Piccolo Corso Biblico

Storia della salvezza.
Il Giudaismo


index INDICE

    


powered by FreeFind





I Libri storici del postesilio L'uso del termine «storico» distingue un gruppo di libri che offrono un contenuto storico della vita di Israele dagli altri sapienziali, profetici e midrashici.

Si tratta di libri che presentano una «rilettura teologica» della storia di Israele secondo una prospettiva attualizzante, composti nel periodo del postesilio.

I libri delle Cronache (due) e di Esdra e Neemia (nella Vulgata detti l° e 2° di Esdra) appartengono ad una scuola teologica detta «del cronista » e formano nella redazione un'opera unica: stesso stile e stesso interesse per il tempio, ,stesso gusto per le genealogie e per le statistiche.

1-2 Cronache
E' una teologia della storia ovvero una ricerca dei significati salvifici degli eventi storici, una ricerca della azione salvifica divina nella storia.

Centrale è la storia di Davide : quella storia ha un significato che vale anche per il presente del postesilio, l'era messianica. Il Davide storico è il modello del Messia Finale : re, profeta , sacerdote.

Esdra e Neemia
Continua la ricerca delle Cronache partendo dal ritorno dall'esilio babilonese.

E' una riflessione sulla restaurazione del Regno nella sua dimensione religiosa.

1-2 Maccabei

Questi libri non si trovano nella Bibbia Ebraica ma nella versione LXX. Composti nel II-I° sec. a.C. sono i testi più recenti dell'AT e costituiscono una riflessione teologica degli avvenimenti che vanno dalla ricolta maccabaica fino alla intronizzazione della dinastia asmonea. Il centro della riflessione è costituito dalla Torah , incarnazione dell'Alleanza , cui il fedele deve sempre riferirsi soprattutto nei periodi difficili della storia. La Torah e la misericordia divina sono punti saldi della speranza ebraica.

Giudaismo e Sapienza " Tra i libri sapienziali vengono tradizionalmente classificati: Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste o Qoehlet, Cantico dei Cantici , Ecclesiastico o Siracide, Sapienza.

Is 11,1Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,un virgulto germoglierà dalle sue radici. 2Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.3Si compiacerà del timore del Signore Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; 4ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l`empio. 5 Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,cintura dei suoi fianchi la fedeltà.

Si discute molto sull'origine del concetto di sapienza, intesa come istruzione concernente la condotta di vita in base all'osservanza e all'esperienza : l'ambiente di corte o familiare pare il più convincente per Israele.

Esiste un'abbondante letteratura sapienziale extrabiblica, soprattutto in Egitto e in Mesopotamia. Se vi è affinità tra la sapienza antica e quella di Israele nel momento del postesilio, maggiori sono le particolarità di quest'ultima che, sebbene parta dalla considerazione di fenomeni culturali ed esistenziali, assume un vigoroso carattere morale o etico (diviene «timore del Signore») fino a divenire nei libri più recenti (Sap.) un attributo di Dio, anzi una sua personificazione che la comunica agli uomini. Paolo chiamerà Cristo «sapienza di Dio» (1 Cor 1,24).

La Sapienza di Israele viene inserita nel contesto della storia salvifica, nel clima dell'alleanza con Jahvè, e dal Siracide identificata con la Legge.

L'apporto della riflessione sapienziale giudaica si può sintetizzare in questi tre elementi:
a) assimilazione della sapienza dell'ambiente medio-orientale arricchita di un aspetto religioso. Il mondo intero è teatro della volontà di Dio e ordinato da leggi proprie. Di qui nuova reinterpretazione del mondo;
b) valorizzazione della ragione, come norma di vita, accanto alla rivelazione divina, in modo da ottenere una sintesi armonica tra creazione e storia;
c) indagine su alcuni problemi importanti quali la retribuzione, il male, la giustizia di Dio, la morte, l'eternità, ecc.

