Piccolo Corso Biblico

Storia della salvezza.

Gesù in Palestina.


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Dalla occupazione romana alla prima rivolta giudaica (4 a.C-66 d.C.) VIDEO : Storia delle dominazioni della Palestina

Alla morte di Erode il Grande, secondo il suo testamento, il suo regno fu diviso tra i tre figli superstiti.

p1-Archelao ereditò la Giudea e il titolo regale, ma il suo carattere duro e dispotico (cfr. Mt 2,22) provocò ben presto l'intervento di Roma, che lo esiliò in Gallia nel 6 d.C, riducendo la Giudea a una parte della provincia romana di Siria, sotto l'amministra zione di un procuratore con sede a Cesarea Marittima.

Al sommo sacerdote venne lasciato il potere religioso e un minimo di potere civile, ma i procuratori romani non mancarono mai di far sentire tutto il peso dell'occupazione, preoccupati soprattutto dell'ordine pubblico e della riscossione dei tributi.

Di tutti i procuratori, il più noto al lettore del Nuovo Testamento è Ponzio Pilato (26-36 d.C): una lapide rinvenuta a Cesarea, ora al Museo d'Israele a Gerusalemme, ne attesta l'esistenza e la carica: «(PO)NTIUS PlLATUS (PRAEF)ECTUS IUD(EA)E» (Ponzio Pilato prefetto di Giudea).

Filone di Alessandria lo descrive come un personaggio venale, violento, autore di innumerevoli brutalità, omicidi arbitrari e crudeltà abominevoli. Spesso in contrasto con i Giudei provocò almeno in due occasioni veri massacri (v. Le 13,1).

Duro e spietato, Ponzio Pilato non è il piccolo burocrate debole e incline al compromesso che il lettore dei Vangeli può avere in mente. Al contrario, la morte di uno sconosciuto galileo, Gesù di Nazaret, non doveva essere per lui che una questione di secondaria importanza, una pedina da giocare nel quadro dei suoi rapporti con le autorità giudaiche.

2-Il secondo figlio di Erode, Filippo (4 a.C-34 d.C.) ricevette la regione a nord-est del lago di Tiberiade: egli fu senz'altro il migliore dei suoi fratelli, benché di tendenze apertamente filoellenistiche e filoromane. La sua capitale, Betsaida Iulia, e la città di Cesarea di Filippo, a nord del lago, sono ricordate nei Vangeli.

3-Il terzo figlio di Erode, Erode Antipa (4 a.C-39 d.C), divenne invece tetrarca della Galilea, ove costruì, sulle rive del lago, la sua capitale, Tiberiade, in onore dell'imperatore Tiberio del quale si mostrava fedele vassallo. Si tratta dell'Erode sotto la cui giurisdizione si trovava anche Gesù (Le 23, 6-12 ce lo mostra in visita a Gerusalemme per la Pasqua); egli ereditò il carattere del padre, indolente, amante del lusso ma anche violento e tirannico (v. Le 13,32).

Fu il responsabile della morte di Giovanni il Battista che lo accusava di aver sposato la moglie del fratellastro Erode Filippo. Antipa finirà esiliato dall'imperatore Caligola, a Lione, nel 39 d.C. Alla morte di Filippo, pochi anni prima, lo stesso Caligola aveva nominato al suo posto un nipote di Erode il Grande, Erode Agrippa I, il quale, dopo l'esilio di Erode Antipa, ricevette anche la Galilea e, nel 41 d.C, la Giudea, così da ricostituire il regno di Erode il Grande. Sarà l'ultima volta, se si eccettuano le due ribellioni che seguiranno, che Israele si troverà riunito e indipendente.

Erode Agrippa ci viene presentato come vicino ai farisei e amico del giudaismo, anche se non faceva mistero delle sue simpatie per l'ellenismo; in questo caso si mostrava degno figlio di suo padre. Fu l'Erode che fece uccidere, nel 44 d.C, l'apostolo Giacomo il minore (At 12,1-2).

Alla morte di Erode Agrippa la Giudea tornò nuovamente a essere provincia romana: il solo territorio di Filippo venne concesso al figlio Erode Agrippa II (ricordato in At 25,23ss.).

I vari procuratori romani ripresero la loro opera di repressione e rapacità, mentre per la gente l'oppressione romana si faceva sempre più intollerabile. Ricordiamo soltanto Marco Antonio Felice (52-60 d.C.) sotto il quale avvenne il processo di Paolo (At 24,24-26) e il suo successore, Porcio Festo (60-62), sotto il quale Paolo fu inviato a Roma (At 24,27-32).


Il sinedrio
Il sinedrio era il senato o consiglio degli anziani del popolo ebraico. Era costituito da 70 membri e presieduto dal sommo sacerdote, capo spirituale della nazione giudaica. I componenti del sinedrio appartenevano a tre gruppi:

  • l'aristocrazia sacerdotale
  • l'aristocrazia laica
  • gli scribi o dottori della Legge.

Il sinedrio era la massima autorità religiosa, civile e giudiziaria ebraica: il guardiano e il difensore della Legge e della tradizione. Aveva una sua forza armata e di polizia. Poteva incarcerare, infliggere pene corporali e ammende ed escludere dalla comunità israelitica. Non poteva pronunciare condanne a morte. Infatti solo il prefetto romano aveva lo ius gladii. Sia in Palestina che nella Diaspora esistevano altri sinedri locali che si conformavano alla giurisprudenza del sinedrio di Gerusalemme.

Al tempo della dinastia asmonea le cariche di sommo sacerdote e di re erano riunite in un'unica persona che assommava quindi il potere politico e religioso. Il re Erode non poteva diventare sommo sacerdote, non essendo di origine ebraica, e pertanto fu costretto a nominare il sommo sacerdote tra le famiglie di antica discendenza.

