Corso di Religione

RELIGIONI IN DIALOGO

CRISTIANESIMO E ISLAM
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I documenti del Magistero cattolico Concilio Vat II-Nostra Aetate 
N°16
...il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale.
N°3
La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce.
Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione.
Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati.
Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà.

Differenze fondamentali tra Cristianesimo ed Islam.di Alain Besancon [ storico cattolico , accademico di Francia ,docente di Scienze morali e politiche.]

1) Islam: unità-unicità di Dio.---Cattolicesimo: unità e trinità di Dio
" Dobbiamo richiamare alla memoria che l'affermazione dell'unicità di Dio e della sua unità è uno dei cardini della fede islamica e che la negazione della trinità, anche se probabilmente è stata fraintesa da Maometto, è chiara e chiaramente espressa nel Corano (Cor 4,17). 

Da questo punto di vista dunque il Corano intende essere proprio la correzione di ciò che i nasara (così sono chiamati i cristiani nel Corano) andavano dicendo e credendo di Dio e di Gesù Cristo. 


Come credenti in un Dio uno ma anche trino i cristiani vengono considerati mušrikun (cioè «associatori» o «politeisti») e, nella mentalità popolare attuale, sebbene il Corano li associ agli Ebrei chiamandoli ahl al-kitab («gente del libro») prevedendo uno statuto particolare protetto all'interno della comunità islamica in quanto non del tutto politeisti, talvolta i cristiani vengono considerati come kafiruna cioè come «reprobi» e «infedeli».

Non possiamo dimenticare da questo punto di vista la fatica con la quale la Chiesa primitiva è andata custodendo le verità essenziali non solo sull'unità di Dio, ma sulla piena divinità e umanità di Cristo e sulla divinità dello Spirito.  Essendo Dio in se stesso una comunione di persone che chiama alla comunione con sé, appare già la totale divergenza da una visione islamica di Dio che è anche già visione dell'uomo: non chiamato alla comunione con Dio nella figliolanza adottiva nella quale gridiamo «Abba», Padre (Rm 8,15), ma pensato per essergli 'abd («servo») o al massimo halífah («servitore califfale») che invoca Dio chiamandolo rabb «Signore»), rah-man («clemente») e rahím («misericordioso») ma sempre rabb «Signore»).

Tra i novantanove nomi di Dio che la tradizione islamica ha assunto o desunto dal Corano, è rigorosamente escluso il nome «Padre» (attributo incompatibile con il Dio coranico e negato dal Corano stesso)[che invece è la caratteristica precipua della preghiera insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli.

Dobbiamo notare inoltre come le Chiese arabofone abbiano in parte mantenuto i vocaboli coranici per esprimere la propria fede e per pregare Dio nella liturgia e (Alldh «Dio», Masíh «Cristo» o «Messia», Ruh «spirito») ma abbiano cercato anche di distanziarsi dai musulmani con un vocabolario proprio (Ab «Padre», talut «Trinità», rahum «misericordioso», ecc.).

Perciò tutta l'economia sacramentale dei misteri «santi e vivificanti» mostrano come la tradizione cristiana, e in particolare quella ortodossa e quella cattolica, abbia vissuto attraverso la pratica sacramentale e in particolare nella celebrazione dell'eucaristia il mistero di un Dio comunione-di-persone che invita l'uomo alla comunione con la vita divina.

2) Islam: inconoscibilità di Dio e verità  del Corano . Cattolicesimo: inconoscibilità e rivelazione di Dio in Gesù

Ribadendo che Dio è 'alim (sciente) e che tutto conosce in contrapposizione all'uomo, che la verità viene dal Signore (Cor. 2,148), il Corano suggerisce che Dio non può essere conosciuto e che e che ha voluto rivelare di sé ciò che ha voluto e ribadisce la gratuità della rivelazione che Dio ha fatto della propria volontà nel Corano. 

Di fronte alla rivelazione di Dio che si è attuata in modo particolare nella rivelazione dei suoi «libri», termine tremendamente ambiguo nel Corano, tra i quali la legge di Mosè e il Vangelo - che però nella forma attuale sono ritenuti falsificati -, l'unico messaggio sicuro di Dio rimane il Corano, le uniche parole e sicure sono quelle ispirate da Dio a Maometto e da lui dettate e fatte trascrivere, mentre come parte secondaria ma vincolante e autorevole rimane poi la tradizione, la sunnah del profeta.

Di fronte a queste posizioni il dato della inconoscibilità di Dio debba essere accolto e recuperato dalla nostra stessa tradizione che, in parte influenzata dalla mentalità illuministica, ha recentemente sopravvalutato la capacità della ragione umana e ha messo in secondo piano alcuni dati propri della stessa tradizione cristiana.