Proverbi
Si tratta di un libro composito, di raccolte diverse in epoche diverse. Sebbene attribuito a Salomone, il curatore di questa antologia di raccolte è vissuto alla fine del v sec. I Proverbi si preoccupano di porre i fondamenti per condurre una vita onesta. A una prima lettura sembrano proverbi deludenti, disparati e contraddittori. Il loro valore è globale. Il libro vuole creare disposizioni favorevoli ad un dialogo con Dio, inculcando le virtù e i saggi comportamenti umani.

Qohelet o Ecclesiaste
In ebraico significa: presidente dell'assemblea, il maestro; tradotto per ecclesiaste. È l'esposizione di fronte all'assemblea di un'esperienza di vita. Qohelet è un uomo alla ricerca della verità che mette in crisi tutti i valori del passato con insolita spregiudicatezza. L'autore, uomo disincantato e scettico, presenta un panorama di riflessioni pessimistiche, realistiche e malinconiche.

Distrugge tutti i sogni terreni di Israele e invita a capire il valore dell'attimo presente. Non resta all'uomo che cogliere le gioie semplici che Dio offre nella vita. Ci si domanda come mai questo libro sconvolgente e dissacrante sia entrato nella Bibbia: la rivelazione biblica che si sviluppa nel suo itinerario di salvezza anche attraverso attese, dubbi, incertezze.

Salmi
Il "Salterio" o " Libro dei Salmi " è la raccolta biblica di 150 composizioni poetiche a contenuto religioso. I salmi rispecchiano i sentimenti religiosi del popolo di Israele nelle ore tristi e liete della sua storia, nei trionfi e nelle calamità nazionali, nei momenti dell'implorazione fidudosa, della lode, del ringraziamento. Vi si incontrano tutti i grandi temi dell'AT e le principali tappe della storia biblica.

Il nome di "Salmi" deriva dalla traduzione greca dei LXX (m sec. a.c.) che chiamò la raccolta libro dei salmi o salmi (psalmos = canto da eseguire con strumento a corda) o " salterio" = lo strumento che serviva ad accompagnare il canto).

In Palestina erano detti "inni" (tehillin) o " preghiere ".

La raccolta è suddivisa oggi in cinque libri o parti, distinti da dossologie, ma non sembra originaria. Dalle piccole unità, prima trasmesse oralmente e poi messe per iscritto, nel periodo postesilico si passò alla raccolta e al libro attuale, per opera dei leviti addetti al tempio. Il salterio nacque come libro di canti destinati alla liturgia del tempio e della sinagoga ma diventò presto libro della Rivelazione.
Il tempo di composizione va dal sec. VIII al sec. II.

Giobbe
Si tratta di un lungo dialogo poetico incastonato in una prosa narrativa che ha per oggetto il grosso problema teologico del significato del dolore nella vita di un giusto e di conseguenza il significato della giustizia di Dio.

Nonostante sia interpretato dalla tradizione come risposta al problema della sofferenza (significato e retribuzione) il suo scopo è un altro: il problema della giustizia di Dio nella vita di un giusto che soffre.

L'autore - vissuto forse dopo l'esilio - riconoscendo insufficiente la teoria tradizionale dello stretto rapporto tra vita virtuosa e successo (la vita umana è regolata da leggi morali di cui Dio è garante e perciò la sua felicità è in armonia con il vivere secondo giustizia) si impegna a dimostrare che Dio può avere scopi diversi dalla semplice giustizia retributiva.

Si serve di una vecchia storia nota ai contemporanei, del leggendario personaggio Giobbe, e la ripresenta in forma dialogica, facendo entrare in scena tre saggi rappresentanti della tesi tradizionale secondo la quale l'uomo soffre perché è peccatore.

Giobbe confuta la tesi dichiarandosi giusto e appellandosi a Dio che al termine si rivela nel suo agire misterioso. Il dialogo tra Giobbe e gli amici si conclude con la convinzione di questi di trovarsi dinanzi ad un maledetto da Dio perché pieno di dolore.

Giobbe è invitato a riconoscere il suo peccato perché ogni sofferenza-secondo la tradizione-è una punizione di peccati. Giobbe protesta la sua innocenza e si appella a Dio.

