Corso di Religione



DEMONOLOGIA
Il linguaggio
         


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Il linguaggiodèmone ( in greco daimon - pl. daimones )

Nella cultura greca classica era sinonimo di divini , dèi ( Omero) ; viene ad indicare anche uno spirito inferiore agli dèi ( Plutarco) e non sempre immortale ( Esiodo) :  fauni, centa uri, sàtiri, sirene, arpie, ecc.

erosEros attico in una immagine del V secolo a.C. conservata nel Museo del Louvre. Eros è, nel Simposio di Platone, un Dèmone intermediario tra gli uomini e gli dei. Dio primordiale è raffigurato con le ali per la sua capacità di elevarsi dal mondo terreno alla sfera celeste. ( Wiki)

Dèmone era anche ogni  " forza" che spinge l'uomo ad agire ; se agisce in accordo con essa (sỳn daímoni) il suo destino è favorevole , ma se agisce contro (pròs daímoni) il destino è sfavorevole.

Eudaimonìa = felicità , è "eu +daimon" e significa "buon demone" o "demone del bene". Buon dèmone era - fra molti altri - lo spirito custode della persona ; cattivo dèmone è quello che la porta a fare danni. I dèmoni erano collocati nella sfera celeste e i buoni erano i più elevati, i cattvi i più bassi.

Nella cultura giudaica I dèmoni  celesti sono gli gli angeli ( malak ebraico, angelo in greco, che significa messaggero ) , creature spirituali ( o spiriti) intermedie tra uomini e Dio , con la differenza che se per i greci i dèmoni agivano in modo autonomo , per i giudei gli angeli sono sempre e in tutto sottomessi a Dio. Dio agisce nella storia umana per mezzo degli angeli, suoi figli, suoi servitori.

demònio ( in greco daimonion , pl. daimonia , sostantivo neutro )

Nella cultura greca il demònio è la forza che promana dal dèmone  ( è il sacro, il potere//spirito di un dèmone) oppure uno spiritello intermedio tra Dio gli uomini ( Platone Simposio 202e) oppure un dèmone di basso grado potenzialmente dannoso per gli uomini , infine poteva indicare un dèmone malvagio.

Nella lingua ebraica (come nelle altre lingue mediorientali) non esiste una parola equivalente a "demònio". La credenza nei demòni attestata nella cultura giudaica è fatta risalire all'incontro con la cultura mesopotamica, dove era diffusa la credenza negli spettri, anime di persone decedute per morte violenta e dunque improvvisa che rimarrebbero vaganti ed inquiete sulla terra.

Quel che distinse la demonologia palestinese da quella dei circostanti paesi pagani fu l'esclusione di ogni rapporto tra essi e le anime dei defunti dovuto in parte alla severa proibizione della negromanzia cioè l'arte di predire il futuro attraverso la comunicazione con gli spiriti dei morti (Lv 19,31; 20,6.27; Dt 18,11).

Anche se, nonostante le severe proibizioni, la negromanzia era praticata (2 Re 21,6; Is 8,19) pure dal re Saul che aveva bandito dal pese i negromanti e gli indovini (1 Sm 28,3). Quando si trova in difficoltà Saul va a consultare lo spirito [elohim] del profeta Samuele attraverso una negromante (1 Sm 28,3-25).

Quando Gesù risorto appare ai suoi dice loro:
Guardatemi e toccatemi: un fantasma [
pneuma] non ha carne e ossa come vedete che io ho (Lc 24,39).
Nella narrazione che ne fa Ignazio nella lettera agli Smirnesi, l'espressione diviene:
Prendete, toccatemi e vedete che non sono un
demònio senza corpo (Smir. 3,2).

se'irim
se'irim

Nel passaggio dall'ebraico al greco ( come nella bibbia LXX) i traduttori sostituirono pressoché sistematicamente i nomi delle creature appartenenti al mondo mitologico (se'irim) con il termine daimonion (demònio).

Nel libro del Levitico si trova scritto che contrariamente ai pagani gli israeliti " non offriranno sacrifici ai se'irim (Lv 17,7) . Poicè il significato è quello di pelosi verranno identificati con i dèmoni greci come fauni , sàtiri e gnomi ,etc. divinità dal corpo umano ma con orecchie, piedi e coda da capra, abitanti nei boschi.

Nella trad. greca dell'AT i se'irim divengono gli idoli, e nella latina demòni [daemonibus]. I se'irim si ritrovano ancora citati nel libro del profeta Isaia che descrive una Babilonia completamente devastata dove "vi danzeranno i se'irim" (Is 13,21). In questo caso i se'irim sono tradotti nella Bibbia ebraica in greco, la LXX, con demòni e con pelosi nella latina.