Che l'uomo sia in una condizione di distanza da Dio e che non sia per lui agevole conoscerlo in conseguenza del peccato originale viene affermato fin dalle prime pagine dell'Antico Testamento.  Egli si nasconde al sopraggiungere di Dio e viene da lui esiliato dal giardino dell'Eden (Gen 3).  Si ricorda inoltre che nessuno può vedere Dio e rimanere in vita (Es 33,20).  
Poiché l'uomo si trova in questa condizione nella quale rischia di esporre senza discernimento cose troppo superiori a se. stesso (cf.  Gb 42), Dio ha fatto conoscere la sua legge e i suoi decreti a Israele (Sal 147) chiedendo i sacrifici ma soprattutto l'ascolto e l'obbedienza alla sua parola quale sacrificio a lui maggiormente gradito (Gen 22), la conoscenza e l'amore di Dio dal valore più grande degli olocausti (Os 6,6). 

Oltre alla manifestazione della propria volontà Dio stesso, per mezzo dei profeti, ha promesso che l'umanità intera sarebbe stata ricolmata della conoscenza di Dio e che la legge esterna all'uomo sarebbe stata trascritta nel suo cuore: tu conoscerei il Signore (Os 2,22); la conoscenza di Dio riempirà il paese come le acque ricoprono il mare (Is 11,9).  Non dovranno più istituirsi gli uni gli altri dicendo: «Riconoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore (Ger 31,34).

Nel Nuovo Testamento si riprende il dato della inconoscibilità di Dio e la promessa della sua rivelazione per mostrare che ora è lui che, in Gesù Cristo, da lontano si è fatto vicino, da inconoscibile si è reso conoscibile: Chi intatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere?  Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo (1 Cor 2,16). 
Nessuno mai ha visto Dio.  Il figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui ce lo ha rivelato (Gv 1, 18).  Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre.   Come puoi dire: Mostraci il Padre? (Gv 14,9). 

Anzi di fronte all'uomo incapace di un'osservanza piena e totale della sua volontà manifestata nella Legge, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli   (Gal 4,4).

Solo se recuperiamo questi dati, quali l'inconoscibilità di Dio nella sua essenza, e se ci spogliamo di un'interpretazione illuministica ed esclusivamente razionale del «conoscere» biblico, possiamo vedere appieno la grandezza della rivelazione, cioè che Dio in Gesù Cristo si è voluto far conoscere. 

Ciò che gli uomini non potevano vedere rimanendo in vita ora invece lo possono contemplare e adorare: la Vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza (1 Gv 1,2).

La tradizione cristiana perciò ha sempre dovuto mantenere vivi questi due poli opposti, intersecantisi in Gesù Cristo: Dio inconoscibile in Gesù Cristo si è fatto conoscibile, l'Invisibile si è fatto visibile, Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere si è fatto uomo in Gesù, Dio è entrato nel tempo (un momento della storia) e nello spazio (in un luogo, in un popolo, in una cultura ... ) diventando così il centro del cosmo e della storia: Dio abbassò i cieli e discese (Sal 18, 1 0).


3) Islam: l'uomo deve mettere in pratica il Corano
Cattolicesimo: vita, conoscenza e amore nello Spirito divino di Gesù

Nella concezione islamica l'uomo «naturalmente» può riconoscere l'esistenza di Dio - e dal Corano stesso è invitato a questo -, ma in quanto creatura permane in una incapacità di conoscerlo: S

appi che la natura dell’uomo nella sua condizione originaria è stata creata vacua, ingenua, ignara dei mondi di Dio eccelso. L'uomo non è incorso in un peccato originale che abbia «offuscato» questa capacità.  In ogni modo la verità viene partecipata tramite la profezia, di cui quella di Maometto e del Corano è la prima e indubitabile. 

Gli sciiti poi credono nella prosecuzione del carisma profetico di Maometto nei suoi successori.  L'uso della razionalità umana nella tradizione islamica non è stata rifiutata ma, quando si tentò di indagare Dio, è stata ritenuta sospetta e pretenziosa.  Il tentativo del movimento mu'tazilita di recuperare anche tramite l'eredità greca il valore della razionalità e delle verità enunciabili razionalmente da comporre con le verità della fede è stato dichiarato eterodosso. 


L'esegesi allegorica del Corano viene considerata sospetta e già condannata nel Corano stesso (Cor 3, 1 ss). Se dunque i musulmani accolgono il Corano come legge di Dio rivelata, l'intelligenza e la razionalità dell'uomo entrano in gioco nel momento in cui si deve applicare questa legge alla vita, non nella comprensione del dato rivelato e tantomeno nella conoscenza di chi lo ha rivelato e della sua intenzione.

Accanto alla verità e alla novità della rivelazione di Dio in Gesù Cristo la Chiesa ha difeso contemporaneamente la concezione dell'uomo che ne consegue: volendo far conoscere se stesso all'uomo, Dio ha creato l'uomo «capace» di conoscerlo e di amarlo. 