Dio sottopone Giobbe ad un'istruttoria :

Dio è diverso da quello che crede Giobbe e la sua logica non equiparabile a quella umana; egli ingloba la realtà del creato e della storia e l'uomo non può pretendere di conoscere il comportamento di Dio.

Giobbe ammette di aver parlato invano: le vie di Dio trascendono la sua intelligenza, non può comprare la giustificazione di Dio ma solo accettarla come un dono.

La sua fede ha superato la prova: nel dolore ha incontrato Dio, ha fatto di lui una nuova esperienza. Il problema del dolore non è risolto ma esso ha fornito una via per scoprire il vero volto di Dio, una via difficile ma fruttuosa e utile.

Giobbe appare alla fine come il modello perfetto del credente. L'uomo deve credere, persistere nella fede anche nell'oscurità della sofferenza: questo il messaggio del libro.

La tesi tradizionale del rapporto sofferenza-peccato è superata.

Cantico dei Cantici
È il cantico per eccellenza (un canto al superlativo) o meglio un gruppo di cantici uniti attorno al tema dell'amore. La tradizione ebraica lo attribuisce a Salomone. Pare invece composto nel periodo dopo l'esilio.

Si ritiene probabile che il libro sia una raccolta di poesie d'amore o di canti nuziali. Gli studiosi lo riconoscono come un dramma: l'amore umano di due fidanzati, un personaggio regale e la pastorella, nella vicinanza e nell'assenza con dichiarazioni di fedeltà e con descrizioni della bellezza di ciascuno.

L'autore parte dall' amore pieno di due innamorati per contemplare l'amore di Dio: non va interpretato quindi come pura allegoria.

Si canta l'amore umano nella sua esperienza concreta per poter intravedere l'amore rivelato di Dio.

Si può considerare come un commento della frase di Isaia (62,5): «La gioia che il marito trova con la sua sposa, con te la incontrerà il Signore »

Siracide o Ecclesiastico
Questo libro si trova solo nella Bibbia greca dei LXX non in quella ebraica. Autore è Ben Sirah (da cui: Siracide), vissuto verso il 190-180 a.C. che ha scritto in ebraico ma il testo seguito è quello greco.

Il titolo " Ecclesiastico"- che indica forse l'uso ufficiale che ne faceva la Chiesa e non la sinagoga- è posteriore.

La prima parte è una raccolta di proverbi, la seconda, più originale , tratta del rapporto tra sapienza e storia della salvezza. La dottrina è tradizionale non senza alcune innovazioni.

La sapienza ha come principio il timore di Dio e si identifica con la legge mosaica.

Sapienza
È l'ultimo libro dell'AT, scritto in greco nella comunità ebraica di Alessandria d'Egitto, del gruppo dei deuterocanonici, composto tra il 100 e 50 a.C.

Mentre reagisce alla delusione e allo sconforto degli ebrei scossi per la situazione critica del postesilio, l'autore, ben inserito nella civiltà ellenistica, richiama con vigore la fedeltà ai valori tradizionali biblici ed esorta alla ricerca della sapienza che viene da Dio e che si ottiene con la preghiera.

Il libro, dopo un invito a seguire la sapienza, si concentra su questa unità tematica quale criterio dell'intervento di Dio nella storia: la sapienza infatti viene identificata con Dio-che-governa-il-mondo.

Gli " scritti" Esiste un gruppo di libri non catalogabili in precise categorie - dagli ebrei detti semplicemente " scritti " - composti nell'epoca della restaurazione che possiamo suddividere in midrascici o edificanti e apocalittici. Essi sono: Tobia, Ester, Giuditta, Rut, Giona (già collocato tra i profeti), Daniele.

Scritti midrascici o edificanti
Nel periodo del postesilio molti ebrei vivono nella diaspora (= dispersione) cioè fuori della patria, in varie colonie che godono di autonomia amministrativa e religiosa: molto fiorente fu quella di Alessandria ove fu tradotta in greco (LXX) la Bibbia ebraica.