In Is 34,14 " i se'irim si chiameranno l'un l'altro " , viene tradotto in greco con onocentauri (mostri mitologici con la testa e il busto umano e il corpo dell'asino) e pelosi nella latina . Nonostante la severa proibizione della religione ufficiale tendente a imporre l'idea di Yahvé quale unico Dio (Dt 6,4), questi esseri, considerati divinità, nella tradizione popolare palestinese erano oggetto di culto. Nel Secondo Libro delle Cronache si legge che Geroboamo, primo re d'Israele dopo lo scisma (ca. 931-910) "aveva stabilito i suoi sacerdoti per le alture, per i se'irim e per i vitelli che aveva eretti" (2 Cr 11,15). In questo caso i se'irim diventano idoli nella tr. greca e demòni nella tr. latina]. In Is 65,3 (LXX) Dio rimprovera quanti "offrivano incenso tous daimoniois"; ugualmente nel libro di Baruch: "avete sacrificato a demòni ( δαιμονiοις) e non a Dio" (Bar 4,7).

Nel processo di eliminazione di ogni divinità concorrente a Yahvé, la trad. greca della bibbia ebraica ha degradato a demònio anche Gad il dio della fortuna degli Aramei ("preparate una tavola per Gad" (Is 65,11). Nella tr. latina Gad prende il nome di Fortunae.

shedim Altri personaggi appartenenti alla mitologia orientale sono gli shedim, dèmoni buoni, spiriti protettori delle aree sacre, raffigurati come tori dalla testa umana (come i cherubini, che nella bibbia non sono angeli ma potenze del carro-trono di Dio ).

L' accadico shedu,
diventa  shedim   nella bibbia. Cherubino.
 (assiro : lamassu ).


Nella bibbia ebraica è attestato il loro culto : (Dt 32,17) "hanno sacrificato ai shedim" . Passando al greco diventeranno δαιμονοις , demòni. Sal 106,37 "immolarono i loro figli e le loro figlie agli shedim" tradotti in greco con demòni (gr.+lat.) e dèi falsi o idoli in italiano.

La Bibbia ebraica attesta la credenza negli spiriti che noi chiamiamo dèmoni e demòni da parte del popolo di Dio ma non ha parole di rivelazione per essi , non tratta nè la loro origine nè la loro essenza : ne attesta il culto presso Israele, ma lo rigetta. I rari spiriti-demòni che appaiono nella Bibbia ebraica ( LXX compresa ) sono per lo più residui della mitologia babilonese o divinità pagane che vengono esorcizzate e degradate a spiriti maligni, come in

Tobia 6,8 «Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una persona, uomo o donna,
invasata dal demònio o da uno spirito cattivo ( δαιμoνιον ò πνεuμα πονηρoν)
e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà più traccia alcuna.


Le credenze presenti nella cultura giudaica continueranno ed anzi verranno ampliate nella cultura cristiana e rimarrano tali e diffuse almeno fino al Concilio Vat. II ( 1964) .dèmone , in conclusione è da intendersi genericamente come uno spirito, demònio è da intendersi, genericamente come un dèmone cattivo , malvagio , uno spirito dannoso per gli uomini. Mentre nella cultura greca dèmoni e demòni sono esseri che in genere agiscono in modo autonomo, nel bene e nel male , nella cultura giudaica sono sempre maligni ma sottomessi a Dio o comunque sotto il suo controllo.Lc 8:30 Gesù gli domandò: «Qual è il tuo nome?».
Rispose: «Legione»,
perché molti demòni erano entrati in lui.
La narrazione demonologica Demòni e letteratura( di Marzio Draghi in http://www.instoria.it )

In Inghilterra a cavallo tra Cinquecento e Seicento, spettri, demòni e streghe sono presenze con cui la gente convive quotidianamente. Anche il potere se ne occupa e ci crede. Giacomo Stuart, che ascese al trono d’Inghilterra - figlio della sfortunata Maria di Scozia (Maria Stuarda), che finì decapitata, dopo aver subito venti anni di carcere - scrive un trattato che resterà fondamentale anche per l’influsso che avrà sull’arte e sulla letteratura del tempo. (Presenziò al processo delle streghe di North Berwick, in cui alcune persone furono condannate per aver usato la stregoneria nel tentativo di causare una tempesta e far naufragare la nave in cui viaggiavano il re e la regina. Questo lo rese molto preoccupato per la minaccia che streghe e stregoneria rappresentavano per lui: scrisse un trattato di demonologia e, come conseguenza, centinaia di donne furono condannate a morte per stregoneria. n.d.r.) L’opera, conosciutissima, si intitola Demonologia e venne pubblicata nel 1597. Shakespeare, farà riferimento ad essa nel Macbeth e nell’Amleto, e Marlowe , che scrisse il dottor Faust sotto il fascino di certe descrizioni che si trovano nel suo testo.

Il libro è suddiviso in tre parti che trattano rispettivamente di maghi e magie, di negromanzia e di arti illecite, di sortilegi e, appunto, di spettri. A questo proposito, è interessante rilevare come l’autore cerchi di suddividere queste presenze secondo una logica interpretativa: Umbrae mortuorum, fantasmi veri e propri, licantropi, incubi e succubi. L’argomento prevalente però è la stregoneria in tutte le sue accezioni fino allora conosciute con forti e circostanziate critiche nei confronti di altri autori contemporanei, colpevoli di aver frainteso l’interpretazione di questi fenomeni.

