anche perché fondamentalmente contrario allo sviluppo dell'uomo e allo sviluppo del mondo, che il Creatore ha donato e affidato come compito all'uomo.

Leggiamo nella Gaudium et spes: «Il mondo che esso [il Concilio] ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno, liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento» (n. 2).

Tali parole ci mostrano come tra le religioni dell'Estremo Oriente, in particolare il buddismo, e il cristianesimo ci sia un'essenziale differenza nel modo di intendere il mondo. Esso, infatti, è per il cristiano creatura di Dio, redenta da Cristo. Nel mondo l'uomo incontra Dio: non ha perciò bisogno di praticare un così assoluto distacco per ritrovare se stesso nel profondo del Suo intimo mistero.

 
[ Giovanni Paolo II ,Varcare la soglia della speranza .Il Buddismo .]

Il silenzio del buddismo sul problema di Dio e la totale demolizione dell’io sono i limiti del Buddismo e lo rendono problematico per ogni aspirazione teologica dell’uomo.

Nell’insegnamento del  Budda non si parla esplicitamente di Dio  sebbene intorno alla   sua predicazione si sviluppano comunità in cui si ritrovano  tutte le caratteristiche  di una religione :   rivelazione, etica, comunità, preghiera, riti, etc .

Buddha non negò esplicitamente l'esistenza degli dèi brahmani dell'induismo, ma questi -secondo la sua filosofia- non possono evitare all'uomo le sofferenze della vita, per cui credere o non credere in loro non cambia le cose.

Così si esprime l’attuale Dalai Lama:

« Nemmeno un essere illuminato   onnipotente ed onnisciente che voglia salvare l'umanità dalla sofferenza è in grado di eliminare il  karma di un individuo... ciascuno di noi, in misura diversa deve fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni negative, prodotte con il corpo, la parola e lo spirito. Così è. » «...se Dio è considerato un essere supremo puro, allora anche noi buddhisti tibetani crediamo in un tale dio... ma non accettiamo l'idea di un dio unico, bensì una molteplicità di questi dèi... possiamo dire di credere più nella parola  divinità , a tutte le  divinità , personificazioni di questo dio, che si presentano a noi durante sedute spirituali o di meditazione.... ecco in questo senso siamo certi dell'esistenza di Dio...» 
( Levenson , Il Dalai Lama)

« L'idea di un Dio personale, onnipotente, trascendente, creatore, provvidente, che entra in dialogo con l'uomo e si incarna nella storia è quanto di più lontano si possa immaginare dalla visione del mondo buddhista. Nel buddhismo dove talora ci sono dèi, anche loro sottoposti alle ineluttabili leggi dell'universo non c'è posto per nessun Dio personale e creatore.

L'universo non è retto da una persona ma da una Legge, che opera tramite il karma nella vita degli uomini attraverso la ruota delle reincarnazioni da cui ciascuno è chiamato a liberarsi. Il ruolo del Buddha nella liberazione dal karma è certamente sublime, ma questo non fa assolutamente del Buddha il creatore del mondo o un Dio trascendente e provvidente. Per il cristianesimo Dio, invece, non è una "categoria" ma una persona che relaziona liberamente con l'uomo.

Sul piano logico, non si può certamente essere insieme cattolici e buddhisti: il Dio personale e il divino impersonale, la resurrezione e la reincarnazione, il ruolo unico di Gesù Cristo come Dio che si incarna nella storia e l'attenzione rivolta a Gesù Cristo solo come illuminato o maestro non sono certamente compatibili.

Sul piano sociologico, esistono certamente molte persone che vanno a Messa a Natale e a Pasqua e vanno anche in qualche monastero buddhista, e che si dicono insieme cristiane e buddhiste ma si tratta di cristiani confusi, di buddhisti confusi e più spesso di tutte e due le cose insieme. Sono osservazioni che nulla tolgono all'esigenza del dialogo interreligioso, anzi ne costituiscono la premessa.

Per dialogare occorre avere anzitutto consapevolezza della propria identità: chi non ha più propriamente una mano non può stringere la mano dell'altro. »


(M. Introvigne , "La trappola del Nirvana" in "Avvenire"  30 ottobre 1999)

Dice molto chiaramente G.P II:

“ Per il cristianesimo non ha senso parlare del mondo come di un male «radicale», poiché all'inizio del suo cammino si trova Dio Creatore che ama la Propria creatura, un Dio che ha dato «il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

Non è perciò fuori luogo mettere sull'avviso quei cristiani che con entusiasmo si aprono a certe proposte provenienti dalle tradizioni religiose dell'Estremo Oriente, in materia, per esempio, di tecniche e metodi di meditazione e di ascesi. In alcuni ambienti sono diventate una specie di moda, che viene accettata in maniera piuttosto acritica.

ccorre prima conoscere bene il proprio patrimonio spirituale, e riflettere se sia giusto accantonarlo a cuor leggero. È doveroso far qui riferimento all'importante, anche se breve, documento della Congregazione per la dottrina della fede Su alcuni aspetti della meditazione cristiana (15.10.1989). In esso si risponde precisamente al quesito «se e come» la preghiera cristiana «possa essere arricchita da metodi di meditazione nati nel contesto di religioni e culture diverse» (n. 3).

 [ Giovanni Paolo II ,Varcare la soglia della speranza .Il Buddismo .]



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