Corso di Religione



DEMONOLOGIA
Nei vangeli e nei Padri

         


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I DEMÒNI NEL VANGELO DI MARCO P. Alberto Maggi OSM - APPUNTI - 1998 studibiblici.it

" Marco è l'unico evangelista a non adoperare mai il termine greco diavolo ma sempre la designazione ebraica satana che in tutto il vangelo appare solo 5 volte (1,13; 3,23;.26; 4,15; 8,33
).

LA TENTAZIONE (Mc 1,12-13 )Satana fa la sua apparizione nel vangelo di Marco nel cap. 1 nella sobria narrazione della tentazione di Gesù nel deserto: 1,12  Immediatamente lo Spirito lo sospinse nel deserto, e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato dal satana [tou satana ], e stava con le bestie e gli angeli lo servivano.

L'impegno assunto da Gesù attraverso il battesimo nel Giordano ha avuto come risposta da parte di Dio della comunicazione dello suo Spirito, cioè di tutta la sua forza d'amore (Mc 1,9). Dopo questo avvenimento l'evangelista presenta le immediate conseguenze del battesimo collocando Gesù nel deserto. L'episodio è importante perché è l'unica volta che nel vangelo di Marco Gesù viene descritto spinto dallo Spirito.

Il deserto descritto dall'evangelista è un po' troppo popolato per essere tale: ci sono Gesù, satana, bestie e angeli. La descrizione  dell'evangelista vuole  essere  teologica  più  che geografica,  trasmettere una verità più che la descrizione di un fatto, richiamando attraverso la figura del deserto all'esodo del popolo di Israele.

Come Dio aveva condotto il popolo d'Israele nel deserto dopo il passaggio del mar Rosso (Dt 8,2), ora è lo Spirito, che Gesù ha ricevuto nel battesimo, a condurlo nel luogo che nella tradizione d'Israele era quello della prova alle quali Dio aveva sottomesso il suo popolo (Dt 8,2.16). Nella breve narrazione di Marco l'atteggiamento di Gesù è passivo: viene sospinto dallo Spirito, tentato da satana e servito dagli angeli.

La permanenza di Gesù viene indicata dalla cifra quaranta con la quale nella Bibbia si rappresenta una generazione (1 Re 2,11; 11,42; At 13,21) perché l'evangelista intende riassumere e presentare al lettore tutta l'esistenza di Gesù, la cui attività sarà in un deserto cioè un esodo (Mc 1,3) come quello compiuto dal popolo di Israele dall'Egitto alla terra promessa (I vostri figli saranno nomadi nel deserto per quarant'anni... Nm 14,33.34; 33,38; Dt 1,3; 2,7).

Nella tradizione biblica la cifra quaranta assume il valore di prova:"Ricordati di tutto il cammino che Yahvé tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi"   (Dt 8,2.16)
.

Luogo classico dove si riunivano quanti volevano impadronirsi del potere (At 21,38) il deserto è lo spazio dove si nascose Davide prima di impadronirsi del trono del re Saul e inaugurare così il grande regno d'Israele (1 Sm 23,24; 26,3; 1 Cr 12,9). La tentazione che patisce Gesù è quella di essere il Messia figlio di Davide (Mc 12,35-37) che come il re Davide adoperi la forza e la violenza per inaugurare il regno di Dio (1,24.34.37; 3,11; 8,11.33; 10,3; 15,29-32).

A differenza di Matteo e Luca, Marco non riferisce la vittoria di Gesù sul satana (Mt 4,10-11; Lc 4,12-13) ma sottolinea la continuità della tentazione. La vittoria di Gesù verrà fatta conoscere solo lungo il vangelo (Mc 8,33).Il Satana che non apparirà più come tale in tutto il vangelo è per l'evangelista è figura di tutti coloro che tenteranno Gesù per distoglierlo dal proposito espresso nel battesimo di fedeltà al progetto di Dio.
Lungo il vangelo, appariranno chiaramente chi saranno questi tentatori di Gesù, sia all'esterno (farisei, Mc 12,15) che all'interno del suo gruppo (Simone   Pietro Mc 8,11.32).

Solo Marco riferisce della presenza delle bestie nel deserto della tentazione, rimandando all'immagine del paradiso e del primo uomo (Gen 1,26-29; 2,19-20). Per l'evangelista Gesù è il vero Adamo che non soccombe alla tentazione del serpente (Gen 3) e vive in armonia con il creato non più ostile ma sottomesso (le bestie, Os 2,16-20), e   con gli angeli (Sal 91,11-13). Il primo angelo comparso nel vangelo di Mc viene identifica to con Giovanni Battista: Ecco, io mando il mio messaggero [a)/ggelo/u] (Mc 1,2). Questi angeli che (come il satana) non compariranno più come personaggi in questo vangelo (Mc 8,38; 12,35; 13,27.32), sono figura di quanti aiuteranno Gesù nel suo servizio (Mc 10,45).
Di fatto la stessa attività (il servizio) attribuita all'inizio del vangelo agli angeli viene alla fine detta delle donne che accompagnano Gesù: C'erano anche alcune donne... che lo seguivano e servivano [dihko/noun] quando era ancora in Galilea (Mc 15,40-41; Mc 1,31).

(Mc 8,27-33) Per conoscere l'identità del satana che tenta Gesù occorre seguire le indicazioni che lo stesso evangelista offre. Secondo un metodo letterario conosciuto (l' inclusione) Marco collega la prima menzione del satana nel suo vangelo (Mc 1,13) con l'ultima (Mc 8,33), mettendo in stretta relazione i due episodi.

CHI È SATANA?
L'ultima menzione
Chi è il Messia? Al fine di far comprendere la sua vera identità ai discepoli Gesù li porta in terra pagana lontano dall'influsso del giudaismo imperniato sull'attesa del messia figlio di Davide. L'episodio è localizzato da Marco nella regione di Cesarèa di Filippo, che prende il nome dalla città che Filippo (uno dei figli di Erode) aveva dedicato all'imperatore Augusto.

Durante il cammino Gesù chiede ai discepoli che cosa pensi di lui la gente. Nelle risposte Gesù viene identificato con tutti personaggi del passato o comunque in linea con la tradizione: Giovanni Battista in quanto si credeva che i martiri sarebbero subito risorti (14,2); il profeta Elia in quanto la sua venuta era attesa per preparare la strada al Messia (Mal 3,23); oppure uno dei profeti continuatori di Mosè promessi per i tempi messianici (Dt 18,9). 8,29 Ma egli replicò«Ma voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose dicendo: «Tu sei
il Messia». 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

La risposta di Pietro quale portavoce del gruppo di discepoli non soddisfa Gesù il quale proibisce loro severamente di divulgarla. Per esprimere la proibizione l'evangelista adopera lo stesso verbo usato da Gesù per cacciare i demoni e gli elementi ostili all'uomo (1,25; 4,39; 9,25). Ciò significa che la risposta di Pietro non corrisponde al piano di Dio sul Messia. I discepoli e Pietro vedono in Gesù il Messia, quello atteso e sperato dalla tradizione giudaica, cioè il figlio di Davide, e non come l'evangelista ha presentato all'inizio (e alla fine) del suo vangelo : Messia Figlio di Dio (Mc 1,1; 15,39).

8,31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto, ("doveva soffrire molto " indica che sta nel piano di Dio) ed essere rifiutato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Gesù avverte i discepoli che il suo cammino non è destinato al trionfo e alla vittoria ma che verrà messo a morte dal Sinedrio, massimo organo giuridico di Israele composto dagli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi. L'espressione usata da Gesù (doveva) è un termine tecnico usato nei vangeli per indicare il disegno di Dio che Gesù attua.

32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in di sparte e cominciò a sgridarlo

Pietro comincia un atteggiamento che lo accompagnerà per tutto il vangelo: quello di opposizione a Gesù che culminerà nel tradimento (14,66-72). Non comprende e non accetta che il Messia vada incontro alla morte. Per descrivere l'azione di Pietro che sgrida Gesù, l'evangelista adopera lo stesso verbo [epitima/w] usato poco prima da Gesù per proibirgli di divulgare l'immagine de il Messia. La ripetizione dello stesso verbo in bocca a Pietro indica che per lui Gesù si oppone al piano di Dio. Per Pietro l'itinerario di Gesù non è quello di Dio.

33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e gli disse:
«va' dietro a me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Nel tentativo di Pietro si attualizzano le tentazioni del satana nel deserto e il discepolo dimostra così di essere in realtà l'avversario, contrario al piano di Dio. Il comportamento ( satanico) di Pietro è dovuto al fatto che pensa secondo gli uomini e non secondo Dio. Pensa secondo gli uomini chi vuole salvare la propria vita ed è invece destinato a perderla. Pensa secondo Dio chi perde la propria vita per causa del vangelo ed è così capace di salvarsi (Mc 8,35). Il progetto di Pietro conduce alla morte, quello di Gesù alla vita indistruttibile.