Quando alla dinastia erodiana successero i romani, questi decisero di continuare a nominare il sommo sacerdote all'interno di un piccolo numero di famiglie aristocratiche. La nomina spettava al prefetto romano. Dal 6 al 15 d.C. fu sommo sacerdote Anna o Anania. I romani tesero a rafforzare il potere del sinedrio, che assicurava l'amministrazione autonoma della Palestina.

All'arrivo del prefetto Valerio Grato (15 d.C.) Anna venne deposto. Furono nominati sommi sacerdoti in rapida successione Ismaele, Eleazaro, figlio di Anna, Simone , etc. Nel 18 d.C. venne nominato sommo sacerdote Giuseppe, figlio di Caifa, più noto come Caifa, che aveva sposato la figlia di Anna. Rimarrà in carica fino al 36 d.C., ossia fino al richiamo di Ponzio Pilato a Roma.

I pubblicani Al tempo della dominazione romana il prefetto aveva il compito di organizzare le operazioni di riscossione delle imposte dovute al fisco romano in quanto la regione nel suo complesso era tenuta al pagamento di un tributo.

A tale scopo, appena il territorio venne trasformato in provincia romana si provvide ad effettuare un censimento di tutta la popolazione . Tale censimento venne fatto nel 6 d.C. dal governatore della Siria Publio Sulpicio Quirinio in collaborazione con il prefetto Coponio.

Le imposte potevano essere personali, fondiarie o di reddito. Inoltre c'erano da riscuotere anche altre entrate dovute a diritti doganali, di mercato, di affitto, di esercizio, ecc.Per la riscossione l'amministrazione romana si avvaleva di appaltatori, che garantivano al fisco determinate entrate e poi si rifacevano sulla popolazione. Questi appaltatori erano chiamati pubblicani, ed ovviamente erano odiati dalla popolazione. Gli appaltatori avevano alle loro dipendenze gli esattori.


Le due rivolte giudaiche
Il comportamento del procuratore Gessio Floro (64-66 d.C.) fu talmente duro e provocatorio che, nel maggio del 66 d.C, una delle tante sommosse popolari si trasformò ben presto in una vera guerra di liberazione contro i Romani.

Il partito zelota, animatore della rivolta, prese subito il sopravvento sull'ala pacifista, rappresentata dai farisei e dai sacerdoti. I Romani, colti di sorpresa, furono sopraffatti in quasi tutto il paese. Tuttavia gli zeloti, divisi al loro interno, non riuscirono a sfruttare questi successi iniziali: in tal modo, appena l'anno dopo, le legioni romane, al comando di Vespasiano, poterono riconquistare le posizioni perdute.

Quando Vespasiano, nel 69 d.C, fu eletto imperatore, il figlio Tito prese il comando dell'esercito e, nella primavera del 70 d.C, pose l'assedio a Gerusalemme. La città, colma di pellegrini giunti per la Pasqua e là rimasti intrappolati, fu ben presto ridotta alla fame. Flavio Giuseppe è testimone di una serie di atrocità avvenute durante l'assedio, ricordato anche nei Vangeli


Lc 21,20 20 Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. 21 Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; 22 saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia. 23 Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24 Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti. 25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Lc 19, 43 Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; 44 abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata»

Nel mese di luglio Tito riuscì a entrare nella città, che fu saccheggiata e incendiata mentre la popolazione fu in parte massacrata, in parte ridotta in schiavitù. Le monete romane dell'epoca portano l'iscrizione «Iudea capta», la Giudea catturata.

Nel 74 cadrà l'ultimo baluardo di resistenza, la fortezza di Masada, dove più di 900 sicari, uomini, donne e bambini, preferiranno uccidersi piuttosto che cadere in mano ai Romani, dopo due anni e mezzo di assedio.

Di fronte a questa catastrofe, ancora una volta il giudaismo non scompare: i Romani lasciarono sussistere la fede giudaica come religio licita, nella speranza che potesse servire da elemento di aggregazione per le parti più moderate del popolo.

In questi anni nasce a Iamnia (Iabne) sulle sponde del Mediterraneo, una celebre scuola rabbinica dalla quale il giudaismo prenderà nuova vita, trovando nello studio e nella pratica della legge il suo centro, una volta perduto il tempio.

Gli avvenimenti del 70 segnano una svolta anche per i cristiani, costretti ad abbandonare Gerusalemme; è così sancita la separazione con il giudaismo, anche se comunità di giudeo-cristiani continueranno a sussistere ancora per qualche tempo.

L'ostilità dei Giudei nei confronti dei Romani non era tuttavia cessata e l'occasione per una nuova rivolta giunse intorno al 130 d.C, quando l'imperatore Adriano decise di trasformare Gerusalemme in una città romana, dedicata a Giove Capitolino.

Capo carismatico della nuova rivolta, scoppiata due anni più tardi, fu un certo Simone, uno zelota che i rabbini chiamarono Bar Kokhba, in aramaico «figlio della stella» (cfr. Nm 24,17), personaggio da molti realmente considerato il Messia. Anche in questo caso, dopo iniziali e travolgenti successi, che trascinarono dietro a Simone tutto Israele, la rivolta fu stroncata nel sangue, con estrema durezza, dalle legioni romane.


Gerusalemme fu trasformata definitivamente in colonia romana con il nome di Aelia Capitolina e ne fu proibito l'accesso agli Ebrei, che si trovarono così stranieri nella loro patria.

Il giudaismo tuttavia continuerà a svilupparsi sopravvivendo anche a questa nuova catastrofe e stringendosi sempre più alla legge e alla fede in JHWH.





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