Scriveva Gregorio di Nissa: Colui che vede Dio, per il fatto stesso che lo vede, ha ottenuto tutti i beni, una vita senza fine, l'incorruttibilità eterna, la beatitudine immortale, un regno senza fine, una gioia perenne, la vera luce (... ) ciò che il Verbo propone alla beatitudine sembra cosa né mai effettuata né effettuabile (... ) Ma le cose non stanno così, perché egli non comanda di diventare uccelli a coloro ai quali non ha fornito le ali, né di vivere sott'acqua a coloro per i quali ha stabilito una vita terrestre.


Il magistero della Chiesa definisce: Piacque a Dio nella stia bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (Dei Verbum 2).  

L'uomo pertanto è stato creato da Dio e per Dio, è stato creato a immagine di Dio (Gen 1,27), a immagine del Verbo incarnato, perché conoscendo e amando il proprio Creatore e Redentore raggiungesse la felicità in questa vita e lo godesse eternamente nell'altra.

Anche se la Chiesa riconosce nel peccato originale un offuscamento e un'attenuazione della capacità dell'uomo di conoscere e corrispondere alla verità, tuttavia questa capacità non è mai tolta all'uomo.


Nel fare la volontà di Dio, il cristiano, poi, non è chiamato a mettere al centro la norma in quanto tale e ad applicarla, ma a penetrare lo Spirito della legge per conoscere e amare sempre più colui che ha dato il comandamento e ha manifestato la sua volontà. 

Nella visione cristiana questa progressiva conoscenza non solo del comandamento ma anche di chi l'ha dato e del perché l'ha dato è necessaria per una vita autenticamente cristiana. 

Per fare ciò sia la capacità conoscitiva dell'uomo sia la sua volontà devono sempre essere sostenute e rese operanti dallo Spirito di Dio.  Le discussioni che si sono agitate nella Chiesa antica e moderna circa la natura dell'uomo e l'opera della grazia e le dispute circa l' esicasmo nella Chiesa orientale hanno mostrato che è per l'opera dello Spirito di Dio operante soprattutto nella liturgia e nella celebrazione dei sacramenti che l'uomo da Dio stesso può essere progressivamente reso capace di conoscere Dio e corrispondere alla sua opera di santificazione.


4) Islam: rivelazione di Dio nel Corano--  Cattolicesimo: rivelazione nel Verbo incarnato Gesù, uomo-dio
La visione islamica di rivelazione è totalmente differente da quella cristiana.  Se la rivelazione per eccellenza per i musulmani è avvenuta per opera di Maometto e si è concretizzata nel libro sacro, il Qur'an, per i cristiani la rivelazione si è andata dispiegando fin dai primordi della storia avendo in Cristo il suo culmine: tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1,16). 

Perciò non si possono accettare quei comuni modi di associare musulmani, ebrei e cristiani come «religioni monoteiste» o «religioni dei libro» in quanto, oltre al fatto che si servono di un termine ambiguo e tutto da chiarire come quello di «religione», tradiscono già una mentalità coranica e islamica. 

Noi cristiani invece crediamo che prima che in un libro, recentemente Dio ci ha parlato per mezzo del Figlio (Eb 1,2).  Non è a caso che le comunità cristiane orientali abbiano venerato le icone della Vergine con il suo Figlio perché in esse veniva rappresentato quello che Ignazio di Antiochia chiamava «il mio archivio»: Il mio archivio è Gesù Cristo, i miei archivi inamovibili la sua croce, la sua morte e risurrezione e la fede che viene da lui (Lettera ai Filadelfesi 8,2). 

Se perciò i musulmani credono che il Corano sia venuto per mezzo di Maometto che viene dichiarato «profeta», i cristiani riconoscono in Maria lo stilo, lo strumento materiale libero e consapevole di cui Dio si è servito perché il Verbo di Dio della forma di Dio prendesse la forma del servo (Fil 2,6.7) e si facesse uomo.

La Parola di Dio, il Verbo di Dio, innanzitutto è Gesù Cristo.  Perciò la Chiesa, che è il suo corpo, continua il suo cammino nella storia consapevole di essere il prolungamento storico di quella manifestazione.


Il confronto con la fede islamica che vede la rivelazione avvenuta in un libro non deve portare i cristiani a ridurre la rivelazione di Dio alle sacre Scritture. 


Inoltre Cristo, Parola di Dio e Verbo di,Dio, è sempre presente nella sua Chiesa in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro... sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, di modo che, quando uno battezza è Cristo stesso che battezza.  E presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura.  E presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (SC 7).