Gesù reagisce verso Pietro smascherando il suo comportamento da satana, offrendogli però la possibilità di un cambiamento di comportamento. Per questo non allontana da se il discepolo ma lo invita a occupare il posto che gli spetta: è lui che deve seguire Gesù e non il contrario. Per questo gli rinnova l'invito che gli fece quando insieme al fratello Andrea invitò a seguirlo: "seguitemi..." (1,17).

LO SPIRITO IMPURO (Mc 1,21-28)
La prima menzione
La prima volta che Gesù entra in un luogo religioso si scontra con le autorità religiose // e con lo spirito impuro. Questo accostamento è intenzionale. L'evangelista intende denunciare le autorità religiose d'Israele che con il loro insegnamento allontanano il popolo da Dio anziché avvicinarlo (Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza Os 4,6).

1,21 Andarono a Cafarnao e Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.

La prima volta che Gesù insegna provoca grande stupore tra la gente che lo ascolta e che riconosce in lui un mandato divino (l'autorità) che gli scribi non hanno. Il significato del termine ebr. sôfer tradotto con scriba è quello di "Predicatore della Torah". Gli scribi venivano ordinati tali all'età di 40 anni dopo un intenso periodo di studio, ricevendo con l'ordinazione la trasmissione su di essi dello spirito di Mosè (Nm 11,16ss).

Considerati i diretti successori dei profeti, la loro autorità, più grande di quella del Sommo sacerdote, è illimitata in quanto il loro insegnamento (considerato superiore persino a quello contenuto nella Bibbia) è infallibile, come si trova scritto nel Talmud: "Le decisioni e le parole degli scribi sono superiori alla Torah" (Ber. M. 1,3).

Il loro insegnamento, che pretendeva di essere avvallato da un mandato divino e equiparato allo stesso ("una bat qôl [voce celeste] aveva dichiarato: tutte le parole degli scribi sono parole del Dio vivente..." Ber. M.1,3), viene smascherato da quello di Gesù che rivela la dottrina degli scribi per quella che è: tramandare e fare osservare la tradizione degli uomini a discapito del comandamento di Dio (Mc 7,8-13).
L'entusiasmo dei presenti per l'insegnamento di Gesù e la conseguente critica nei confronti degli scribi ha gravi conseguenze in quanto costoro erano ritenuti gli unici autorizzati all'interpretazione del testo sacro.

Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare: «Che vuoi da    noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio».

E' la prima delle quattro volte che Gesù - sul quale era disceso lo Spirito di Dio (Mc 1,10.12) - nella sua missione si imbatte con qualcuno posseduto da uno spirito impuro (Mc 5,2; 7,25; 9,25) termine usato indifferentemente e alternativamente dall'evangelista con demònio (7,25-26) per indicare una condizione di non libertà da parte degli uomini. In mezzo all'entusiasmo generale provocato dalle parole di Gesù un solo individuo esprime violentemente il suo disaccordo interrompendo l'insegnamento che provoca adesione verso Gesù e scetticismo verso gli scribi.

E' un uomo posseduto da uno spirito impuro, cioè un individuo che ha aderito volontariamente a un sistema di valori ( ideologia) che lo rende refrattario e ostile all'insegnamento di Gesù. L'evangelista rappresenta lo scontro tra Gesù, l'uomo che possiede lo Spirito di Dio (Mc 1,10), e l'uomo posseduto da uno spirito impuro. Mentre lo Spirito di Dio dà vita (Rm 8,2; 2 Cor 3,6) quello impuro allontana da questa.

Per comprendere la natura di questo spirito impuro occorre esaminare la descrizione della reazione dell'uomo. Costui pur essendo un soggetto singolo parla al plurale. L'individuo rappresenta un gruppo che si sente minacciato dall'insegnamento di Gesù (Sei venuto a rovinarci!). Gli unici nella sinagoga minacciati dall'insegnamento di Gesù sono gli scribi che vedono perdere la loro autorità e il loro prestigio.

Questo spirito impuro che separa l'uomo da Dio viene individuato dall'evangelista nell'insegnamento degli scribi che insegnano dottrine che sono precetti di uomini (Mc 7,7). Sono costoro che poi sentenzieranno autorevolmente che Gesù è un bestemmiatore (Perché costui parla così? Bestemmia! Mc 2,7) e lo riterranno posseduto da uno spirito impuro (Mc 3,30). Questo uomo è posseduto dallo spirito impuro perché ha dato adesione incondizionata all'insegnamento degli scribi.

Quando vede minacciata la dottrina sulla quale basa la sua fede, sente minacciata la sua stessa esistenza.
L'uomo si rivolge a Gesù richiamandolo a entrare nei ranghi della tradizione circa il Santo di Dio, cioè il Messia atteso che avrebbe dovuto spiegare e far osservare la Legge.
E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quest'uomo». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Gesù interrompe la protesta dell'uomo posseduto impedendo ogni forma di dialogo.

Nello scontro tra l'uomo posseduto dallo spirito impuro e l'uomo che possiede lo Spirito di Dio è questo il vincitore che libera l'individuo. Liberazione che non avviene senza sofferenza. Dover riconoscere che l'insegnamento religioso al quale aveva dato adesione incondiziona- tamente non solo non proveniva da Dio ma lo allontanava dal Signore è causa di una profonda lacerazione nell'individuo.

27  Tutti furono meravigliati, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo , dato con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28 La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Nella lingua greca il termine nuovo si può dire in due maniere: neos che indica aggiunto nel tempo e kainos che indica una qualità infinitamente superiore che elimina il precedente. L'insegnamento di Gesù non è una dottrina nuova che va ad aggiungersi a quella degli scribi, ma ha una qualità procedente da Dio (l'autorità) che eclissa tutto l'insegnamento precedente (dottrine che sono precetti di uomini Mc 7,7).

Effetto di questo insegnamento è la liberazione della gente dallo spirito impuro cioè dalla dottrina insegnata dagli scribi. I presenti nella sinagoga individuano in questo insegnamento nuovo la capacità di liberare che va al di là del caso presente dove c'era un uomo posseduto da uno spirito impuro (singolare), ma vede una possibilità che può essere estesa a tutti  gli altri casi: Comanda persino agli  spiriti  immondi  (plurale) come verrà esplicitato al v. 39:

1,39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e
scacciando i demòni

L'evangelista come per l'episodio dell'uomo posseduto dallo spirito impuro associa alla sinagoga i demòni, mettendo in relazione il luogo dove viene insegnata la dottrina degli scribi e i demòni. Allo stesso tempo l'evangelista pone in relazione la predicazione di Gesù e l'espulsione dei demòni, sottolineando come il messaggio di Gesù contenga in sé una forza capace di liberare dalle più alienanti ideologie e dal fanatismo religioso.

GLI INDEMONIATI (Mc 1,32-34)
1,32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano
tutti i malati e gli  indemoniati.Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano

L'entusiasmo della gente che ha ascoltato l'insegnamento di Gesù nella sinagoga non è sufficiente per liberarla dalla sottomissione alla dottrina degli scribi. Per questo aspetta che tramonti il sole e quindi termini il Sabato, giorno nel quale è proibita qualunque attività (Ger 17,21.27) per andare da Gesù e portargli ammalati e indemoniati. Questi ultimi sono individui posseduti dallo spirito impuro come l'uomo della sinagoga, mentre in costui la condizione si è manifestata solo in occasione dell'incidente con Gesù, la condizione degli indemoniati è evidente e conosciuta.

Come per l'uomo nella sinagoga Gesù impedisce agli indemoniati di parlare. Costoro tentano fino all'ultimo di trascinare Gesù dalla loro parte, quella dell'insegnamento tradizionale riguardo la figura del Messia (lo conoscevano). Essi conoscono il Messia figlio di Davide ma non Gesù figlio di Dio. Il loro tentativo continuerà ancora lungo tutta l'attività di Gesù, come viene narrato al c. 3,11-12:

3,11 Gli spiriti immondi quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: Tu sei il Figlio di Dio! 12 Ma egli impose loro severamente di non manifestare chi egli fosse.

L'episodio dello scontro nella sinagoga di Cafarnao tra Gesù e l'uomo posseduto da uno spirito impuro terminava con lo stupore dei presenti perché Gesù comanda persino agli spiriti immondi (1,27). Ora viene presentata la reazione degli spiriti immondi di fronte all'insegnamento di Gesù che dilaga ovunque:

dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui (Mc 3,8).

Gli spiriti immondi si rivolgono a Gesù come a il figlio di Dio. Questa espressione preceduta dall'articolo determinativo si trova sempre in bocca ai pagani (5,7; 15,39) o in gruppi mescolati di giudei e pagani (3,7-8). L'evangelista per indicare la condizione di Gesù quale figlio di Dio non adopera mai l'articolo determinativo, che indica quello conosciuto e atteso dalla tradizione, ma sempre senza articolo, tecnica letteraria per esprimere una realtà nuova che Gesù, figlio di Dio manifesta (1,1; 15,39).