Una confutazione importante riguarda Reginald Scot, che aveva scritto la Scoperta della Stregoneria nel 1584 e che si era schierato contro l’interpretazione diabolica di certe manifestazioni, palesando in tal modo tutto il suo scetticismo. Cosa che tra l’altro gli costò la morte sul rogo, avvenuta vent’anni dopo. Un altro scrittore preso di mira da Giacomo Stuart è Johann Wier, autore del De praestigiis daemonium et incantantionibus, del 1563, il quale sosteneva che certe alterazioni delle cosiddette streghe, altro non erano che gli effetti di droghe da esse assunte.

Giacomo Stuart non si limita a criticare i suoi predecessori ma cerca di dare alla sua interpretazione il valore di una vera e propria filosofia. In ossequio a un certo maschilismo dell’epoca, riduce il fenomeno delle streghe a passive destinatarie dell’attenzione del Diavolo. Mentre agli uomini che si occupano di questi temi, riconosce l’impegno, quasi scientifico, di spingersi verso la conoscenza dell’occulto, con i rischi e i pericoli che ciò comporta, dal momento che cercano con le loro pratiche di “soddisfare tale curiosità”. Interessanti le sue prese di posizione nei confronti dell’azione del Maligno. Giacomo sostiene che il Diavolo è in grado di “farsi scambiare per un angelo della luce” e di saper “togliere dalla tomba un morto perché possa essere utile al suo scopo per qualche tempo” magari rivelando in che modo è stato assassinato. Chiaro, qui, il richiamo all’opera shakespeariana!

Naturalmente, restano famose di questo ponderoso lavoro le descrizioni delle attività svolte dalle streghe, dei loro sabba, dello loro pratiche, come quelle relative alla divinazione (in particolare l’idromanzia, cioè l’arte di interpretare il futuro attraverso i movimenti dell’acqua, o la catrottomanzia, sistema poco conosciuto di divinazione, utilizzando una serie di specchi).  Ma queste apparizioni, così frequenti, sono o no diaboliche? Le risposte che arrivano da studiosi precedenti a Giacomo Stuart prendono posizioni articolate: Pierre Le Loyer nel suo trattato dal titolo Livres des spectres ou apparitions et visions d’esprits, angels et daemons, uscito nel 1586, conferma l’idea che il Diavolo possa apparire sotto forma di parenti o persone amate per ingannare la propria vittima. Citiamo una frase dall’opera: “qui se fait Ame pour decevoir et abuser”.

Altri autori confermano questa tesi, considerando che sono le persone più predisposte a sentimenti di malinconia quelle che possono essere utilizzate dal Diavolo come strumento passivo per queste visioni. E’ la convinzione di Noel Taillepied che nel 1588 scrisse un importante Traité de l’apparition des esprits. Non stupisce, quindi, che in questa atmosfera particolare autori importanti come Shakespeare e Marlowe subiscano influssi pesanti che li rendono convinti assertori della presenza di fantasmi. Che poi gli stessi sanno abilmente manovrare nelle trame delle loro opere immortali. Il Maligno, in questi casi, diventa il deus ex machina ideale, ambiguo e oscuro quanto serve . "


Miti pagani e demonologia cristianahttp://www.classicitaliani.it/ottocent/graf_miti10.htm

" Echi e riflessi dei miti pagani si trovano in molte descrizioni dell’Inferno cristiano, a cominciare dai primi secoli della Chiesa e a venir giù giù sino ai tempi che immediatamente precedono Dante. Il Tartaro, l’Averno, il Flegetonte e gli altri fiumi infernali, la palude Stigia, Caronte, Cerbero, ricorrono frequentissimi. L’Inferno descritto nel Roman de la Rose ha tra’ suoi abitanti Issione, Tantalo, Sisifo, le Danaidi, Tizio; e Alano de Insulis pone a dominare nelle tartaree sedi  le Furie. Nelle Chansons de geste , i giganti sono spesso considerati come diavoli venuti fuori dall’Inferno, o come figli di diavoli, e Tundalo vede due enormi giganti tenere aperta la voraginosa bocca del mostro Acheronte, la quale capere poterat novena milia hominum armatorum ; appaiono spesso come demoni Nerone, Maometto, Pilato; e come demònio appare Maometto nel poema di Giacomino da Verona, De Babilonia civitate infernali. Una tradizione letteraria e insieme  una tradizione popolare.

--Fauno

I nomi delle antiche divinità, trasformate dal cristianesimo in demòni, o almeno di alcune di esse, continuarono a vivere nella memoria dei popoli bene o male convertiti, e intorno a quei nomi nacquero superstizioni, leggende e fantasie.
Sant’Antonio incontrava nel deserto un centauro, e San Gerolamo non sa risolvere se fosse apparizione diabolica, o mostro naturale. Incontrava anche un satiro che parlava e lodava Dio, ma per eccezione certamente, giacché quella del satiro fu una delle forme che più spesso si diedero al diavolo. Ai tempi di Gervasio da Tilbury (XII e XIII sec.) si parlava ancora di fauni, di satiri, di silvani, di Pani, e molti affermavano averli veduti; i fauni s’invocavano ancora nella diocesi di Lione ai tempi di Stefano di Borbone (m. verso il 1262). Mercurio diventa un diavolo nella leggenda di Giuliano l’Apostata; Venere un diavolo in parecchie leggende, di cui la più famosa è quella del cavaliere Tannhäuser ;un diavolo, com’è del resto assai naturale, diventa Vulcano.

