Piccolo Corso Biblico

Storia della salvezza.

Gesù, la religione e la fede


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Dalla religione alla fede in GesùTratto da Le beatitudini di Alberto Maggi- www.studibiblici.it . Trascrizione non verificta dall'autore.

" Gli evangelisti per presentare il messaggio di Gesù hanno adoperato la parola “vangelo” che significa “buona notizia”. E qual è questa buona notizia che si è dilagata in una maniera che non c’era modo di frenare?



Gesù rivela che Dio non è come la religione lo ha presentato e come la casta sacerdotale lo ha imposto. Dio è completamente diverso. La casta sacerdotale aveva presentato un Dio despota; un Dio che emana delle leggi alle quali chiede osservanza, obbedienza; un Dio che chiede di essere servito, che chiede sacrifici ma soprattutto un Dio pronto a minacciare e castigare con pene tremende quanti trasgrediscono i suoi comandi. Questa maniera di presentare Dio era uno strumento in mano alla religione per dominare le persone: fintanto che uno domina in nome di un uomo, ad un uomo ci si può ribellare ma quando si fa credere che se disobbedendo non disobbedisci a lui ma a Dio, la risposta di Dio sarà tremenda.

La religione ha manipolato, usato Dio per sfruttare e manipolare le persone. Poi, all’improvviso, appare Gesù e con Lui tutto cambia!

Gesù, nel Vangelo di Giovanni viene presentato con una forma sconvolgente per quell’epoca. L’evangelista scrive “Dio nessuno lo ha mai visto”. Come fa Giovanni ad usare un’espressione del genere, ad essere così categorico ?. “Nessuno lo ha mai visto”? Mosè, allora? Ed Elia? I personaggi di quello che noi chiamiamo Antico Testamento hanno visto Dio, sono entrati in contatto con Lui. Giovanni non è d’accordo: sono state tutte esperienze parziali, limitate.

L’evangelista aggiunge: “solo il Figlio unigenito ne è la rivelazione”. Giovanni chiede ai lettori di sospendere per un momento tutto quello che si sa su Dio per centrare tutta l’attenzione su Gesù, sulla sua vita, sul suo insegnamento. Se quanto vedono nelle opere di Gesù, nel suo messaggio, coincide con l’immagine che hanno di Dio, quell' immagine va mantenuta, ma se quello che vedono se ne distanzia o peggio o la contraddice, quell’immagine che hanno di Dio, va eliminata.

Gli evangelisti sono d’accordo nel presentare Gesù come unica e piena rivelazione di Dio e ci fanno capire che “ Gesù non è come Dio” ma “Dio è come Gesù”. E’ importante questa definizione prima di iniziare ogni esame dei brani evangelici. Se noi diciamo che Gesù è uguale a Dio significa che di Dio abbiamo un’immagine. Ebbene no: non Gesù è uguale a Dio ma Dio è uguale a Gesù. Questa è anche la risposta che Gesù darà a Filippo quando questi gli chiederà “mostraci il Padre e ci basta” . Gesù risponderà: “chi ha visto me, ha visto il Padre”.

Quindi è soltanto dalla conoscenza di Gesù che si comprende e si sperimenta chi è Dio.

Quello che emerge dai vangeli è un Dio talmente diverso dalla religione che saranno proprio i capi religiosi i massimi avversari di questo Dio e non esiteranno a sbarazzarsene, ad eliminarlo perché in contraddizione con l’immagine del Dio che loro hanno presentato. E Gesù per essere fedele all’immagine del Padre non ha esitato ad affrontare la morte.

Qual è allora l’immagine che Gesù ci presenta?

Per la prima volta nella storia delle religioni Gesù ci presenta un Dio che non chiede - come in tutte le altre religioni, quella giudaica compresa - che gli uomini siano al suo servizio (nella religione l’uomo è il servo del Signore e questo servizio si esprime nel portare doni al Signore) ma un Dio che è a servizio degli uomini. Questo non era mai successo! Non era mai stato rivelato!

Dio non chiede agli uomini di innalzarsi per raggiungerlo ma è Lui che si abbassa per raggiungerli e mettersi al loro servizio.

Nella religione si insegna che l’uomo deve purificarsi per poter accogliere il Signore. Ma tante persone, per la loro situazione, per la loro condotta, per la loro condizione di vita religiosa, morale, sessuale vengono considerate dalla religione in uno stato di peccato, di colpa, che non permette loro di avvicinarsi al Signore. Chi può purificare? Il Signore ! Ma siccome siete in uno stato di impurità (permanente n.d.r.), non potete avvicinarvi a Lui [ per farvi purificare : erano i lebbrosi, i pastori ,le prostitute,i non-ebrei, etc n.d.r. ] Gesù cambia tutto questo.