GESU' E BEELZEBUL (Mc 3,20-30) Gesù è già stato dichiarato pubblicamente e autorevolmente dagli scribi un bestemmiatore (Mc 2,6). Ora, dopo che ha trasgredito pubblicamente in una sinagoga il comandamento più importante, quello del riposo in giorno di Sabato farisei ed erodiani tentano di ammazzarlo: "i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire" (Mc 3,6). E Gesù deve fuggire dalla Giudea e salire in Galilea.

Di fronte al rifiuto delle autorità religiose (scribi), spirituali (farisei) e civili (erodiani), Gesù rompe con l'istituzione religiosa e costituisce il nuovo Israele, fedele alle promesse di Dio. Come il vecchio Israele era composto dalle dodici tribù (Gen 49, 1-28) così il nuovo viene rappresentato dai dodici che Gesù chiamò a sé: Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni (Mc 3,13-15).

Ancora una volta l'evangelista unisce la predicazione al potere di scacciare i demòni sottolineando come sia la forza contenuta nel messaggio di Gesù quel che permette di liberare le persone, come viene ribadito al c. 6 quando Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri... "ed essi, partiti predicarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni... (Mc 6,7.12)" . 3,20 Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21 Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a catturarlo poiché dicevano: «E' fuori di sé».

La rottura con l'istituzione religiosa viene considerata una follia da parte del clan familiare di Gesù, che decide di andare a catturarlo. Per la loro azione l'evangelista adopera lo stesso verbo catturare lo stesso usato per l'imprigionamento di Giovanni Battista da parte di Erode (Mc 6,17) e per la cattura di Gesù da parte delle autorità religiose (12,12; 14,1.44.46.49).

L'atteggiamento della famiglia che ritiene Gesù fuori di testa trova conferma nello scetticismo degli abitanti di Nazaret per i quali Gesù era motivo di scandalo, e nel vangelo di Giovanni dove si afferma che neppure i suoi fratelli credevano in lui (Gv 7,5). Comportamento che causa a Gesù l'amara constatazione che un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua (Mc 6,1-6). Ma quello che da parte dei familiari viene ritenuto una pazzia verrà giudicato una possessione demoniaca da parte degli scribi.

22 Ma gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».

La rottura di Gesù con l'istituzione religiosa provoca allarme a Gerusalemme, sede del tempio. Il caso di Gesù non è quello di un profeta isolato che facilmente può essere tenuto sotto controllo, ma di un pericoloso fenomeno di massa che attira folle considerevoli (Mc 3,7-8.20). Contro Gesù scende in campo direttamente il Sinedrio inviando una delegazione ufficiale composta dagli scribi, i suoi membri più autorevoli. Costoro scendono da Gerusalemme non per accertare i fatti, ma per emettere una sentenza tesa a screditare definitivamente Gesù che denunciano come stregone e quindi passibile della pena di morte (Dt 18,10).

La diffamazione contro Gesù è stata curata nei minimi particolari. Tra le centinaia di demòni nei quali la gente credeva scelgono il più popolare e nello stesso tempo più temuto:
Beelzebùl. Il nome, composto da Baal ("Signore"), e Zebub ("mosche") ha il significato di signore del letame ed è una deformazione voluta di Baal Zebul (Baal il Principe) una divinità filistea di Ekròn (2 Re 1,2.6.16). La scelta del nome del demònio è intenzionale. Il popolo è invitato a stare alla larga da Gesù. Perché anche se apparentemente libera e guarisce le persone in realtà Gesù opera in virtù del demònio che quale signore del letame è causa prima delle infezioni e delle malattie.

L'accusa che gli scribi fanno a Gesù è che egli guarisce per rendere ancora più inferma la persona. Su Gesù non è disceso lo Spirito di Dio (Mc 1,10) ma una uno spirito impuro (v.30). Pertanto non è vero che Gesù libera le persone, anzi le rende ancora più vittime del demònio in quanto i suoi poteri gli vengono da satana il capo dei demòni.

23  Ma egli, convocatoli, diceva loro con parabole:
«Come può [un] satana scacciare [un] satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può restare in piedi. Se il satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare, ma è finito.

Mentre gli scribi che diffamano Gesù non hanno osato affrontarlo apertamente, Gesù li convoca dimostrando l'assurdità della loro denuncia: se i satani si mettono in guerra tra di loro vuol dire che il potere del satana è finito.

27 Ma nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheg giargli la casa.


Gesù afferma che il potere di satana è sì finito ma non per una lotta intestina al suo interno ma perché è giunto il più forte di lui. E più forte di satana e dei demòni c'è solo il Dio, che si manifesta in Gesù. Sono Gesù e il suo messaggio di liberazione quel che permettono di legare il satana e così saccheggiargli la casa, liberando le persone sotto il suo dominio.


In verità vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati   e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato lo Spirito santo, non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «E' posseduto da uno spirito impuro».

Siccome l'insegnamento di Gesù gettava il discredito sulla loro dottrina, le autorità religiose si difendono calunniando l'uomo sul quale è disceso lo Spirito di Dio (Mc 1,10) dichiarandolo Gesù posseduto da uno spirito impuro. Gli scribi, quali massime autorità religiose di Israele ed esperti della Sacra Scrittura, sanno che l'azione di Gesù può venire solo da Dio. Ma poiché ammetterlo significa rinunciare ai propri privilegi e poteri affermano il contrario e chiamano bene il male e male il bene (Is 5,20).

Quel che è frutto dell'ignoranza o della fragilità, verrà tutto perdonato, ma dichiarare che l'azione animata dallo Spirito santo venga dichiarata frutto di quello impuro è per Gesù una colpa imperdonabile perché frutto di una malafede che mai si ravvederà. Per l'evangelista i rappresentanti dell'istituzione religiosa sono i veri posseduti dallo spirito impuro che li tiene prigionieri della bestemmia allo Spirito santo. Questa colpa mai otterrà perdono perché gli scribi sentenziando che Gesù è posseduto da uno spirito impuro e che il perdono dei peccati da lui concesso è una bestemmia (Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo? Mc 2,7) si escludono dalla possibilità di riceverne il perdono.

IL SATANA E IL MESSAGGIO DI GESU' (Mc 4,14)Il satana appare nuovamente nella parabola dei quattro terreni (Mc 4,1-20) dove vengono descritte varie risposte degli uomini di fronte alla proclamazione del messaggio di Gesù (Il seminatore semina la Parola Mc 4,14). Nella spiegazione  che Gesù  stesso  da'  del  seme  che cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono (Mc 4,4): 4,15 I semi caduti lungo  la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola ma, quando l'ascoltano, subito viene il satana e porta via la Parola seminata in loro.

Nel caso dei semi caduti lungo la strada l'annuncio del messaggio è inutile perché gli individui sono completamente refrattari e ostili ed è come se l'annuncio non fosse stato ascoltato. Il messaggio è stato diretto a individui che lo ascoltano ma non lo intendono (Mc 4,12) e non lo accolgono. Costoro vengono individuati dall'evangelista in quanti esercitano il potere (Mc 10,43): negli scribi (Mc 2,6-7), nei farisei (Mc 2,16) e negli erodiani (Mc 3,6), rappresentanti del potere religioso, spirituale e civile. Quanti aderiscono al potere sono refrattari a un messaggio che vedono come una minaccia ai propri interessi e al proprio prestigio.

Mentre tutto il messaggio di Gesù è orientato a un Dio a servizio degli uomini (Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti Mc 10,45), il satana che impedisce l'accoglienza del messaggio è al contrario lo spirito impuro del potere e del dominio, che veniva appunto esercitato dalle tre categorie scribi, farisei ed erodiani. Se la liberazione dagli spiriti impuri e la cacciata dei demòni avviene per la forza del messaggio di Gesù, coloro che sono completamente refrattari a questo messaggio rimangono definitivamente nella loro condizione di indemoniati e posseduti.

LA LEGIONE IMMONDA (Mc 5,1-20) Questo complesso episodio è fortemente caratterizzato da elementi teologici che rendono difficile una ricostruzione storica dello stesso (nel vangelo di Matteo i protagonisti sono due indemoniati Mt 8,28-34). Le indicazioni non sono geografiche ma teologiche: la regione dei Gerasèni è troppo lontana dal lago di Tiberiade (circa 55 km) per permettere alla mandria di porci di annegarcisi. 5,1 E giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.

2 Mentre scendeva dalla barca, subito gli venne incontro dai se polcri
un uomo posseduto da uno spirito impuro.

La prima volta che Gesù mette piede in una sinagoga si scontra con un uomo posseduto da uno spirito impuro (Mc 1,21-28). Ugualmente la prima volta che Gesù mette piede in terra pagana si scontra con un uomo posseduto da uno spirito impuro che dimora nel luogo che gli ebrei ritengono impuro per eccellenza, i sepolcri (Nm 19,16).