A questo proposito si deve ricordare che la verità rivelata nella fede cattolica è storica, cioè si è maturata nella storia con la rivelazione di più libri - nel giro di un migliaio di anni e tramite più autori - che di volta in volta sono stati raccolti e che la Chiesa, dopo l'apparire del Verbo di Dio, non ha eliminato ma ha conservato e ha letto come preparazione alla rivelazione di Gesù nella consapevolezza di ciò che Gesù stesso dice: sono proprio esse che rendono te,testimonianza a me (Gv 5,39).


Anche la dottrina dell'ispirazione è diversamente interpretata.   Mentre nella tradizione islamica la partecipazione dell'uomo e della sua razionalità può solo offuscare e ottenebrare la parola rivelata di Dio, nella tradizione cristiana si è mostrato che Dio si serve della capacità veritativa dell'uomo posta da Dio stesso nell'uomo, per parlare agli uomini. 


Perciò i musulmani non parlano di ispirazione ma di tanzíl - «discesa» del libro -, e la dottrina tradizionale ha insistito nell'affermare l'incapacità di Maometto nel leggere e scrivere per sostenere la tesi dell'assoluta estraneità di una qualche facoltà di Maometto nella composizione del testo coranico. 

Invece, seppure con difficoltà, progressi e regressi, anche nel Vaticano Il si è ribadito ciò che già Pio XII, nella Divino afflante Spiritu, aveva affermato, che cioè Dio scelse degli uomini, di cui vi servì nel possesso delle loro facoltà e capacità (DV 11).

Se dunque nella rivelazione islamica si è cercato di arrivare a unificare i testi coranici e a chiarire come doveva essere letta ogni singola parola, nella rivelazione cristiana è nata la preoccupazione di fissare il -testo ispirato due secoli dopo l'incarnazione - e ancora non si -è smesso - e si è arrivati alla definizione del canone delle scritture ispirate solo con il concilio di Trento sotto la spinta della Riforma. 

La preoccupazione preminente della Chiesa pertanto fu non solo di chiarire quale fosse il testo ispirato (cf. le esapla di Oricene), ma quali libri fossero da leggere nella comunità, cioè quali libri riflettevano la vivente tradizione apostolica.


5) Islam: la comunità difende il singolo-- Cattolicesimo: la dignità della persona umana è universale
Altra prospettiva che vede una netta opposizione tra Islam e Cristianesimo riguarda il diritto e la persona umana.

Il diritto nell'Islam va inteso come diritto della comunità (ummah), non della persona.  

L'Islam non conosce la parola «persona», il suo sinonimo è «fard» (individuo).  Il fard è parte integrante e dipendente della grande società islamica (ummah).  Dentro l'ummah egli ha diritti e doveri. 

Se abbandona la religione per ateismo o conversione a un'altra religione, perde tutti i suoi diritti, anzi, è passibile di morte per tradimento.


Perciò la fonte dei diritti nei paesi a maggioranza islamica è la comunità islamica e, in ultima analisi, essa è garante dei diritti e dei doveri che il Corano e la legge islamica, la šari'ah, riconoscono, concedono e negano

Nei paesi che adottato la legge islamica i cristiani sono spesso considerati, alla stregua degli altri non musulmani, dei cittadini di seconda categoria impossibilitati o limitati a una partecipazione attiva nella società e nelle istituzioni.   Così anche le discriminazioni delle donne rispetto agli uomini nel diritto processuale, nel diritto ereditario e in quello matrimoniale hanno il loro fondamento nel Corano stesso e sono più o meno codificate dalle legislazioni di ispirazione islamica.

Non si deve dimenticare invece come nell'esperienza del cristianesimo occidentale si sia fatto strada il diritto legato all'essere umano, alla persona umana.  L'approfondimento che è stato fatto a livello delle dispute cristologiche del termine «persona» e l'applicazione nella formulazione della fede un solo Dio ín tre, persone ci richiama quanto il termine persona si sia arricchito di spessore nella cristianità, e come la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sia frutto di una cultura cresciuta su radici cristiane ed evangeliche. 

Pur con titubanze legato per lungo tempo al modernismo, anche la Chiesa cattolica è arrivata a riconoscere la validità della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.  Questo è il motivo fondamentale per cui la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non è riconosciuta in molti paesi che intendono applicare la legge islamica.  Per questo motivo la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nell'Islam emanata dal Consiglio islamico d'Europa presso l'UNESCO nel 1981 rimane una dichiarazione che riguarda l'uomo nell’Islam. 

Similmente anche la Dichiarazione dei diritti dell'uomo nell'Islam promulgata al Cairo nel 1990 nella XIX Conferenza islamica dei ministri degli esteri, prevede, ad. es. all'art. 2, che: è vietato sottrarre la vita salvo che la šari'ah lo consenta, e pertanto subordina, in questo come in altri casi, i diritti dell'uomo alla šari'ah.