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Satiro

Sigeberto Gemblacense ricorda che certe bocche vulcaniche in Sicilia, le quali si credevano essere spiracoli dell’Inferno, si chiamavano da quegli abitanti col nome di Ollae Vulcani. C’erano diavoli aquatici che si chiamavano Nettuni, pericolosi a chi si trovava in prossimità di acque profonde, e infesti, pare, alle donne; c’erano le sirene che, come in antico, traevano a perdizione col canto gl’incauti navigatori. Demònio di molta importanza diventò Diana, certamente in grazia della identificazione sua con Ecate e con Proserpina. Di Diana demònio si discorre nella leggenda di S. Niccolò, mentre altre leggende la designano più propriamente come il demònio meridiano.

In una Vita di S. Cesario, vescovo di Arles ( 542), si fa menzione di un demònio chiamato Dianum dai campagnuoli. Un canone, indebitamente attribuito al sinodo di Ancira dell’anno 314, ma riportato da Reginone, abate di Prüm ( 915), da Burcardo di Worms ( 1024), da Graziano ( 1204?), fa menzione di donne le quali s’immaginavano di andare in giro la notte, a cavallo di varii animali, in compagnia di Diana e di Erodiade; e a questa stessa superstiziosa credenza alludono, un Capitolare di Lodovico II imperatore, dell’anno 867, Stefano di Borbone, Giovanni Herolt ( 1418), e altri.

Anzi è da notare che il nome di Diana e la credenza accennata non sono per anche in tutto dileguati dalla memoria di alcuni popoli cristiani. Sant’Eligio, morto poco oltre il mezzo del settimo secolo, dice in un sermone famoso, combattendo certi avanzi di credenze pagane: Nullus nomina daemonum, aut Neptunum, aut Orcum, aut Dianam invocare praesumat. Il pontefice Giovanni XII fu, nel sinodo romano del 963, accusato d’aver bevuto alla salute del diavolo, diaboli in amorem , e di avere, giocando a dadi, invocato l’aiuto di Giove, di Venere, ceterorumque demonum.

Se, dunque, le antiche divinità s’erano tramutate in demoni , era non pure lecito, ma necessario, porle con gli altri demoni nell' Inferno. Gli autori delle Chansons de geste ricordano spesso quali diavoli Giove ed Apollo, talvolta i Nettuni rammentati sopra e Cerbero. Cerbero appare inoltre come cane infernale in un documento di poesia medievale tedesca, e in molti di poesia latina. Nella Visione di Tundalo, Vulcano e i suoi ministri arroventano nel fuoco le anime, le martellano sulle incudini; nella Kaiserchronik si racconta che l’anima di Teodorico fu portata dai demonii nel monte, a Vulcano, in den berc ze Vulkân .

Dante Alighieri si contentò di porre nell’Inferno cristiano divinità pagane infernali, ma lasciò in pace Giove, Apollo e gli altri: anzi il nome di sommo Giove lo diede a Cristo.

Forse non gli bastò l’animo di abbassare alla condizione di diavoli malvagi e deformi le divinità luminose di cui la sua fantasia doveva pure essersi innamorata leggendo Virgilio e gli altri poeti latini. Dante ricorda parecchi giganti tolti al mito pagano (Efialte, Briareo, Anteo, Tizio, Tifeo) e uno tolto al mito biblico (Nembrot). In ogni caso la simbolica diabolica è uno dei punti cruciali per la cultura occidentale e dopo secoli di esegesi , teologia , letteratura, fantasie esoteriche e quantaltro oggi viene ripensata da un punto di vista strettamente filosofico"


Demonologia filosofica
Nella cultura greca antica la demonologia si occupava dei daimona ( dèmoni= spiriti inferiori agli dèi e superiori agli uomini) , cioè di quegli esseri a mezz'aria ( tra cielo e terra ) che si credeva potessero influire sui destini degli uomini in modo favorevole o sfavorevole. Autori come Eraclito ed Anassagora hanno prodotto riflessioni sui dèmoni , ma la demonologia come filosofia si ritrova con Socrate e il platonismo .  Tutti i filosofi posteriori si sono occupati sistematicamente dei dèmoni, compresi i filosofi cristiani. Agostino d'Ippona per esempio confutava la teoria demonologica di Apuleio , sostenendo che la presenza di dèmoni mediatori tra uomo e Dio, offende la scienza e la provvidenza degli dèi buoni ((De Civitate dei, VIII, 16-22). La storia della filosofia include una storia della demonologia filosofica che si intreccia spesso con la teologia, la letteratura, l' esoterismo .

satana - Con il termine il satana ( ha-satan , il satana in ebraico) viene indicato nella letteratura giudaica e biblica una funzione più che una persona specifica. Nei testi biblici più antichi Dio stesso punisce i nemici ed i malvagi del suo popolo poi questa funzione viene attribuita ai satani , funzionari di Dio che agiscono in nome e per conto di Dio . Il modello teologico è preso dalla cultura mediorientale : Dio , come un Imperatore, ha funzionari , i satani, che Egli abilita ad agire in suo nome. ( Cf . : Gb 2) La funzione di " satana " viene poi estesa alla seduzione degli uomini, al controllo delle loro azioni ( il" categor ") , etc. Sono molti i satani citati nella bibbia e con funzioni diverse.