L'espressione uomo posseduto da spirito impuro ricorre solo nel vangelo di Marco e in questi due episodi (mai nel resto del NT). Ciò indica che l'evangelista unisce tematicamente l'episodio del posseduto nella sinagoga con quello in terra pagana (altri punti di contatto sono l'espressione gridare forte (1,26; 5,7); Che vuoi da me (1,24; 5,7). Costui aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.

La descrizione che l'evangelista fa del posseduto e dell'ambiente nel quale vive è un chiaro riferimento al mondo pagano così come viene descritto nel Libro del profeta Isaia: "abitavano nei sepolcri, passavano la notte in nascondigli, mangiavano carne suina... Essi dicono: Sta' lontano!" (Is 65,4-5). In questo ambiente l'evangelista presenta un uomo che è stato tenuto legato con ceppi e catene, e che ora non è più possibile domare. Un individuo che si sta autodistruggendo esercitando violenza su e stesso (si percuoteva con pietre).

Per la comprensione dell'identità di questo posseduto è preziosa l'indicazione posta dall'evangelista "legato con ceppi e catene", termine tecnico adoperato per indicare gli schiavi o i prigionieri di guerra (Sal 105,18), e il verbo domare adoperato per sottomettere gli animali (Gc 3,7). Si tratta di un individuo non ritenuto un essere umano e ridotto in forzata prigionia: uno schiavo. Costui si è ribellato con la violenza a chi lo tiene in schiavitù, ma questa violenza lo mantiene in una condizione di autodistruzione , situandolo in un ambiente di morte (sepolcri).

Visto Gesù da lontano, accorse, gli si prostrò ai piedi, e urlando a gran voce disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti:
«Esci, spirito impuro, da quest'uomo!».

L'evangelista presenta due azioni distinte: in un primo momento il posseduto corre verso Gesù, che riconosce quale "Figlio del Dio altissimo", espressione usata dai pagani per indicare il Dio di Israele (Gen 14,18-20; Nm 24,16; Is 14,14), attratto da lui (gli si prostrò). Ma in un secondo tempo lo respinge perché si oppone all'ordine che Gesù gli ha dato: "Esci, spirito impuro, da quest'uomo!". Teme che Gesù lo voglia ricacciare nella condizione di schiavitù. L'uomo non vuole rinunciare allo spirito impuro grazie al quale è riuscito a liberarsi da ceppi e catene : la violenza !... , anche se questa liberazione attraverso la violenza lo sta distruggendo.

9 E gli domandò: «Qual è il tuo nome». «
Il mio nome è Legione, gli rispose, perché siamo in molti». 10 E lo scongiurava con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quel paese.

Altro termine chiave posto dall'evangelista in questo episodio è il nome dello spirito impuro "Legione", sconosciuto come nome di demòni. Questo termine indica un'unità dell'esercito romano (che occupava la regione) composta da circa 6000 soldati. Il termine legione richiama la brutale violenza delle truppe di occupazione. Il fatto che l'anonimo posseduto indichi come spirito impuro la Legione, vuole dire che la sua violenza non è che una risposta alla violenza che gli viene esercitata dagli occupanti. Mentre il termine legione viene riferito allo spirito impuro (neutro) la sottolineatura siamo in molti è riferita all'uomo (maschile). Significa che l'uomo rappresenta una moltitudine di altri uomini sottomessi dagli stessi violenti spiriti impuri. Alla fine il posseduto cede e accetta la liberazione insita nel messaggio di Gesù.

C'era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi».


Altro termine chiave utile per la comprensione dell'episodio è il porco. Animale impuro per eccellenza (Lv 11,7; Dt 14,8) al tempo di Gesù con la figura del porco si indicavano i romani in quanto occupanti la terra di Israele, figurata come una vigna devastata dal cinghiale del bosco (Sal 80,14). Il fatto che gli spiriti impuri desiderino entrare nei porci, pone in relazione i due termini. Il termine mandria indica grande ricchezza. La ricchezza degli occupanti avveniva mediante la violente sottomissione dei popoli al loro potere. A loro volta i dominati reagivano attraverso la violenza (spirito impuro).

13 Glielo permise. E
gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.

Affogare nel mare indica la distruzione totale e definitiva (Mc 9,42) ed è espressione con la quale Israele ricordava la sua liberazione dalla schiavitù dell'Egitto e l'annientamento dell'esercito del Faraone: "ha gettato in mare cavallo e cavaliere" (Es 15,1; Ab 3,15; Sal 78,53). La liberazione dell'uomo implica la rovina del sistema oppressore che basava la sua fortuna (mandria) sullo sfruttamento. Riguardo al numero dei porci affogati "circa duemila", questa cifra appare nell'AT per indicare i nemici d'Israele sconfitti dai giudei (1 Mac 9,49; 16,10).

I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi lo scongiuravano di andarsene dal loro territorio.

L'allarme generale denota che l'interesse (mandria) era comune (città/campagne). Nessun segnale di allegria da parte della gente vedendo sano di mente colui che era stato posseduto dalla Legione, ma solo paura. Paura che nasce dal veder minacciato il proprio interesse dagli effetti del messaggio di Gesù. Ironia dell'evangelista: all'inizio della narrazione era lo spirito impuro che possedeva l'uomo a scongiurare Gesù di poter entrare nei porci (v. 10). Ora sono i proprietari dei porci che scongiurano Gesù di allontanarsi. Questa loro richiesta li smaschera e manifesta che è da costoro che procedeva lo spirito impuro.

La liberazione dell'individuo nuoce agli interessi della comunità. Dovendo scegliere tra il bene dell'uomo e il proprio capitale senza esitazione scelgono quest'ultimo. Tra il Dio che libera l'uomo e il dio denaro che lo schiavizza preferiscono adorare quest'ultimo.

Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.

La liberazione dalla schiavitù operata dal Signore verso il popolo d'Israele (Es 19,4; Dt 1,30) viene continuata da Gesù ed estesa anche ai popoli pagani.

"Colui che era stato indemoniato" è il primo annunciatore pagano del vangelo inviato da Gesù ad annunziare a quelli come lui "ciò che il Signore ti ha fatto". La sua missione riguarda quanti sono ancora "posseduti dallo spirito impuro" ( che ricevono violenza e si liberano con la violenza ) e non la gente delle città e campagne già al corrente dell'accaduto e che hanno agito negativamente (v.14).

Gesù invia l'uomo che era stato posseduto dallo spirito impuro ad annunziare ciò che il Signore ti ha fatto. L'uomo va a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù gli aveva fatto, riconoscendo nell'azione di Gesù quella del Signore, mentre gli scribi separavano l'azione di Gesù da quella di Dio (Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo? Mc 2,7).

L'indemoniato ha saputo riconoscere nell'azione e nel messaggio di Gesù quel che gli scribi mai riconosceranno. Mentre l'indemoniato è stato liberato dallo spirito impuro che lo dominava, gli scribi ne rimarranno vittime e complici: sono le autorità religiose indemoniate che con la loro dottrina indemoniano la gente.

IL DEMONIO DELL'INGIUSTIZIA (Mc 7,24-30) Per essere capace di proporre il messaggio di Gesù anche ai popoli pagani la primitiva comunità cristiana dovette affrontare l' ostacolo posto dalle barriere religioso nazionaliste che venivano alimentate dal giudaismo. Per gli evangelisti i pagani non solo non vengono esclusi dall'annuncio del Regno di Dio ma sono coloro che per primi lo recepiscono e lo accolgono (Mt 8,10).

24 Partito di là, andò nella regione [ pagana ] di Tiro e di Sidone. ed entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.

Dando le indicazioni per la missione ai suoi discepoli Gesù li aveva invitati a superare le prescrizioni religioso-alimentari per le quali a un giudeo era proibito non solo sedere a mensa con un pagano, ma anche entrare nella sua casa: "non è lecito per un Giudeo entrare in casa di stranieri" (At 10,28; Mc 6,10).

Nel discorso che precede questo episodio Gesù dichiarava mondi tutti gli alimenti (Mc 7,20) annullando così quanto prescritto nel capitolo 11 del Libro del Levitico dove vengono distinti gli animali e alimenti puri da quelli impuri. Eliminata questa barriera viene tolto l'ostacolo che impediva ai Giudei di entrare in contatto con i pagani e Gesù si reca a Tiro e di Sidone, regione pagana per eccellenza (Ger 47,4; Mt 11,21-22).

Subito una donna, che aveva udito parlare di lui e la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, andò e si gettò ai suoi piedi. Ora la donna che lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia era greca, di origine siro-fenicia.

L'indicazione che la donna fosse greca ne sottolinea la condizione sociale privilegiata in quanto ellenistica e non l'appartenenza geografica (era siro-fenicia). L'indicazione, di per sé superflua per la comprensione dell'episodio, è una chiave di lettura posta dall'evangelista  nella  narrazione.  I  greci rappresentavano  la classe al potere. Ma allo stesso tempo in quanto pagani erano considerati inferiori ai giudei.