Non ci si deve nascondere inoltre che nei paesi a maggioranza islamica non è consentito abbandonare la propria fede islamica per aderire a un'altra. con il rischio anche della sentenza di morte, talvolta commutata in carcere.  Il Corano, in materia di libertà religiosa e di apostasia, è diversamente interpretato e permane tutto il peso della tradizione nell'interpretazione del testo. 

Il principio che deve valere per il cattolicesimo - principio recepito nei codici giuridici contemporanei - è la libertà di coscienza della singola persona. 

Ciò che viene sottolineato nei paesi islamici è la dimensione collettiva della comunità islamica che non può essere «intaccata» dall'apostasia dei suoi membri senza che la scelta personale vada a detrimento della comunità.

6) Islam: l'Islam è religione e Stato -- Cattolicesimo: la Chiesa non si identifica mai con lo Stato.
All' inizio del XX secolo, sullo sfaldamento dell'impero ottomano si andarono costituendo i vari stati nazionali, adottando ora forme di governo monarchiche, ora socialiste e, in ogni modo, ispirate alla forma parlamentare europea che sembrava la più vicina all'esperienza di Maometto e dei suoi compagni a Medina.  

Proprio nel momento in cui sorgevano gli stati nazionali, ciò che è stato recuperato, in particolare dalle correnti radicali, è stato il principio della non scindibilità di religione e Stato. Una delle poche eccezioni fu la Turchia dove, dopo una prima fase in cui si proponeva di liberare le «terre islamiche» e i «popoli islamici» e di respingere e scacciare l'invasore infedele, furono aboliti il sultanato e molte prescrizioni islamiche, adottando la domenica come giorno di festa, il calendario occidentale, vietando l'uso del velo, adottando l'alfabeto occidentale ecc. e ciò fu sentito come una de-islamizzazione. 

Ma a partire dalla prima metà del XX secolo gli ideologi del fondamentalismo hanno ribadito la non scindibilità di religione e Stato e hanno ribadito che l'Islam è dín wa-dawla cioè religione e Stato. 


La grave crisi che stanno correndo gli stati che hanno tentato strade di compromesso con le forme di governo occidentali è la fessura nella quale le idee fondamentaliste cercano di incunearsi, soprattutto nei ceti più poveri, per propagandare il ritorno all'Islam e l'abbandono di ogni compromesso con le forme di governo occidentale quale panacea di ogni malcontento e difficoltà.

In maniera opposta il Vaticano Il afferma che la missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è di ordine politico, economico e sociale: il fine, infatti che le ha prefisso è di ordine religioso (GS 42). 

E la convinzione che era propria della lettera " A Diogneto ", quando si dice che i cristiani partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri (A Diogneto 5,5). 


Certo la parabola della storia ha presentato varie e numerose eccezioni, ma penso che la prospettiva sia quella che la Chiesa cattolica oggi persegue.  Il concetto della laicità ò della autonomia delle realtà terrene è stato riconosciuto dal concilio (GS 36) ed è stato pure chiarito come questa autonomia debba mantenere un riferimento a Dio: La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio (GS 36 citando CONC.  VAT. 1, Dei Filius).

Da questo punto di vista perciò si può constatare come l'ingresso di numerosi musulmani in Europa abbia costretto o possa costringere a rivedere un concetto di laicità nel senso laicistico del termine, dove ogni riferimento a Dio o a una norma morale fondata su una visione cristiana dell'uomo viene sentito come aggressione alla legittima autonomia delle istituzioni. 

Non ci si deve nascondere tuttavia che, nei paesi islamici, nell'XI secolo della nostra era la separazione del potere religioso e politico non solo esisteva concretamente ma era elaborata e giustificata dottrinalmente.


La domanda che si pone tuttavia è la seguente: il «fondamentalismo» o il «radicalismo» islamico al quale abbiamo assistito nel corso del XX secolo è espressione di una deviazione dal vero Islam oppure è l'espressione di una corrente che intende essere «musulmana» nel senso più genuino del termine?

Quale status può essere assegnato all'Islam dalla teologia cristiana?

« Secondo la teologia cristiana, gli esseri umani fanno parte dell'Alleanza detta di Noè : grazie a quest'alleanza tutti gli uomini possono prendere coscienza della legge di natura  [ la legge morale naturale n.d.r.] e formarsi un'idea del divino ; sono coloro che appartengono alle religioni cosiddette pagane.

All'interno di questa umanità comune, Dio ha «scelto» un uomo, Abramo, con la cui «casa» [casato, discendenza n.d.r.] ha stipulato un'alleanza, ripresa e ampliata in seguito da quella accordata a Mosè nel nome del popolo che Dio si «crea» ai piedi del monte Sinai.

Infine, Dio, per mezzo del suo Verbo incarnato venuto come «Messia» d'Israele, istituisce una «Nuova Alleanza», capace di estendersi all'umanità intera.

Come si colloca l'Islam all'interno di questa classificazione ?