Il termine satana -senza articolo- compare a partire testi del giudaismo postesilico e negli apocrifi giudaici. Viene citato nel NT e nei testi della patristica e del magistero cristiano per indicare quel primo satan che sarebbe il primo angelo ad essersi ribellato a Dio , il serpente primordiale nel racconto biblico della tentazione dell'uomo al male , il serpente antico del peccato delle origini , il dèmone o demònio da cui vengono tutte le seduzioni e le ribellioni a Dio.

Una interpretazione contemporanea .  La "teoria vittimaria".Roberto Beretta intervista il filosofo Claudio Tarditi, ricercatore in filosofia all’università di Torino 25-1-2012 avvenire.it © riproduzione riservata

Bibliografia

R.Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, trad. it. Milano, Adelphi 2001.
C.Tarditi, Il diavolo, probabilmente, Torino, Lindau 2012.
H.Institoris, Il martello delle streghe: la sessualità femminile nel transfert degli inquisitori, Milano, Spirali 2003.
F.W.J.Schelling, Filosofia della rivelazione, trad. it. Milano, Rusconi 1997.
R.G.Collingwood, The Devil, in Faith and Reason,Chicago, Quadrangle 1967.
R.Girard, Dostoevskij: dal doppio all’unità, trad. it. Milano, SE 1996.
V. Solovev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, trad. it. Genova, Marietti, 1996.  
S.Morigi, Un essere “vuoto di essere”, “morale e risolutamente manicheo”. Il demoniaco e la demonologia come “sapere paradossale” in René Girard, in Bubbio P.D.
- Morigi S. (a cura di), Male e redenzione. Sofferenza e trascendenza in René Girard, Torino, Ed. Camilliane 2008, pp. 151-246.
A.Boureau, Satana eretico. La nascita della demonologia nell’Occidente medievale, trad. it. Milano, Baldini Castoldi, 2006.


" Il diavolo? Non è un caprone; al massimo un capro... espiatorio. Il primo fu il filosofo René Girard , dopo aver «visto Satana cadere come la folgore» (titolo di un suo noto libro del 1999), ad applicare a messer Belzebù la sua «teoria vittimaria», basata per l’appunto sul sacrificio dell’innocente che riscatta il male.

Ora, tra i discepoli che l’intellettuale transalpino conta chez nous, Claudio Tarditi – ricercatore in filosofia dell’università di Torino – estrae la demonologia girardiana in apposito volume: Il diavolo, probabilmente. Ripensare Satana oggi (Lindau, pp. 120, euro 12,50); tentativo di fondare una «demonologia razionale» e ridare cittadinanza al diavolo nel pensiero contemporaneo, sfuggendo sia allo scetticismo razionalista sia agli spauracchi del fideismo.

La teoria non è semplice, professore. Vuole anzitutto spiegarla?

«Ho solo tirato le fila dell’ultimo Girard, il quale reinterpreta il meccanismo mimetico vittimario in termini demonologici. La tesi principale è che le rivalità umane siano innescate da processi satanici». «Secondo Girard tutti gli uomini desiderano qualcosa, che però viene loro suggerito da qualcun altro. Noi cioè imitiamo sempre un modello: e già tale realtà si attaglia bene al Satana seduttore, che tenta con un’immagine di successo. Però tale processo crea inevitabilmente rivalità in quanto, se desidero ciò che appartiene già ad altri, l’oggetto viene conteso tra vari rivali. Si crea dunque un ostacolo (che Girard chiama "scandalo") e si rivela un altro noto aspetto del diavolo, etimologicamente il "divisore". Non a caso, nel passo evangelico del Vade retro, a Satana ( Mc 8,33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». ) viene associato proprio lo "scandalo"».

È allora che scatta la violenza?

«Appunto. E
quando le rivalità passano a scala planetaria, spesso si autoregolano attraverso un meccanismo di espulsione, veicolando la cattiveria di tutti contro uno solo: il famoso capro espiatorio ( la cattiveria-peccati del clan veniva scaricata ritualmente su un capro che veniva o sacrificato ad uno spirito vagante nel deserto -o inviato ad esso come nell'ebraismo antico- . Espellendo il capro si espelleva il maligno , si " scomunicava " la malvagità. n.d.r. ) Mi pare il coronamento del sistema satanico: la demonizzazione dell’innocente. Perché siamo tutti bravi a scagliarci contro le sette sataniche, che rappresentano una minoranza, dimenticando come a livello più profondo siamo tutti imparentati con la medesima logica ( della demonizzazione di qualcuno, il sacrificio del capro espiatorio n.d.r. ) ».


Esempi?

«Beh, storicamente la caccia alle streghe. Oppure l’Olocausto e l’antisemitismo. Girard interpreta come meccanismo satanico anche il terrorismo religioso, nato dall’antagonismo tra cultura islamica e Occidente. Su scala più quotidiana, basta pensare a tanti fatti di cronaca dove la colpa ricade sull’ultimo arrivato, lo straniero, il più debole e dunque il più facile da accusare».  Grazie al quale, tuttavia, si scaricano le tensioni come da una valvola di sicurezza...