La risposta di Gesù si basa su questi due aspetti: la situazione privilegiata della donna all'interno della società pagana e allo stesso tempo l'inferiorità nei confronti dei Giudei destinati a essere i loro padroni: "ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli... Vi godrete i beni delle nazioni, trarrete vanto dalle loro ricchezze" (Is 61,5-6).

27 Ed egli le disse: Lascia prima che si sazino i figli, perché nonè bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini.

Cani era il termine dispregiativo col quale i Giudei indicavano i pagani ritenuti esseri inferiori. Può sconcertare la brutale risposta di Gesù a una madre in ansia per la condizione della figlia. In realtà la risposta di Gesù è pedagogica e vuol far comprendere alla donna l'ingiustizia di quanti ritengono di essere superiori agli altri. La natura dello spirito impuro è la disuguaglianza.

28  Ma essa replicò: Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli. Allora le disse: Per questa tua parola va':
il demonio è uscito da tua figlia. Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.

La risposta di Gesù raggiunge l'effetto sperato.
La donna denunciando l'ingiustizia nel rapporto giudei-pagani riconosce quella esistente all'interno della sua società, dove lei, greca, appartenente alla classe dominante gode di privilegi dal quale il popolo (figlia) viene escluso. Per questo il demonio non viene cacciato da Gesù, ma dalla donna greca una volta che la stessa riconosce l'ingiustizia esistente all'interno della società pagana.

FEDE E INCREDULITÀ' (Mc 9,14-29)9,14 E arrivando presso i discepoli, videro attorno ad essi molta folla e gli scribi che discutevano con loro.

La prima volta che nel vangelo di Marco era apparso un uomo posseduto da uno spirito impuro era in relazione alla dottrina degli scribi (Mc 1,21-28). L'ultima volta che in questo vangelo viene presentato un intervento di Gesù nei confronti di uno spirito impuro/demonio l'episodio viene messo ancora in relazione con gli scribi responsabili dell'indemoniamento del popolo.

L'oggetto della discussione tra scribi e discepoli va posto in relazione con l'obiezione posta dai discepoli a Gesù all'annuncio della sua morte: "E lo interrogarono: Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?" (Mc 9,9-13). L'attesa del profeta Elia quale battistrada del Messia veniva alimentata dall'insegnamento degli scribi in base ad alcuni scritti profetici (Ml 3,3). Il fatto che i discepoli discutano con gli scribi significa che, pur con orientamenti e aspettative differenti, entrambi condividono la stessa ideologia di una Messia trionfatore e violento animato dallo stesso zelo di Elia.

E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: Di che cosa discutete con loro? 17  E dalla folla uno gli rispose: Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. 18 Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti.

Quando Gesù aveva costituito il gruppo dei discepoli era per mandarli a predicare e avessero il potere di scacciare i demòni (Mc 3,14; 6,7). La capacità data da Gesù ai discepoli era dipendente dalla predicazione: è la forza del messaggio quel che libera le persone. In questo caso i discepoli sono incapaci di scacciare uno spirito muto. Nei versetti seguenti l'evangelista chiarirà che lo spirito è muto perché è pure sordo (v.25).

A differenza degli spiriti impuri presenti nella sinagoga (Mc 1,21-28) e nella regione dei Geraseni (Mc 5,1-20) che hanno cercato il dialogo, seppure a livello di conflitto con Gesù, questo è uno spirito muto, cioè è talmente radicato nell'individuo che neanche cerca lo scontro.

19  Egli allora disse loro: O generazione incredula [ lett. senza fede] Fino a quando sarò con voi? Fino a
quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me.

L'evangelista modella il lamento di Gesù su quello che si trova nel Libro dei Proverbi attribuito alla Sapienza di Dio: "La sapienza grida... fino a quando, o inesperti, amerete l'inesperienza..." (Pr 1,20-32; Dt 32,5). L'accusa di Gesù investe tutti i presenti (folla, scribi, discepoli, padre del posseduto) ma si rivolge principalmente ai discepoli già destinatari di un precedente rimprovero (Perché avete paura? Non avete ancora fede? Mc 4,40) e oggetto di una futura esortazione ad aver fede: Abbiate fede in Dio!... Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato (Mc 11,22.24). Quest'ultima esortazione è unita al presente episodio dal v. 29 nel quale appare il tema della preghiera in relazione alla cacciata di questo genere.

E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù interrogò il padre: Da quanto tempo gli accade questo? Egli rispose: Dall'infanzia anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci.
I lunatici.
Il loro nome proviene dalla parola latina, luna come in greco perché si credeva anticamente che cotesta malattia dipendesse dal crescere o del decrescere della luna; il nome rimane, sebbene non esista più la superstizione che gli diede origine. In Italiano ed in latino quel nome è applicato alla pazzia periodica, in greco invece all'epilessia. Questa parola si trova soltanto in un altro passo in cui essa ha evidentemente quest'ultimo senso.
Matteo 17,14Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio 15e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell'acqua. 16L'ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». cf.: Marco 9:18-20; Luca 9:39-40.
Se dal punto di vista clinico i sintomi descritti possono essere individuati in quelli dell'epilessia (convulsioni, caduta a terra, rotolarsi, schiumare), è il piano teologico quello che interessa all'evangelista. Sono due i termini-chiave possono aiutare la comprensione del brano: il fuoco e l'acqua, simboli con i quali venivano raffigurati rispettivamente Elia e Mosè. Elia è il profeta che animato da violento zelo tenta di attuare una purificazione religiosa attraverso la soppressione degli avversari: Elia profeta, simile al fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per comando del Signore chiuse il cielo, fece scendere così tre volte il fuoco (Sir 48,1-3; 1 Re 19,10.14).

L'immagine dell'acqua viene dalla tradizione applicata a Mosè perché quando venne portato alla figlia del faraone che lo aveva trovato in un cesto tra i giunchi sulla rive del fiume ella lo chiamò Mosè, dicendo: Io l'ho salvato dalle acque (Es 2,10). E Mosè sarà colui che salverà il suo popolo con il prodigio delle acque del mare Rosso quando le acque si divisero (Es 14,21).

La guarigione del ragazzo viene posta dall'evangelista subito dopo l'episodio della Trasfigurazione mentre Gesù con i discepoli Pietro Giacomo e Giovanni discendono dal monte sul quale era loro apparso Elia con Mosè che conversavano con Gesù (9,4-5). Nella situazione del ragazzo l'evangelista raffigura la condizione disperata d' Israele, dove la dottrina degli scribi alimentava  continuamente  l'immagine  di  una  liberazione  dai nemici attraverso la violenza come erano state quelle di Elia e Mosè. Allo stesso tempo nella figura del padre si rappresenta la speranza suscitata nel popolo da Gesù.

Gesù gli disse: Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede. Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: Credo, aiuta la mia incredulità [mancanza di fede ].

Alla mancanza di fede dei discepoli (generazione incredula v. 19) si contrappone il desiderio di uscire dall'incredulità da parte del padre del ragazzo (credo).

25  Allora Gesù, vedendo accorrere la folla,
minacciò lo spirito impuro dicendogli: Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più. Gridando, e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: E' morto. Ma Gesù, presolo per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.

Lo spirito impuro, che era stato presentato inizialmente come muto ora appare anche sordo, per indicare la totale incomunicabilità: non può parlare perché non può ascoltare. La liberazione di Gesù è completa e definitiva perché accompagnata dall'ordine di non rientrare più. Ma la folla reagisce scettica all'azione di Gesù e giudica morto il ragazzo.

A livello teologico l'evangelista vuol indicare che se nella gente viene uccisa la speranza di una liberazione attraverso la forza come quella attuata da Mosè e da Elia, il popolo crede di non avere più alcuna speranza di vita. Al contrario, per Gesù era proprio questa speranza in una liberazione violenta quella che teneva il popolo in una condizione di morte , dalla quale egli lo risuscita.

Ma Gesù, presolo per mano,.. Questa resurrezione di un popolo morto viene sottolineata dall'evangelista che richiama nell'azione di Gesù l'unica risurrezione presente nel suo vangelo, quello della figlia di Giairo uno dei capi della sinagoga: Presa la mano della ragazza, le disse: Talita kum, che significa: Fanciulla, io ti dico, alzati! Subito  la  fanciulla  si  alzò (Mc 5,41). In entrambi i casi l'evangelista adopera il verbo alzare lo stesso usato per indicare la resurrezione di Gesù: E' risorto non è qui (Mc 16,6). Per l'uso del verbo alzare cf Gv 6,39-54).

Entrato in casa, i discepoli gli domandavano in privato: Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo? Ed egli disse loro: Questo genere ( di demòni) non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera.