Una caratteristica comune delle religioni naturali è l'evidenza di Dio o del divino in ogni luogo. L'Islam, che viene rappresentato come la religione della fede per eccellenza, non ha affatto bisogno della fede per credere, o, piuttosto, per constatare l'evidenza di Dio; Come per i Greci e i Romani, la contemplazione del cosmo, della creazione, è sufficiente di per se per avere la certezza, prima di ogni ragionamento, che Dio o il divino esistono, di modo che il fatto di non credere diventa un segno di insensatezza che esclude il non credente dalla compagine umana.

[la fede del musulmano non è l'adesione fiduciosa ad una rivelazione divina salvifica, una alleanza, ma l'accoglienza dell'evidenza di Dio che si coglie nella contemplazione del cosmo. A partire da questa evidenza di Dio l'Islam accoglie il Corano come sua Legge , legge divina che è rivelata e naturale n.d.r.]

La difficoltà e l'imbarazzo che provano cristiani ed ebrei nell'assegnarlo al gruppo delle religioni naturali nasce dal fatto che esso proclama di credere in un solo Dio, eterno, onnipotente, creatore, misericordioso.

La professione di fede islamica è all'apparenza simile al primo articolo del Credo cristiano: «Credo in un solo Dio onnipotente, creatore del Cielo e della Terra». Ma il Dio cristiano è chiamato Padre e ha con gli esseri umani un rapporto personale e di reciprocità. [l'Islam] Sembra qui di riconoscere il primo dei Dieci Comandamenti trasmessi a Mosè, ma c'è una differenza sostanziale.


A nche i musulmani sono convinti di aver ricevuto una rivelazione. Essa è concepita come la trasmissione di un testo preesistente : [presso Dio preesiste la Sua Parola increata: il Corano n.d.r.] in tale trasmissione
il profeta non svolge alcun ruolo attivo, ma si limita a ricevere una serie di brani, ripetuti come sotto dettatura. [Quran significa appunto ripetizione salmodiata . n.d.r.]


A differenza della Bibbia, che per gli ebrei è «ispirata» da Dio, il Corano è increato. Esso è la parola increata di Dio. L'idea di una rivelazione progressiva  [ cioè storica, come quella attestata dalla Bibbia , n.d.r.] è estranea all'Islam.

...il Dio dell'Esodo si presenta come il liberatore del proprio popolo in una particolare situazione storica. Nel Corano, invece, la storia non esiste.
La sola prospettiva [ nell'Islam] dalla quale è possibile contemplare la storia è rappresentata dalla [seguente] legge : "trionfo degli inviati  e  annientamento di coloro che ad essi si sono opposti." [ l'unica storia possibile è quella del trionfo dell'Islam passando attraverso l'annientamento dei suoi concorrenti. n.d.r.] ....


Il messaggio divino è instillato già nel primo uomo. Adamo, il primo profeta; semplicemente, gli uomini dimenticano il messaggio e si rende necessaria una ripetizione.

[l'Islam custodisce il Corano come Rivelazione del Messaggio Increato Archetipico che Dio instilla negli uomini a partire da Adamo . Il Corano è la Parola increata di Dio , un messaggio atemporale , valido da sempre ed universalmente: gli uomini dimenticano questo messaggio e Dio invia i suoi profeti (inviati) a ripeterlo. n.d.r.]

Maometto sarebbe l'ultimo inviato ed è il riformatore definitivo. [ perciò la sua predicazione completa tutte quelle precedenti : l'islam sarebbe la vera unica piena rivelazione cui tutta l'umanità deve sottomettersi sia come comunità religiosa che sociale . n.d.r. ]


Vorrei mettere in evidenza tre tratti specifici che riguardano il mondo interiore, l'essenza di questa religione.

1-negazione della natura nella sua stabilità e nella sua consistenza.


Non esistono leggi naturali: atomi, accidenti e corpi non durano che per un istante e sono creati ad ogni istante da Dio. Non esiste una relazione di causalità tra due eventi: esistono soltanto «abitudini» di Dio.

Il principio di causalità è abolito, di conseguenza tutto può accadere. Il giorno coincide solitamente con la presenza del sole, ma Dio può cambiare le proprie abitudini e far risplendere il sole nel bel mezzo della notte: il miracolo non corrisponde dunque ad una sospensione delle leggi di natura, ma a un cambiamento nelle abitudini di Dio.


Agli occhi degli occidentali, il cosmo musulmano sembra privo di stabilità: non si distingue più il confine tra realtà e sogno.

2-Negazione della storia


La Bibbia racconta una storia; la rivelazione procede a tappe: interviene nella storia con parole e atti il cui ricordo è conservato dalla tradizione e da un libro ispirato, continuamente suscettibile di nuove interpretazioni.