L’umanità deve dunque a Satana l’ordine di cui gode?

Mc 3, 22 Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni». 23 Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana? 24 Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; 25 se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. 26 Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. 27 Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa.

Lc 11,17 Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. 18 Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. 19 Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. 20 Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. 21 Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. 22 Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino.
«È qui che diventa evidente un altro passo evangelico: "Satana scaccia Satana" e "il suo regno è diviso in se stesso". Il diavolo si comporta come un parassita: crea conflitti, ma allorché giungono al parossismo innesca un sistema di autotutela; perché, se la società si distruggesse, anche lui perirebbe. Per resistere deve espellere se stesso».

Il meccanismo viene però spezzato da Cristo, sostiene Girard.

«Infatti. Il processo di decostruzione del metodo satanico ha inizio già nell’Antico Testamento, ma la vera messa fuori gioco avviene con Gesù e in particolare con la Passione; che è il primo testo scritto dal punto di vista della vittima.

Per rompere il cerchio c’era bisogno di un sacrificio formalmente simile a quelli delle religioni arcaiche (nel Vangelo Caifa lo dice chiaramente: "Meglio che muoia un uomo solo piuttosto che perisca tutto il popolo") e tuttavia la vittima, col suo rifiuto di ribellarsi, lo scardina e svela che il sistema del capro espiatorio è in sé satanico».


A questo punto Satana è sconfitto.Per questo lei scrive che il diavolo non sta negli inferi, bensì in terra?

Lc 10,17 I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18 Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore.«No. Si verifica il totale rovesciamento del sistema, non la sua distruzione... Anzi, il cristianesimo paradossalmente inferocisce Satana, in quanto non gli permette più di scacciare se stesso e quindi di sfogare la violenza. Nel momento in cui è vinto, il diavolo viene anche scatenato: non c’è più il sacro che prima funzionava da freno». «Con la crocifissione di Cristo, Satana per restare in vita deve moltiplicare le sue azioni di rivalità continua. La terra diventa un inferno».
Mt 10:34 Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.Ne consegue però che... il cristianesimo nuoce alla pace sociale!

«E si realizza l’ennesimo detto evangelico: "Sono venuto a portare la spada"... Certo, da quel punto di vista è così. Ma – dall’altro– Cristo è l’unico a offrire la possibilità di liberarsi definitivamente dal meccanismo satanico, il solo che può essere imitato senza creare rivalità, cioè senza violenza. Non per nulla a partire dalla diffusione del cristianesimo, anche se in modo lento e con molti scivoloni, si è sviluppata la cura per le vittime ».

Per la verità i «laici» sostengono il contrario: sono le religioni, con la loro pretesa di verità assoluta, che scatenano la violenza...

«Senza dubbio

Satana agisce anche nelle religioni, nel momento in cui esse si reinterpretano in termini sacrificali. Se la verità è affermata come possesso, è molto probabile che diventi arma di opposizione di altre verità. D’altra parte, sarebbe già grandissima cosa se ogni tradizione religiosa si rendesse consapevole dei propri capri espiatori».


A proposito: anche altre culture religiose hanno tentato, in modi diversi, di esorcizzare il desiderio. Penso ad esempio al buddhismo o a certe fedi orientali.

«In effetti Girard ammette la possibilità che le grandi religioni abbiano una radice di nonviolenza. Io non ho allargato l’analisi, ma penso che sarebbe un modo meraviglioso per fondare l’ecumenismo».

Lei afferma infine che il pensiero critico è in realtà un sistema diabolico: «Satana agisce indisturbato nei recessi più profondi della nostra cultura». Addirittura?

«Il nostro tipo di razionalità illuminista nasconde la logica dell’espulsione, la tradizione occidentale ha estromesso tutto ciò che era paradosso. Il cristianesimo invece, oltre alla razionalità scientifica, offre un sapere che include anche eventi che la ragione non riesce a dominare. Tra cui la violenza». "

« Il sacro è la violenza. »A. Girad-"Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo", 1983, pag. 50

I neuroni specchio"I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si attivano quando un individuo compie un'azione e quando l'individuo osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto .

Un macaco neonato imita la linguaccia

Il sistema umano dei neuroni specchio codifica atti motori transitivi ( interazione con oggetti) e intransitivi ( percezione di interazioni altrui) . Essi - gli stessi neurono- si attivano sia quando performiamo una azione sia quando la percepiamo performata da altri.
Nell'uomo, infatti, non è necessaria una effettiva interazione con gli oggetti: i suoi neuroni-specchio si attivano anche quando l'azione è semplicemente mimata. Ciò ha portato alla convinzione (per alcuni la prova) che il linguaggio umano si sia evoluto tramite l'informazione trasmessa con le prestazioni gestuali e che infine il sistema specchio sia stato capace di comprendere e codificare/decodificare tali prestazioni.

Ormai è certo che tale sistema ha il potenziale necessario per fornire un meccanismo di comprensione delle azioni e per l'apprendimento attraverso l'imitazione e la simulazione del comportamento altrui.