Adoperando due termini simili nella lingua greca genea (generazione) e genoi (genere/razza) l'evangelista unisce tematicamente la mancanza di fede dei discepoli e la razza di spiriti muti e sordi. I discepoli non riescono a scacciare questi spiriti perché ne condividono l'ideologia identificando in Gesù il Messia figlio di David, il re che con la violenza ha inaugurato il regno di Israele. Quando - come il padre del bambino - riconosceranno la loro mancanza di fede e la chiederanno ( preghiera ) anch'essi saranno liberati e liberatori. "


La Demologia dei Padri della Chiesa.di G. Paolo P- Thorel

" Gli Ebrei hanno sempre negato in modo deciso e assoluto l’esistenza degli dèi delle genti (=dei non ebrei) . Nei demoni, lo storico ebreo contemporaneo di Gesù ,Giuseppe Flavio riconosceva le anime degli uomini malvagi (αντρωπων πονηρων πνεύματα). La Chiesa cristiana non negò l’esistenza degli dèi pagani, ma negò la loro divinità (=santità, onnipotenza, come il Dio della Bibbia) , e li convertì in demoni.

Così si trasformarono in diavoli non solamente gli dèi maggiori e minori, ma anche i semidèi, e degli dèi  cui già i pagani attribuivano qualità paurose e maligne: le Lamie, le Empuse, le Arpie, le Chimere, i Gerioni diventarono ospiti dell’Inferno, sudditi e collaboratori del satana .

I Padri Apostolici, restando nella linea del Vangelo e degli altri scritti neotestamentari, in genere manifestano uno scopo esclusivamente pratico nel loro insegnamento. Perciò, presupposta l'esistenza dei demoni, si limitano a tenere i fedeli in guardia contro gli assalti dei maligno.

Invece, già i Padri apologetici , da S. Giustino in poi, cominciano a trattare esplicitamente della natura degli angeli decaduti e del loro peccato, anche se, in questo, spesso subiscono l'influenza dei libri apocrifi, specialmente del Libro di Enoc e del Libro dei Giubilei. ( apocrifi ebraici )

Per considerazioni diverse, ma convergenti tutte verso una realtà viva e indubitata, pagani e cristiani consideravano gli idoli e gli dèi come qualcosa di molto importante. Essi erano ben lungi dal pensiero che si trattasse di esseri immaginari e di idee personificate.

Secondo i cristiani di quell'epoca , gli dèi sono dèmoni malèfici ( = demòni) , davanti ai quali tremano i loro propri adoratori; essi risiedono negli edifici, nelle statue che si elevano ad essi e dove sono presenti per una specie di incarnazione vegetale e minerale, secondo i casi e le cerimonie della dedicazione.

Essi vivono del fumo dei  sacrifici e del sangue delle vittime loro immolate. Questa credenza di una possessione del demonio in ciascun simulacro era così diffusa e radicata che molti non avevano nascosto la loro sorpresi quando, al tempo di Costantino, i templi pagani erano stati invasi e violati senza che alcuno spettro fosse uscito dagli idoli.

Atenagora, Tertulliano, Origene, Eusebio e altri ancora avevano insegnato che gli idoli di pietra, di bronzo di legno ecc., celavano ognuno un demonio, che rendeva gli oracoli, animava le viscere delle vittime, regolava il volo degli uccelli.

Sulla base della scrittura cristiana vennero fatte le più incredibili speculazioni, come quella attestata nel testo giudaico-cristiano del II° sec. d. C. Lettere Pseudoclementine , secondo cui ... ...i demòni ardono dal desiderio di entrare nei corpi perchè nonostante siano spiriti desiderano ... accoppiarsi.. ma questo non è magistero cristiano , sebbene nelle lettere si consiglia come prevenzione il digiuno .

Tommaso l'Aquinate si spinge a spiegare come i demòni femmine di notte giacciano sotto l'uomo per prenderne lo sperma e quelli maschi poi lo utilizzino per inseminare le donne. I figli che nascono da queste donne sarebbero così figli dell'uomo ma concepiti per mezzo di una lussuria notturna demoniaca . ( Summa Teologica I, 51,3,6.) .

Giustino, padre della Chiesa, in I Apologia,5 afferma che questi demòni sono stupratori di donne e pedofili di fanciulli , ... sono responsabili di guerre, adultèri, dissolutezze e ogni genere di malvagità ,...ma assicura che tutti i demòni precipitati sulla terra, nella storia, saranno definitivamente annientati da Gesù.
La demonologia dei Padri rimarrà la teologia della Chiesa fino al XII secolo. Nella Prima Apologia (PG vol. 6) Giustino dice che i demoni manifestano la loro esistenza con tutte le impurità e coi terrori che spargono fra gli uomini. Seguendo l'interpretazione ormai già tradizionale, dice che Satana o il diavolo è il principe dei demoni, già manifestatosi come serpente nel tentare Eva, la prima donna.

Giustino pensa che solo alla fine dei tempi Satana col suo esercito sarà precipitato nel fuoco e nei tormenti eterni. Si deve ai demoni l'aver introdotto gli idoli sulla terra; come pure sono loro opera i maghi, i falsi profeti, gli indovini e tutti gli errori che circolano fra gli uomini

Nella Apologia seconda (in PG 6), Giustino ha occasione di trattare della caduta degli angeli, che egli attribuisce alla trasgressione del comando ricevuto da Dio di vegliare sugli uomini e su tutte le creature. Anzi essi si erano uniti con le donne, avendone dei figli, chiamati demoni.

In seguito misero il genere umano sotto il loro giogo con la magia, i terrori e i sacrifici che si facevano offrire. Da loro provennero nell'umanità le violenze, le guerre, gli adultèri e tutti i vizi. Gli dèi non sono altro che questi angeli decaduti.Tutto ciò Giustino lo ricava sostanzialmente dal Libro dei Giubilei e da quello di Enoch.

I demoni hanno un odio particolare verso i cristiani, contro i quali provocano le persecuzioni, spesso servendosi del ministero dei Giudei; ma per i demoni e i loro seguaci vi saranno le pene del fuoco eterno, che i profeti hanno predetto e che Gesù ha proclamato nel Vangelo.

Nel Dialogo con Trifone Giustino trae la sua dottrina esclusivamente dalla S. Scrittura. Il diavolo in Egitto ha agito per mezzo dei maghi; in Israele specialmente per mezzo dei falsi profeti Egli prova con la S. Scrittura l'esistenza degli angeli cattivi; come pure dimostra che Gesù è signore degli spiriti, perché il solo scongiuro nel suo nome basta per vincerli.

Identifica Satana col serpente che ingannò Eva. Gli angeli e gli uomini cattivi sono puniti, non perché sono stati creati tali, ma perché tali sono divenuti per le loro cattive azioni. Se per ipotesi - che però non si verifica - essi facessero penitenza dei loro peccati, otterrebbero misericordia.

S. Ireneo (Contra kaer., cap. 26, n. 2 = PG 7,1194) riferisce un passo di un lavoro sconosciuto di S. Giustino, in cui questi dichiara che, prima della venuta di Gesù Cristo, Satana non aveva osato bestemmiare Dio, perché egli non conosceva ancora la sua condanna. In seguito - sempre attraverso S. Ireneo - questa sentenza è stata spesso ripetuta, a cominciare da Eusebio (Hist. eccl., lib. IV, cap. 18 = PG 20, col. 367).

Taziano. - Egli scrisse una Orazio adversus Graecos (in PG 7). Insegna che il Verbo ha creato gli angeli prima degli uomini; sia gli angeli che gli uomini sono liberi; i demoni non sono necessariamente (cioè per natura) cattivi, ma sono divenuti cattivi per la loro malizia. Il demonio, che era prima dell'uomo, ha manifestato la sua esistenza quando ha fatto commettere all'uomo la sua colpa, e con ciò Taziano fa capire che i demoni avevano già peccato quando ha peccato l'uomo, senza però indicare la natura del loro peccato. Secondo Taziano, Giove è il capo dei demoni.

Quanto alla natura dei demoni, essi sono composti di materia e di spirito; il Signore ha permesso che essi ingannino gli uomini fino al giudizio universale. Secondo Taziano, chiunque, benché attaccato dai demoni, ha conservato la conoscenza perfetta di Dio, riceverà, al giudizio, una migliore testimonianza, perché ha lottato.

Gli errori dei pagani sono degli stratagemmi dei demoni: questi hanno dominato i Greci, ingannando le anime.Importante è l'asserzione di Taziano, che cioè i demoni non muoiono, perché sono senza carne; ma avranno una morte particolare, in quanto sono privi della vita eterna e dovranno subire un supplizio eterno.Taziano dice ancora che i demoni peccano più degli uomini, perché vivono più a lungo; per la loro malizia perseguitano gli uomini, li pervertono e li spingono al male.

Talvolta sono veduti dagli psichici, quando si mostrano sotto apparenze umane. Per vincerli bisogna ripudiare la materia. Quando colpiscono con malattie il nostro corpo, se poi sono raggiunti dalla virtù di Dio, ne rimangono spaventati, e allora il malato guarisce.Coi mezzi magici promettono la sanità; in effetti essi ingannano unendo rimedi buoni con cattivi; più ancora lusingano le passioni.Sono stati esclusi dal cielo.