Con Gesù non è vero che l’uomo deve purificarsi per avvicinarsi a lui, per poterlo accogliere. E’ accogliere il Signore che rende puro l’uomo. Gesù presenta l’amore di Dio concesso non per i meriti degli uomini ma per i loro bisogni.

Nella religione l’amore di Dio bisogna meritarlo attraverso i propri sforzi. Con Gesù l’amore di Dio non va meritato ma accolto. Dio non si concede come un premio ma come un regalo. (Se io adesso do un premio a qualcuno di voi significa che questi ha fatto qualche azione per meritarselo. Se io invece do un regalo, questo non dipende da chi lo riceve ma da me che lo dono. Ed è così per l’amore di Dio) Dio non esclude nessuno dall’azione del suo amore. Dio continuamente perdona, egli non assorbe le energie dell’uomo ma le potenzia.

Dio non è distante dagli uomini, relegato in qualche tempio. È un Dio che chiede di essere accolto dall’individuo per fondersi con lui, per essere una cosa sola con lui. Questa è la buona notizia di Gesù!

Gesù ha sovvertito il quadro religioso dell’epoca e quindi ha avuto tutti contro: non soltanto i capi religiosi, la casta sacerdotale, i teologi ma anche la sua famiglia e i discepoli che non l’hanno compreso. Nonostante ciò Gesù è andato avanti e ha portato fedelmente questa notizia.

La buona notizia cade dal cielo ma perché diventi realtà ha bisogno della collaborazione degli uomini.

Ecco perché la prima rivelazione che Gesù fa è un imperativo: “convertitevi perché è vicino il regno dei cieli”. Affinché il regno dei cieli si avvicini Gesù chiede la conversione. Il termine “conversione” nella lingua greca si esprime in due maniere: uno è il “ritornare a Dio” inteso come ritorno alla religione, alle pratiche. Ebbene gli evangelisti evitano accuratamente questa definizione e usano un termine che indica un “cambio di mente” ( methanoia n.d.r.) che incide nella vita pratica.

Con Gesù non c’è più da tornare a Dio perché Gesù è Dio ma c’è da accoglierlo e con Lui e come Lui andare verso gli altri. Se prima di Gesù le persone vivevano “per” Dio, con Gesù le persone vivono “di” Dio. Questa è la conversione. Questo permette che il Regno dei cieli sia "vicino" .

Ma quand’è che il Regno diventa immediata realtà? Lo diventa con le beatitudini ( Mt 5-6-7) . "

Gesù è il Messia atteso. (?) ( di MAURIZIO MARCHESELLI -INTRODUZIONE AL NUOVO TESTAMENTO -Bibbia Piemme )

" Il panorama salvifico e messianico-escatologico dell'Antico Testamento si presenta in modo variegato e ambiguo. Un dato certo è che Dio dirige e governa la storia.

Nel passato è intervenuto nelle vicende d'Israele
- liberandolo attraverso la mediazione dei suoi «servi»: Mosè, Giosuè, i capi carismatici.
- All'epoca monarchica l'ha governato attarverso gli unti, i re davidici.
- Dal postesilio in poi Israele ha conosciuto una dominazione quasi ininterrotta di potenze straniere. In questo periodo gli antichi oracoli inneggianti ai vari re davidici sono stati sempre più riletti come descrizione di un messia davidico ed escatologico.

La terminologia esageratamente iperbolica di alcuni di quegli oracoli: «Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, principe della Pace» (Is 9,5) la si comprende come più adatta al messia escatologico che agli scialbi messia storici. Ma di fianco a un messia escatologico compaiono in qualità di comprimari il Profeta escatologico, il servo di JHWH, l'apocalittico Figlio dell'UOMO di Daniele.

Solo qualche rilettura posteriore (il targum ) ha tentato un accostamento di una figura all'altra. In realtà, pur avendo degli elementi in comune, come il potere che in un modo o nell'altro avranno sul popolo o sulle moltitudini, essi restano delle realtà differenziate e distinte tra loro.

L'AT chiudeva i libri canonici con l'attesa di una prossima rivelazione del «regno di Dio». Dalla rilettura recente dei testi antichi dei profeti si capiva che Dio avrebbe introdotto il suo regno nel mondo, per la piena liberazione d'Israele, attraverso un suo inviato, il Messia.Nel NT sarà Gesù ad allineare su questa attesa e annunziare con forza che: «Il tempo dell'attesa è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15).