Gli esperimenti con scimmie dicono che i neuroni IPL "codificano uno stesso atto (afferrare una mela ) in modo diverso a seconda dello scopo finale dell'azione (per mangiarla o per gettarla via) nella quale l'atto è contestuale :

i neuroni specchio possono fornire una base neurale per predire, in un altro individuo, le azioni susseguenti ad un comportamento dato e l'intenzione che ne sta all'origine.

La capacità di parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni; la capacità di codificare istantaneamente questa percezione in termini "viscero-motori", rende ogni individuo in grado di agire in base a un meccanismo neurale per ottenere quella che gli scopritori chiamano "partecipazione empatica".

L'imitazione è un comportamento bio-sociale che precede la comunicazione linguistica e caratterizza e soprattutto orienta le relazioni inter-individuali che sono poi alla base dell'intero comportamento sociale.

È stato anche approfondito lo studio di come, in ambito cinematografico, sia possibile che in presenza di alcune scene che coinvolgono in maniera globale i neuroni specchio, questi si attivino come se fossimo noi stessi a vivere quelle scene. L'intensità della scarica dei neuroni specchio è significativamente diversa durante l'esecuzione dell'atto rispetto all'osservazione dell'atto . Perciò i neuroni specchio sono in gradi distinguere fra agente ed osservatore.

I neuroni specchio sono una acquisizione genetica di specie non dell'individuo. Si sono osservati nei primati ed in alcuni uccelli ma con funzionamento diverso rispetto a quelli dell'uomo ".

( Wiki )


La teoria mimetica di Girard R. Girard, cattolico, ha scritto diversi libri, sviluppando l'idea che ogni cultura umana è basata sul sacrificio come via d'uscita dalla violenza mimetica (cioè imitativa) tra rivali. Le sue riflessioni si sono indirizzate verso tre idee principali:
- il desiderio mimetico,
- il meccanismo del capro espiatorio,
- la capacità del testo della Bibbia di svelare sia l'uno che l'altro .

" ... Tutti gli uomini desiderano qualcosa.

Il desiderio umano sorge sempre in virtù del meccanismo mimetico. L'essere umano desidera qualcosa come imitazione del comportamento altrui, mimando il desiderio di qualcul'altro. Noi imitiamo dagli altri i nostri desideri, le nostre opinioni, il nostro stile di vita.

Chi imitiamo, esattamente?

Imitiamo le persone che stimiamo e rispettiamo, mentre contro-imitiamo le persone che disprezziamo, cioè cerchiamo di fare il contrario di ciò che fanno loro e sviluppiamo opinioni opposte. Quindi il nostro comportamento è sempre un'imitazione, perché è sempre in funzione dell'altro, nel bene come nel male.

I tipici modelli che si presentano nella vita di un uomo sono per esempio i genitori, il miglior amico, il leader del gruppo, la persona amata, un politico, un cantante, una guida spirituale o anche la massa in generale.

Perché imitiamo gli altri?

Il nostro desiderio è sempre suscitato dallo spettacolo del desiderio di un altro per il medesimo oggetto: la visione della felicità dell'altro suscita in noi (che ce ne rendiamo conto oppure no) il desiderio di fare come lui per ottenere la stessa felicità, o, ancora più intensamente, suscita in noi il desiderio di essere come lui.

Tutto ciò significa che il rapporto tra soggetto e oggetto non è diretto e lineare, ma è sempre triangolare: soggetto, modello, oggetto desiderato. Al di là dell'oggetto, è il modello (che Girard chiama «il mediatore») che attira. In particolare, a certi stadi di intensità, il soggetto ambisce direttamente all'essere del modello.

I desideri delle persone che stimiamo ci "contagiano". «ogni desiderio è desiderio d'essere» è aspirazione, brama di una pienezza attribuita al mediatore-modello.

Ma allora siamo burattini senza libertà?

Assolutamente no. L'imitazione è la base della nostra capacità di apprendimento (si pensi ai bambini); senza di essa non sarebbe possibile la trasmissione della cultura, l'apprendimento del linguaggio, ecc. L'uomo è ciò che è perché imita intensamente i suoi simili. Dal desiderio mimetico viene tutto il meglio e il peggio dell'essere umano.

L'imitazione infatti non si deve intendere come processo passivo (come in Platone) e depersonalizzante, ma come attività potentemente creativa.

La rivalità mimetica "Mediazione" è la relazione imitativa (mimetica) che si stabilisce tra il soggetto e il suo modello (mediatore).

La mediazione è esterna ogni volta che il mediatore del desiderio è fuori della portata del soggetto, ad esempio perché il mediatore è un personaggio di fantasia, come Amadigi di Gaula per don Chisciotte, o perché è in ogni caso irraggiungibile, come Pelé per i suoi fan. Il soggetto vive una sorta di follia che resta ottimista e il rapporto soggetto mediatore è vissuto come estremamente positivo.