Il Corano, invece, è increato: non esiste quindi alcun magistero interpretativo. Il senso della storia che ne deriva è quello di una ripetizione indefinita della stessa lezione.


3- la virtù religiosa.

Si tratta di una virtù morale che si ritrova sia nelle religioni naturali che in quelle rivelate. Essa governa la pietà, la preghiera, l'adorazione, i sacrifici e gli atti consimili.

Ebbene, se si rifiuta il Corano ,[ che è] lo status di autentica rivelazione, pare diffìcile evitare di definire la fede musulmana come una forma particolare di virtù religiosa.

[ Secondo l'Islam] Dio ha dato agli uomini una legge attraverso un patto unilaterale :[ cioè un comando cui l'uomo può solo sottomettersi n.d.r.] si tratta di una legge che nulla ha in comune con quella del Sinai, che fa di Israele l'interlocutore di Dio, né con quella "dello Spirito" di cui parla San Paolo.

La legge dell'Islam è una legge esterna all'uomo che esclude in modo categorico l'imitazione di Dio qual è suggerita dalla Bibbia: dall'uomo si pretende soltanto che rimanga entro i termini stabiliti da Dio nella sua parola increata [il Corano] e nella sunna, la tradizione autentica [ l'Islam]. Qualunque desiderio di superare questi limiti [come la mistica ] è visto con sospetto.

Ritroviamo nell'Islam alcune norme dell'etica pagana , né questo deve stupire: l'ascetismo è estraneo allo spirito dell'Islam.

La civiltà islamica è una civiltà della bona vita: essa offre una vasta gamma di piaceri. Naturalmente, il musulmano riconduce tali vantaggi alla perfezione della sua Legge, la quale è moderata, più adatta alla natura umana di quanto non lo sia quella dei cristiani e più mite di quella degli ebrei.

Una simile moderazione, che viene chiamata «facilitazione (o agevolazione) della religione», è citata per dimostrare la bontà dell'Islam, e rende ancor più difficilmente scusabile il fatto di non accettarlo.

[Nell'Islam] Non c'è un peccato originale; non esiste un inferno eterno, per il credente. La predestinazione, come l'intende l'Islam, non è lontana dal sentimento antico del "fatum" greco-romano.


[ L'Islam sarebbe una religione naturale perchè si fonda sulla credenza dell'evidenza di Dio a partire dalla percezione del cosmo, similmente a tutte le religioni naturali . Questa credenza identifica il dio evidente nella natura con il Dio di Israele, perciò è contemporaneamente religione del Dio rivelato n.d.r.]

Il cristiano è colpito dallo slancio religioso che il musulmano manifesta nei confronti di un Dio che riconosce, volente o nolente, come suo Dio; tuttavia
il musulmano non si identifica né in questo Dio -«separato»- né nel rapporto che l'Islam ha con lui.


Il cristiano è abituato a distinguere l'adorazione dei falsi dèi, cui dà il nome di idolatria (cf. Dt 6,4-9), dall'adorazione del vero Dio, che egli chiama vera religione. [Idolatria significa nel cristianesimo divinizzare , trattare come Dio ciò che non è il Dio rivelato . Dice il Catechismo Universale Cattolico 2110 : “Non avrai altri dèi di fronte a me” Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all'infuori dell'Unico Signore che si è rivelato al suo popolo . [L'Islam farebbe del dio della natura, il dio percepito nella natura, il Dio di Israele; in questo senso sarebbe una idolatria. N.D.R.]

Per trattare convenientemente con l'Islam, occorrerebbe fabbricare un nuovo concetto difficile da pensare: idolatria del Dio di Israele. [ L'Islam sarebbe un religione dai tratti idolatrici rivolta al Dio di Israele. n.d.r.]

Due fatti hanno sempre stupito i cristiani: la difficoltà di convertire i musulmani e la solidità della loro fede, persino tra le persone più superficialmente religiose.


Per il musulmano, diventare cristiano è un'assurdità: in primo luogo perché il Cristianesimo è una religione del passato, da cui l'Islam ha preso il meglio sorpassandola. Tuttavia, se approfondiamo, il Cristianesimo gli sembra innaturale [ e perciò irrazionale]. Le esigenze morali di questa religione infatti gli paiono insuperabili per le capacità umane.

Il dogma trinitario lo mette a disagio: teme di esporsi al sirk, il peccato imperdonabile consistente nell'associare a Dio altre divinità.[Sospetta che il Cristianesimo sia una religione misterica , condannata dal Corano n.d.r.] , di conseguenza irrazionale.

L'Islam si considera una religione razionale anzi, la sola religione razionale. In quest'affermazione vi è qualcosa di minaccioso, dal momento che, se la ragione è ciò che caratterizza la natura umana, seguire l'irrazionalismo cristiano equivale a porsi al di fuori della razza umana.