Questa situazione li spinge allo scetticismo di una rinascita nazionale ed insieme ad una riflessione sulla storia di Israele, come richiamo efficace alla fiducia in Dio.
Questo tipo di riflessione prende il nome di " midrash ", cioè meditazione; ricerca, interpretazione: determinati eventi biblici vengono rievocati e approfonditi, meditati e attualizzati.

Tobia.
Il libro appartiene al gruppo dei deuterocanonici. Il testo fu scritto in ebraico o, più probabilmente, in aramaico, ma a noi è giunto in greco con una duplice recensione.

Si narra la storia di un pio israelita, Tobia, deportato in Assiria nel 722, perseguitato per la sua fedeltà alla legge. Il racconto, edificante e non storico, fu composto verso la fine del III sec. o durante il II sec. a.c.

Il libro è ricco di insegnamenti e la trama è costituita per grandi temi religiosi: valore della sofferenza, la preghiera, il matrimonio, angeli e demoni, virtù morali.

Tobia è il prototipo dell' uomo che ha sempre fiducia in Dio: Tobia riferisce in prima persona la prova a cui è stato sottoposto: egli è un giusto perseguitato e sofferente che tuttavia non manca né di onestà (come la moglie) né di fede in Dio.

Ester.
Rispetto all'ebraico il testo greco (che risale a prima del 114 a.c.) è più lungo: le aggiunte costituiscono la parte deuterocanonica di Ester.

Il libro fu pubblicato nella diaspora, durante il terzo secolo, allo scopo di dare un fondamento alla festa dei Purim (giorno di esultanza nazionale per il trionfo riportato da Diosu coloro che preparavano la rovina del suo popolo), di origine non ebraica, celebrata nella colonia di Susa.

Si tratta di un racconto a scopo didattico. Il messaggio fondamentale è questo: Dio non abbandona il suo popolo e gli viene incontro quando si trova in difficoltà. Il libro è pervaso di un acceso nazionalismo e legittima il massacro dei persiani (anche se non è un fatto storico).

Giuditta.
Giuditta è l'eroina del libro composto alla fine del II sec. a.c., che ha: una certa affinità con quello di Ester ma con una prospettiva meno nazionalista e con accenti più religiosi. Vi si narra un episodio avvenuto durante il regno di Nabucodonosor, ma in realtà con riferimenti a un tempo molto più recente, allo scopo di confortare i giudei nella persecuzione.

La resistenza ai piani idolatrici e la fedeltà a Dio si incarnano in una donna, vedova, Giuditta (= la giudea) e si concludono con la liberazione operata da Jahvè. La storia e la geografia sono utilizzate per descrivere il dramma religioso dell'epoca e per esaltare la fedeltà e giustizia di Dio.

Rut
Il libro di Rut nella Bibbia greca e latina è collocato tra gli " scritti ". L'episodio narrato sarebbe avvenuto al tempo dei Giudici, ma si tratta di una leggenda popolare, nel periodo postesilico, vicino al 450 a.c. Rut la moabita è antenata di David, tipo dello straniero che abbandona il suo popolo e si aggrega ad Israele: il suo sposalizio con Booz è benedetto da Dio.

L'autore di Rut si serve dell'episodio per polemizzare contro l'esclusivismo giudaico (divieto di matrimonio con stranieri) in quanto si dimostra che la appartenenza ad un altro popolo non impedisce l'inserimento nel popolo di Dio.

Daniele
Il libro di Daniele nella Bibbia ebraica si trova inserito negli " scritti ", tra Ester e Esdra-Neemia; in quella greca e nelle altre versioni è posto tra i libri profetici, subito dopo Ezechiele. Alcune parti scritte in greco non si trovano nel testo masoretico e vengono considerate deuterocanoniche. L'opera viene datata all'epoca dei Maccabei.

Non è affatto un libro profetico, ma di genere midrastico (tipo dell'haggadah, vicino al genere omiletico) nella prima parte e apocalittico nella seconda.