Atenagora. - Ha scritto una Legatio pro christianis (PG 7). Atenagora si ispira al Libro di Enoch, e ripete quanto in questo libro si legge sul peccato dei demoni con le donne, spinti dall'amore carnale. Essi, angeli decaduti, vivono nell'aria, e sulla terra; le anime dei giganti, che errano attorno al mondo, sono dei demoni: sono questi ad eccitare le tempeste. Atenagora ripete ancora che i demóni si attaccano al sangue delle vittime e lo leccano. Gli dèi furono uomini, e ora agiscono per mezzo delle statue.
I demoni adoperano degli artifici per far credere che essi operano delle guarigioni.

Minucio Felice. - è ben nota la sua opera, Ottavio (PL 3). Egli scrive che i demoni sono spiriti ingannatori, vagabondi, degradati dal loro vigore celeste per le colpe e le passioni terrestri. Avendo perduto la semplicità della loro natura ed essendosi coperti di vizi, per consolarsi delle loro sventure cercano di perdere gli altri. Separati essi da Dio, cercano di allontanare da lui anche gli altri con falsi atti di religione. I maghi fanno per mezzo di essi i loro prodigi. Si nascondono sotto le statue e le immagini degli dèi; agiscono per mezzo di loro intermediari; ingannano i loro seguaci, fuggono i cristiani. Anche Minucio dipende dal Libro di Enoch per quel che si riferisce alla natura dei demoni e al loro peccato.

Clemente Alessandrino. Attinge al Libo di Enoch come gli altri. In  Stromata  sostiene che la peste,la grandine,le tempeste,etc,non vengono solo dai turbamenti materiali ,ma abitualmente dagli angeli cattivi. In  Eglogae propheticae  afferma che  gli angeli trasgressori hanno insegnato agli uomini l'astronomia,la divinazione e le altre arti.

S.Agostino- I silvani, i fauni, i satiri sono angeli che appaiono in forme corporee.

Nel secolo XIII abbiamo la sistemazione della scienza teologica, dando larga parte alla ragione non solo per l'inquadratura dei dati scritturistici, ma soprattutto per lo sviluppo logico delle stesse dottrine rivelate, come pure i teologi giustificano (o penetrano) con argomenti di ragione quanto viene proposto dalla rivelazione soprannaturale. Gli stessi apporti provenienti dalla Tradizione sono armonicamente inseriti nel quadro generale dello sviluppo teologico dei singoli argomenti trattati.

Dopo i grandi teologi dei secoli XIII-XIV, gli studiosi posteriori si sono messi ordinariamente alla -scuola di S. Tommaso o di Duns Scoto.

S. Tommaso dice più probabile e più conforme alle parole dei santi che il diavolo abbia peccato subito dopo il primo istante della sua creazione. Questo suppone che sia stato creato in grazia e che se avesse fatto un atto meritorio, avrebbe acquistato la beatitudine, se non vi avesse posto subito ostacolo col suo peccato. Qualora, invece, si pensi che l'angelo non sia stato creato in grazia, o che egli non ha potuto fare nel primo istante di esistenza un atto del tutto libero, niente impedisce di ammettere qualche intervallo tra la creazione e la caduta (I, q. 63, a. 6).

Nel Commento alle Sentenze, S. Tommaso riconosce che è difficile sapere come gli angeli abbiano potuto peccare, perché non si comprende come abbiano potuto ingannarsi nella scelta della loro sorte (In Abr. Sent., lib. II, d. 5, q. 1, a. i). Un passo avanti fa S. Tommaso nella Somma teologica (I, q. 63, a. 1) dove dice che l'angelo, come ogni creatura ragionevole, può peccare in ragione della sua natura.Quanto al peccato specifico del diavolo, questo fu un peccato di orgoglio, rifiutando di sottomettersi al suo superiore. L'invidia ha potuto seguire l'orgoglio: ed essa sia contro Dio stesso, perché Dio trae la sua gloria dalla sua eccellenza propria, sia contro l'uomo (a. 2).

L'orgoglio dei diavolo non ha potuto spingerlo a volersi uguagliare a Dio, essendo impossibile una tale uguaglianza. Ma anche se fosse stata possibile una tale uguaglianza, l'angelo non poteva desiderarla, perché nessuna creatura può desiderare di elevarsi a una natura superiore.

Quanto alla rassomiglianza con Dio, il peccato consiste nell'averla desiderata per virtù propria e non per virtù di Dio; e quindi di giungere da se stesso alla beatitudine naturale, non volendo la beatitudine soprannaturale, che gli sarebbe stata data per grazia di Dio; oppure volendo ottenere questa beatitudine soprannaturale dalla sua propria virtù (I, q. 63, a. 3. Cf. In Sent., lib. II, d. 5, q. 1, a. 2-3-).E probabile che Lucifero sia stato il primo degli angeli, anche perché, per cedere all'orgoglio, bisogna essere superiori agli altri (d. 16, q. 1, a. 1).

Gli altri angeli sono caduti per una colpa simile. E per tutti S. Tommaso dimostra la possiblità del peccato (cf. Contra Gent., III, cc. 108-110). Per essi, poi, Lucifero non fu causa di caduta, ma inducendoli per una certa esortazione. Tuttavia essi hanno peccato nello stesso tempo e istante di Lucifero; e, pur peccando per orgoglio, hanno accettato Lucifero per loro capo, al fin di ottenere, come lui, la beatitudine suprema con la loro virtù naturale (I, q. 63, a. 8; In Sent., lib. II, d. 6, q. 1, a. 2).

Il numero degli angeli caduti, secondo S. Tommaso, è stato minore di quelli rimasti fedeli, perché il peccato è contrario all'inclinazione naturale. Ora ciò che è contrario alla natura si verifica in minor numero di persone, perché la natura ottiene il suo effetto o sempre o nel maggior numero dei casi (I, q. 63, a. 9). In ragione della loro colpa spetta ai demoni l'inferno.

Siccome Dio vuole servirsi di alcuni di loro per provare gli uomini, questi demoni fino al giudizio universale si trovano nell'aria tenebrosa, mentre gli altri sono regolarmente all'inferno, pur essendo tutti puniti secondo la colpa. Quanto al modo come soffrono, S. Tommaso nel Commento alle Sentenze (Il, d. 6, q. 1, a. 3) pensava che sui demoni dimoranti nell'aria il fuoco agisse a distanza; invece nella Somma teologica, pur continuando a negare il contatto immediato del fuoco, propende a dire che la loro pena non è diminuita, perché essi sanno che è loro dovuta pur non essendo legati al fuoco.

Le questioni sui demoni si moltiplicano. Così S. Tommaso si domanda se i demoni, vinti dagli uomini, continuano a tentare altri uomini o discendono immediatamente nell'inferno. Dopo aver riferito tre opinioni diverse, il Santo non osa decidere in materia, perché né la ragione né la rivelazione danno modo di risolvere (d. IV, q. 1, a. 5).

Fra i demoni vi deve essere un certo ordine, perché questo è conforme alla loro natura, alla saggezza divina che li adopera per provare gli uomini, e alla loro malizia che li fa raggruppare (ivi, a. 4). Dopo la caduta, i demoni hanno conservato la loro conoscenza naturale, mentre è stata diminuita la loro conoscenza speculativa e soprannaturale dei segreti divini; è stata poi totalmente tolta la conoscenza pratica soprannaturale, che li avrebbe portati all'amore di Dio.

La loro volontà è ostinata nel male. Soffrono d'invidia in quanto vorrebbero veder dannati gli eletti; sono privati della beatitudine che essi naturalmente desiderano; molti non fanno tutto il male che vorrebbero (In IVSent., lib. Il, d. 7, q. 1, a. 2; q. 2, a. 1; Summ. theol., 1, q. 64, a. 1-3).Anche quando hanno preso un corpo, i demoni non possono generare. Qualora un demonio generasse adoperando il seme di un uomo, non genererebbe che un uomo (In IVSent., lib. Il, d. 8, q. 2).

Giovanni Duns Scoto (1274-1308). - Tratta dei demoni specialmente nel Commento alle Sentenze (lib. 11, d. IV-VII: Opere, Parigi 1893, t. XII, pp. 294-372) e nei suoi Reportata (lib. Il, d. IV, VI, VII, a. 1904, t. MI, pp. 601-625).

Egli ammette la possibilità assoluta, per i demoni, di essere stati peccatori e puniti fin dal primo istante della creazione, perché ogni volontà può agire male dal primo istante. Ma in effetto egli ammette un notevole intervallo fra la loro creazione e la caduta. Lascia sospesa la questione se siano stati creati in grazia o no.

Ammette che i demoni abbiano commesso più peccati di specie diverse prima di essere ostinati nel male.

Quanto all'oggetto del peccato, Scoto pensa che Lucifero ha potuto desiderare di uguagliare Dio, con un semplice desiderio di concupiscenza e col desiderio proporzionato alla sua possibilità.