La sua prima predicazione è tutta protesa a rendere credibile e accettabile l'annuncio del regno che apre il cuore della gente alla speranza. Quando Dio interviene nella storia è per liberare chi è schiavo (Esodo). In Gesù Dio libera dalla schiavitù delle forze demoniache (Mc 1,23-25), guarisce dalle malattie (Mc 1,32-34), fa avvertire la tenerezza della sua misericordia che va in cerca del peccatore lontano, lo perdona e lo rifa suo figlio nella gioia (Lc 15).

A questa gente rifatta nella vita, ai poveri che attendono di contare nella storia, Gesù dice che Dio è con loro, dalla loro parte, che il suo regno è loro e che essi ne sono i protagonisti (Le 4,18; 6,20).

Molta gente credette che in Gesù di Nazaret operasse la potenza stessa di Dio e cominciò a pensare che poteva ben essere lui il Messia atteso (Mc 1,27; 4,41; Gv 6,14); i discepoli che più gli stavano vicino glielo dissero eplicitamente (Mc 8,29). Fu a questo punto che Gesù operò una brusca sterzata. Egli era il Messia. Ma non per le attese rivendicative e politiche d'Israele. Lo era per un progetto di più ampio respiro, la riconciliazione dell'umanità tutta con Dio (Mc 10,45).

Le attese dell'AT venivano tutte assunte e nello stesso tempo superate da Gesù che si riconosceva Messia davidico, ma parlava di sé come del «Figlio dell'UOMO» che deve «molto soffrire... venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare» (Mc 8,31). Era come unificare nella sua persona e missione le tre figure dell'AT, integrandole tra loro. In qualità di Messia e Figlio dell'UOMO egli accettava d'immolarsi come il Servo di JHWH: in questo modo faceva venire il regno di Dio tra gli uomini e apriva il cammino verso la pienezza del possesso definitivo del regno di Dio. Tutto questo però era solo intravisto confusamente nelle parole di Gesù. Divenne reale e intelligibile con la sua morte e risurrezione a chi era ed è disposto ad aprirsi alla fede in lui.

Il Nuovo Testamento Chiesa e vangelo sono i due poli che, colti nelle loro reciproche connessioni e nel loro sviluppo storico, permettono di ricondurre a unità la massa così varia di testi che chiamiamo "Nuovo Testamento".

Le prime comunità cristiane costituiscono il luogo in cui i libri del NT hanno visto la luce. Dall'evento- Gesù nasce un'esperienza religiosa originale, che si struttura in una nuova forma di vita comunitaria.

I testi del NT sono l'espressione, la struttura portante, il punto di riferimento, la memoria di questa forma di vita collettiva nuova, che scaturisce da quella esperienza religiosa originale.

La raccolta finale delle Scritture (il canone) contiene esclusivamente testi funzionali alla vita ecclesiale: sono testi destinati a svolgere, a partire dalla loro composizione o almeno dallo stadio della loro utilizzazione, compiti precisi nella vita religiosa comunitaria.

Si può aggiungere un dato ulteriore: il rapporto tra la "funzione" di un testo e la "forma" che esso riveste è una legge fondamentale della sua composizione. Si badi bene che quanto affermiamo della letteratura neotestamentaria risulta essere vero per qualsiasi testo orale o scritto, veicolato all'interno della vita di una collettività: non il fenomeno è originale, ma la comunità all'interno del quale esso si colloca.

La collettività che costituisce l'humus del NT è la Chiesa.

La stessa scelta del nome che identifica questa nuova forma di vita religiosa comunitaria è espressiva del suo rapporto di continuità-discontinuità con il giudaismo. Nel giudaismo contemporaneo di lingua greca, Israele si definiva come popolo (greco : laos) di Dio e le assemblee avevano il nome di synagògè (nome passato poi al luogo in cui avveniva la riunione).

Di norma, nel NT l'assemblea cristiana è identificata come ekklèsia (cfr. 1 Ts 1,1; 1 Cor 1,2; 6,4; Gal 1,2; Mt 18,17; Ap 1,4), termine che nella Bibbia greca designava la convocazione santa di Israele in assemblea cultuale (cfr. la prima apparizione del termine nei LXX in Dt 4,10). L'utilizzazione di questo stesso termine per la riunione dei fedeli cristiani indica pertanto in essa l'assemblea convocata da Dio attorno al Cristo glorificato per l'ascolto della sua parola, la partecipazione alla sua salvezza, la celebrazione del suo memoriale, l'attesa del suo ritorno.