Scritti apocalittici
Morendo, la profezia trasmette alcune intuizioni che saranno in seguito trasformate dalla letteratura apocalittica .

Fondamentale in questa letteratura la divisione della storia della salvezza in due eoni :

eoni

L'apocalittica è una letteratura che si propone dimostrare che il male che si rivela nell'esistenza storica verrà completamente superato al termine della storia presente. Non vuole descrivere con esattezza lo scenario di ciò che avverrà alla fine dei tempi, ma piuttosto ricordare il disegno salvifico di Dio, l'opposizione dell'avversario e la vittoria finale di Dio.

[consulta apocalittica giudaica ]

Solo un intervento diretto di Dio può cambiare le sorti del mondo. A tale scopo si serve' di visioni e di sogni, di angeli come intermediari, della scienza del mistero, di uso frequente del simbolismo (corpo umano, colori, abbigliamento, numeri, ecc.).

Essa si riallaccia in parte alla letteratura sapienziale e profetica. Di quest'ultima sembra la prosecuzione per l'aspetto escatologico, ma se ne distingue anche per molti aspetti.

I profeti insistevano sul giorno di Dio che avrebbe inaugurato un tempo nuovo, con l'umiliazione dei malvagi e la vittoria degli eletti, gli apocalittici descrivono amplificandola la lotta tra il bene e il male, con il collvolgimento universale dello stesso mondo creato.

I profeti vedono il momento presente doloroso che avrebbe portato alla vittoria futura, gli apocalittici vedono i cieli aperti e il futuro precipitare sul presente, in modo improvviso e catastrofico.

L'apocalittica sorge e si sviluppa nel periodo dell'esilio e del postesilio, in un periodo quindi di crisi, di scoraggiamento, di persecuzione, di delusione, quando il male sembra prevalere.

E' la risposta del Dio vivente al male e un invito alla speranza, la " rivelazione" ( apocalisse) della vittoria finale del bene a seguito di una lotta cosmica, dell'intervento prodigioso e sconvolgente di Dio.

La letteratura apocalittica prosegue nei due secoli a.C. con una serie di libri non inclusi nel canone biblico (quarto libro di Esdra, apocalisse di Enoc, ecc.) e nei primi due secoli cristiani.

Le rivolte dei giudei contro i romani del 60-66 e del 132-135 segnarono la perdita di ogni speranza nell'imminente venuta del regno di Jahvè.

I cristiani invece considerano il trionfo di Gesù come il nuovo regno dello Spirito, compimento delle Scritture, infatti il NT termina con il libro della Apocalisse ove descrive la lotta finale e il nuovo regno escatologico degli eletti con Cristo: le parole finali chiedono il ritorno trionfale: "vieni, Signore ".

Tra i testi apocalittici o le apocalissi dell'AT si segnalano:

- la piccola e la grande apocalisse del libro di Isaia: capp. 24-27 e 34-35, che apparterrebbero ad un autore del IV secolo a.C.
- le apocalissi di Ezechiele: cioè 1,4-28; 10,1-22; 37,1-4; 38-39.
-le apocalissi del profeta Zaccaria : i capitoli 9-14 .
-la seconda parte del libro di Daniele : i capitoli delle visioni, 7-14 .





top








home

DISCLAIMER. Si ricorda - ai sensi della Legge 7 marzo 2001, n. 62 - che questo sito non ha scopi di lucro, è di sola lettura e non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare" : gli aggiornamenti sono effettuati senza scadenze predeterminate. Non può essere in alcun modo ritenuto un periodico ai sensi delle leggi vigenti né una "pubblicazione"  strictu sensu. Alcuni testi e immagini sono reperiti dalla rete : preghiamo gli autori di comunicarci eventuali inesattezze nella citazione delle fonti o irregolarità nel loro  uso.Il contenuto del sito è sotto licenza Creative Commons Attribution 2.5 eccetto dove altrimenti dichiarato. Navigando nel sito se ne accetta la   PRIVACY POLICY