In fatto di tolleranza, dunque, gli Stati musulmani non possono garantire, in senso stretto, la reciprocità che pretendono dagli Stati cristiani: i cristiani che la reclamano non fanno altro che dimostrare la propria ignoranza in materia di Islam.

L'Islam, che attraversa una fase di crescita, non sembra essere attratto dal Cristianesimo più di quanto non lo sia stato in passato. Viceversa, i cristiani sono attratti dalla religione musulmana, e possono persino essere tentati di convertirsi ad essa.

Quando nelle nostre librerie diamo un'occhiata alla letteratura favorevole all'Islam, per lo più opera di preti cristiani, osserviamo che l'attrattiva che questa religione esercita nasce da più sentimenti. Una certa critica della nostra modernità liberale, capitalista, individualista e competitiva è affascinata dalla civiltà musulmana tradizionale, alla quale attribuisce caratteri del tutto opposti, come la stabilità delle tradizioni, lo spirito comunitario, il calore nei rapporti umani.


Questi ecclesiastici, disorientati a causa del raffreddarsi della fede e della pratica del culto nei Paesi cristiani — e in special modo in Europa — ammirano la devozione dei musulmani. Sono convinti che credere in qualcosa sia meglio che non credere in nulla, e si convincono che, dal momento che quelle persone credono, esse credano pressappoco nelle stesse cose in cui credono loro, non rendendosi conto di confondere la fede con la religione.

Si rallegrano, inoltre, nel constatare l'alta considerazione di cui nel Corano godono Gesù e Maria, senza riflettere sul fatto che, rispetto ai Vangeli, quel Gesù e quella Maria hanno in comune soltanto il nome.

Tale aspetto è particolarmente grave, perché disturba le relazioni tra cristiani ed ebrei. In questa prospettiva, infatti, i musulmani sembrano «migliori» degli ebrei, dal momento che onorano Gesù e Maria — cosa che gli ebrei non fanno. In tal modo si paragonano «simmetricamente» Islam e religione ebraica, con l'Islam che ne esce avvantaggiato.

Ma anche gli ebrei fanno un simile confronto tra il Cristianesimo e l'Islam, e ancora una volta è quest'ultimo a risultare vincitore, dal momento che esprime un monoteismo che pone meno problemi di quello cristiano.

Tuttavia, i cristiani non possono accettare una simile «simmetria» e la Chiesa cattolica l'ha espressamente condannata: se l'accettasse, rinnegherebbe la propria derivazione da Abramo e da Israele; rinuncerebbe all'eredità davidica del Messia e trasformerebbe il Cristianesimo in un messaggio atemporale, tagliato fuori dalle proprie radici e dalla propria storia.

In tal caso, il Vangelo si trasformerebbe in un altro Corano e si scioglierebbe nell'universalismo espresso dal libro dell'Islam. Ecco perché


... occorrerebbe espungere dal lessico cristiano contemporaneo espressioni pericolose come «le tre religioni abramitiche», «le tre religioni rivelate» e persino «le tre religioni monoteistiche» (anche perché ce ne sono ben più di tre).


La più falsa di tutte queste espressioni è «le tre religioni del Libro», perché essa non significa che l'Islam si rifa alla Bibbia, bensì che è prevista, per cristiani, ebrei, sabei e zoroastriani, una speciale categoria giuridica: essi sono la «gente del Libro», che ha diritto di elemosinare lo status di dhim-mi, avendo salva la vita e i beni e scampando alla morte e alla schiavitù cui sono destinati i kafir, i pagani.

Il fatto che simili espressioni siano usate con tanta facilità è un segno che il mondo cristiano non è più in grado di distinguere chiaramente tra la propria religione e l'Islam. Siamo forse tornati ai tempi di San Giovanni Damasceno, quando ci si domandava se l'Islam non fosse una forma come un'altra di Cristianesimo? Non si può escludere che sia cosi.

Per lo storico, non c'è nulla di nuovo: quando una Chiesa non sa più in cosa crede, né perché crede, scivola verso l'Islam senza nemmeno rendersene conto. »



MAOMETTO


Ha avuto successo nel mondo. E' una figura vincente nel nome di Allah . Ha avuto mogli, ricchezze, potere, imperi. Si pone come una figura-religione-Dio vincente nel mondo e nella storia. Dio è talmente distante dall'uomo che la comunione con Lui non è possibile. Il Paradiso che Allah prepara per l'uomo è un paradiso di benessere mondano. Il Regno di Allah nel mondo si manifesta come successo nel mondo.


GESU'

Non ha avuto successo nel mondo. E' una figura perdente nel nome di Allah . Dona la comunione di vita con Dio per partecipare al suo Regno che è in questo mondo ma non è di questo mondo . Solo l'anima può accorgersene. 1Gv : chi ama questo mondo non è in comunione con Dio.

( Livio Fanzaga,Non Prevalebunt,Sugarco)

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