"Chiesa" è innanzitutto l'assemblea concreta di coloro che hanno abbracciato la fede. Certo essa non può venire ridotta al puro momento cultuale (si ricordi tuttavia che già la concezione del culto nel NT è una concezione sui generis non riducibile al livello rituale): si tratta di un'appartenenza che ricopre tutta la vita dei fedeli.

Tuttavia le riunioni "in chiesa" (per il senso con cui qui si utilizza qui tale espressione cfr. 1 Cor 11,18: «Quando voi convenite in chiesa/in assemblea») sono il luogo per eccellenza in cui la loro esistenza si manifesta socialmente. Nel contesto di queste riunioni della comunità cristiana «in chiesa/in assemblea», con un buon grado di probabilità, bisogna cercare l'ambiente vitale in cui ha preso forma o per il quale fu composta una parte notevole della prima letteratura cristiana.

Ma di fronte a queste considerazioni di sociologia religiosa nasce spontanea la domanda: qual era l'elemento proprio che caratterizzava la vita delle comunità cristiane? In cosa esse si distinguevano dai gruppi religiosi dell'ellenismo e dello stesso giudaismo (da cui peraltro avevano ricevuto le Scritture)?

Vangelo e vangeli

Agli occhi dei cristiani le parole e, in definitiva, la persona stessa di Gesù, costituivano una nuova parola di Dio, l'ultima. pronunciata alla fine dei tempi; è da qui che tutta la Scrittura e tutta la storia precedente prendevano il loro significato ultimo. Ora, la proclamazione di questa novità costituisce "il vangelo", oggetto della fede e centro della predicazione cristiana.

Per comprendere l'originalità della Chiesa, bisogna riferirsi innanzitutto a questo vangelo che ricopre a suo modo l'insieme delle attività e degli atti cultuali compiuti "in chiesa". Tale vangelo definisce la fede della Chiesa e ne enuncia il contenuto.

IL termine "vangelo" viene dall'AT dove esso indica essenzialmente un annuncio di vittoria (cfr. 2 Sam 18,20); i profeti lo utilizzarono per indicare il compimento delle promesse messianiche (cfr. Is 40,9; 52,7; 61,1). Gesù ha ripreso questo termine: sulla sua bocca esso segnala l'avverarsi in lui delle promesse profeti che èl'inaugurazione del Regno di Dio (cfr. Mc 1,14-15).

Evangelizzare è per Gesù dare la lieta notizia che la salvezza è giunta e che Dio ha realizzato le sue promesse: cfr. Lc 4,18-19. Dopo la morte di Gesù il vocabolo diventa usuale e tipico in Paolo per designare l'annuncio della morte e risurrezione di Gesù, principio di redenzione e di liberazione per ogni uomo. Per Paolo il vangelo non è ancora un libro: è la parola viva portata dagli apostoli e accompagnata da un'energia divina che ha la capacità di trasformare i cuori preparati a riceverla (cfr. 1 Ts 1,5).

L'annuncio riguarda l'avvento del Regno nella persona storica di Gesù di Nazaret e soprattutto la sua vittoria pasquale sul peccato e sulla morte. Sulla base di 1 Cor 15,1-8 è possibile ricavare le coordinate fondamentali di questo vangelo: il riferimento alla storia di Gesù di Nazaret («è morto e fu sepolto»); il riferimento all'attualità di Gesù come Cristo risorto («è risorto ed è apparso», ma egègerta: - il verbo indicante la risurrezione - andrebbe meglio tradotto con: «è stato costituito nella condizione di risorto»); il riferimento alle Scritture come libro della rivelazione e delle promesse divine («secondo le Scritture»). Così, l'insieme dell'economia della salvezza è virtualmente incluso in ogni annuncio del vangelo.

Ora tutta la letteratura cristiana si sviluppa a partire da questa base: i diversi libri che costituiscono infine il NT si rapportano in vari modi al vangelo e in questo si afferma la loro organicità (il vangelo è il principio d'omogeneità interna del NT) e la loro originalità (il vangelo è principio di diversificazione del NT rispetto a ogni altra letteratura).

Il concetto di vangelo è ciò che fa unità tra tutta la variegata letteratura che costituisce il NT, letteratura "funzionale" alla vita ecclesiale, che nel momento dell'assemblea e per il momento dell'assemblea ha presumibilmente visto la luce. A partire da Ireneo di Lione (seconda metà del n sec.) si parlerà ormai correntemente nella Chiesa di "vangelo" e di "Vangeli", per indicare sia l'annuncio orale, sia il messaggio scritto, sia i quattro testi evangelici.
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