Si trattava effettivamente di una velleità.
Scoto dice che il primo peccato di Lucifero non fu di orgoglio, ma ha desiderato il suo vantaggio, la sua beatitudine d'una maniera disordinata, spingendo l'amore di sé fino all'odio di Dio.

Quindi, non è stato peccato d'orgoglio, come se avesse desiderato la propria eccellenza, ma peccato di diletto, e in questo si riferisce piuttosto alla lussuria.

Egli ha fatto più peccati successivi, di cui avrebbe potuto pentirsi: ha cominciato con l'amore eccessivo di sé e ha terminato con l'odio di Dio, perché resisteva ai suoi desideri. Solo con quest'ultimo peccato si è mostrata la sua ostinazione nel male.

Per legge ordinaria Dio non può dare ai demoni la grazia del pentimento, e così il diavolo è divenuto impenitente. Contro l'opinione di S. Tommaso e di Enfico di Gand, Scoto sostiene che il diavolo potrebbe fare qualche atto buono, benché per malizia, di fatto, probabilmente non ne compia alcuno. Però, secondo Scoto, la sua volontà non vuole necessariamente il male, benché egli non possa fare un atto interamente buono moralmente.Non può cessare completamente dall'agire; la sua pena, anche accidentale, non cresce in intensità, per i nuovi demeriti.

Sant'Ireneo, vescovo di Lione, vissuto tra il 140 e il 202, campione nella polemica contro gli gnostici che volevano il mondo generato da un creatore malvagio, è stato il primo teologo cristiano a sviluppare una teologia del peccato originale. Dio ha creato Adamo ed Eva e li ha posti nel Paradiso perché vivessero felici. Ma Satana, conoscendo la Ioro debolezza, è entrato nel giardino e, «assumendo le sembianze del serpente», li ha tentati. E' la prima metamorfosi della "Bestia", alla quale faranno seguito molte altre.

La demonologia dei santi cristiani  J. Bodin, nella sua opera Démonomanie des sorciers, ha tracciato alcune metamorfosi della "Bestia" secondo i santi cristiani . A Rodolfo il Glabro, la "Bestia" sarebbe apparsa come un piccolo mostro umanoide «con una enorme bocca, barba caprina, orecchie a punta, denti da cane». Il riferimento alla bocca pare significare l'ingordigia insaziabile...  

Così, un monaco di Chiaravalle descrive i diavoli come esseri giganteschi, agili come serpenti, feroci come leoni, con collo sottile, gobba e braccia magre e lunghissime. Riemerge qui la simbologia propria del serpente, ma unita ad altre caratteristiche che lo rendono maggiormente pericoloso per la fulmineità dell'attacco e la potenza. Sorpresa e imprevedibilità del serpente, velocità e violenza del leone sommati all'immagine di giganti producono un effetto scioccante sicuro.

E' probabile che i famosi quadri di J. Bosch siano ispirati a tali descrizioni. In fondo, tutto concorre a creare un certo deterrente per i cristiani, affinché mantengano costante la loro vigilanza.C'è chi, non senza ragione, ha osservato davanti a tante descrizioni che la fantasia dei santi è quanto mai tortuosa e quasi morbosa. Non v'è dubbio però che la «Bestia" ha saputo mostrarsi o essere descritta «pedagogicamente", in modo da ottenere l'effetto desiderato. 

Santa Brigida di Svezia, grande mistica contemporanea a Caterina da Siena (secolo XIV), per esempio, vide la «Bestia" in figura di un mantice, munito di una lunga canna, braccia come serpenti, gambe da torchio e piedi a uncino. » E'  difficile capire il simbolo del mantice e del torchio, a meno che non lo si riferisca alle torture allora in uso. I piedi a uncino potrebbero anch'essi significare strumenti di tortura o metodiche per trarre in inganno, quasi un fare lo sgambetto!

Caterina da Siena, dal canto suo, descrive un demonio intelligente, astuto, che chiama "Malatasca", cor chiaro riferimento al potere economico. Un demonio capace di abbagliare e di plagiare nei modi più subdoli. E anche se Caterina non descrive particolari visioni, tuttavia, quando nella lettera 304 scrive: «Nessuna battaglia o immaginazione, sia pur laida quanto si vuole, è peccato, se non quando noi acconsentiamo volontariamente, dilettandoci dentro», lascia intuire che la "Bestia" abbia altri riflessi significativi delle variegate metamorfosi della «Bestia», in funzione "pedagogica" e "parenetica" sono state mediate dall'arte visiva del Medioevo e del Rinascimento, dall'arte fiamminga in particolare. Basti pensare a Hieronimus Bosch e a Pieter Bruegel.

Occorre dire però che, già prima dell'arte fiamminga del XV e XVI secolo, il diavolo aveva fatto la sua apparizione nell'arte cristiana intorno al VI secolo d.C. Una delle più antiche figurazioni del diavolo si trova, ad esempio, in un affresco della chiesa egiziana di Bawit (VI secolo).

Altre, dello stesso periodo, si trovano in alcune miniature della Bibbia di san Gregorio Nazianzeno, conservata nella Biblioteca nazionale di Parigi. Ciò che è caratteristico, in queste rappresentazioni, è l'aspetto di satana, travestito da angelo di luce.

Soltanto dal XII secolo in poi, fino alla fine del Medioevo e oltre, fino alla metà del XVI secolo, l'immagine demoniaca subisce una trasformazione radicale. Satana viene cioè rappresentato sotto forme orripilanti. Probabilmente, il nuovo vento ottimistico e vitalistico che soffia sui Comuni e l'espansionismo del nuovo , dei piaceri e di scoperte, ha spinto la Chiesa, e gli artisti con essa, a scuoterli e, quasi a scioccarli, i fedeli e la borghesia emergente .

Al di là, comunque, dello scopo della Chiesa attraverso l'arte, sono gli artisti stessi a decidere, anche per questioni di committenza, di farsi sedurre dalle forme dell'orribile.

Facendosi forse suggestionare dai predicatori itineranti (particolarmente dagli Ordini mendicanti ), che prediligevano toni apocalittici , essi ci hanno lasciato opere d'arte sul demonio che risultano veramente impressionanti. Basti pensare ai capitelli delle cattedrali di Autun, Moissac, Beaulieu e Vézelay in Borgogna (del 1150).


Ma veniamo all'arte fiamminga. Ciò che è caratteristico, quanto alla sua rappresentazione del demoniaco, è che essa si esprime sottolineando il non essere dell'aggressione e dello stravolgimento. La tentazione è, cioè, rappresentata come abissale senso della solitudine che, per essere superata, richìede una forte partecipazione alla vita di Dio.

E quand'anche il satanico è rappresentato nei modi più fantasiosi, tuttavia non si pretende di definirlo, perché Lucifero è maestro in trasformazioni e in metamorfosi. Il senso di orribile e di indefinito presente nell'arte fiamminga deve essere letto in questa reazione. Nell'arte fiamminga il demone viene spesso raffigurato come una bestia che atterra la vittima con un impeto di toro accecato, con l'unico scopo di smembrare e distruggere. Uno scultore tedesco della fine del '400, dal monogramma H.L., ha rappresentato questa lotta in modo plastico. 

Satana lotta con l'angelo che regge la bilancia delle anime, avviluppandolo con una orrenda proboscide elefantina, mentre tenta di far cadere o pendere la bilancia dalla sua parte; i suoi muscoli sono tesi nello spasimo della lotta ma egli finisce per essere sconfitto e così ricade nella sua terribile solitudine.

Così l'innocenza dell'angelo sconfigge la malizia violenta dei diavolo, che viene come spaccato in due.
Alcuni artisti fi Lucas van Leyden e Nikolaus Manuel Deutsch, in particolare - hanno voluto rappresentare il demonio con sembianze femminili, con sgargianti e sfarzosi vestiti, per significare la vanità, che nasconde l'inconsistenza, il vuoto di ciò che appare. In molte di queste opere, in modo emblematíco, la donna-demone ha una specie di calice vuoto in mano: offre il nulla, la sola offerta che la «Bestia», ché tale rimane, può distribuire. 
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Nel canone cristiano troviamo quindi -come eventi , fatti , - la caduta sulla terra , dimora degli uomini e del popolo di Dio, di alcuni angeli lussuriosi, generatori -con le donne- dei giganti di Palestina e la ribellione del figlio dell'alba-fosforo-lucifero , l'arcangelo montato in superbia che voleva essere come Dio, insieme con le sue schiere.

Giudicati da Dio colpevoli e relegati nel Tartaro , in attesa del Giorno del Giudizio finale e definitivo in cui il verdetto divino e la punizione diventeranno eterni, essi costituiscono un monito per i cristiani a non cadere negli stessi peccati degli angeli.

La scrittura cristiana non contiene una dottrina sulla origine e natura dei demòni : essa accoglie le immagini e congetture degli apocrifi giudaici ( in quanto fondate sulla scrittura : Gn 6, Is. ed Ez. citati ) per esortare i cristiani a non peccare . Secondo l'esegesi corrente l'intento dei testi è chiaramente parenetico. "



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