La mediazione è interna quando il mediatore è reale e allo stesso livello del soggetto. In questo caso, se l'oggetto conteso non è condivisibile, il mediatore si trasforma in rivale e in ostacolo per l'appropriazione dell'oggetto, il cui valore aumenta agli occhi dei competitori man mano che la rivalità cresce. Alcuni pesonaggi bramano l'essere del mediatore, lo vedono avvolto di virtù sovrumane e nello stesso tempo abbassano se stessi, fanno di lui un dio facendo di sé stessi schiavi ( masochismo) , e tutto ciò in misura tanto più grande quanto più intensamente il mediatore si pone quale ostacolo.

Oni volta che il soggetto, per rivincita, tenta di ribaltare la propria situazione esistenziale ( di schiavo del mediatore ) e per farlo diventa aguzzino di chi è più debole di lui , allora il masochismo del soggetto si rovescia nel sadismo, suo opposto. Dalla rivalità mimetica si passa all'odio ( del più debole) e dall'odio alla violenza ( sul più debole) .

Mediazione interna > masochismo> tentativo di emancipazione> sadismo sui deboli.


Credere all'autonomia dei nostri desideri è l'illusione romantica che è alla base di gran parte della letteratura. Scoprire la realtà del desiderio, svelare e riconoscere il mediatore, è ciò che realizzano i grandi romanzieri, è accedere alla verità romanzesca. Questo universo di relazioni è descritto nei romanzi di Stendhal, Flaubert, Proust, Dostoevskij.

La crisi mimetica In quanto imitazione il desiderio crea a livello di gruppo sociale la rivalità mimetica che si sviluppa a partire dai conflitti per l'appropriazione degli oggetti. In quanto imitata la rivalità mimetica è contagiosa: tutti alla fine imitano e finiscono per desiderare le stesse cose .

Se due individui, imitandosi, desiderano la stessa cosa, può benissimo aggiungersi un terzo, un quarto… e il conflitto dei primi si allarga. La violenza è essa stessa imitativa e si può quindi assistere ad un processo a catena. L'oggetto della contesa passa in secondo piano e il conflitto mimetico si trasforma in antagonismo generalizzato. L'impossibilità di colmare il desiderio di tutti innesca un meccanismo conflittuale e la minaccia all'orizzonte è quella della violenza generalizzata.

Il meccanismo vittimarioOrientando il suo interesse verso il campo antropologico , Girard studia la letteratura etnologica che lo porta a formulare la sua seconda ipotesi fondamentale: il meccanismo di capro espiatorio (o meccanismo vittimario) è all'origine delle religioni arcaiche, che egli espone nel suo secondo libro, La violenza e il sacro (1972).

Quando la violenza non può scaricarsi sul nemico ( interno, il mediatore ) che l'ha eccitata, si sfoga, come ognuno di noi ben sa, su un bersaglio sostitutivo. In particolare, la violenza, che fino ad ora ha continuato a consumarsi in micro-conflitti, può anche focalizzarsi su una sola vittima arbitraria. Allora la folla si raccoglie unanime attorno alla vittima e la distrugge. L'eliminazione (espulsione o uccisione) della vittima fa sfogare la frenesia violenta da cui ciascuno era posseduto fino a poco prima e ciò ha sul gruppo un impatto emotivo incalcolabile.

La vittima appare ora contemporaneamente come l'origine della crisi e come la responsabile del miracolo della pace ritrovata. Essa diviene sacra ai loro occhi ( possiede un elemento trascendente, un potere divino) , proprio perché prodigiosamente capace di scatenare la crisi come di ripristinare la pace, ha cioè potere di vita e di morte sul gruppo: è il dio del gruppo. Questa è secondo Girard la genesi del "religioso" , l'elemento religioso nell'essere umano, e in particolare:

1. del sacrificio rituale ( di una vittima, il capro espiatorio) come ripetizione dell'evento vittimario originario, intesa a riprodurne meccanicamente e inspiegabilmente i miracolosi effetti ( la manifestazione del sacro
,
2. del mito come racconto di quell'evento dal punto di vista della folla,

3. delle leggi che contengono le proibizioni ( tabù) , che sono l'interdizione d'accesso a tutti quegli "oggetti" che sono stati all'origine delle rivalità che hanno portato alla crisi. ( L'elaborazione dei riti e delle proibizioni costituiscono una sorta di sapere empirico sulla violenza.)


Secondo Girard questa elaborazione religiosa si sviluppa lentamente e progressivamente, ad ogni successiva crisi mimetica, la cui risoluzione riporta la pace solo temporaneamente. Se la teoria è vera, allora nel mito sono rintracciabili:
1. una crisi, che può essere descritta metaforicamente, ma sempre in modo da richiamare la fluidità o la contagiosità della crisi mimetica; esempi: pestilenza, diluvio, incendio, …
2. la colpevolezza della vittima-dio, che è descritta come colpevole perché il mito è raccontato dal punto di vista dei persecutori, mentre essa è in realtà solo un capro espiatorio arbitrario
3. i tratti di selezione vittimaria, che sono quei tratti arbitrari che hanno attirato l'attenzione della folla polarizzandone la violenza sulla vittima; esempi: handicap o particolari fisici (claudicanza, capelli rossi, …), eccessiva bellezza o bruttezza, ecc.
4. il potere della vittima di stabilire l'ordine sociale che permette la vita del gruppo"




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