Piccolo Corso Biblico

VANGELI

Gesù il Maestro Gli scribi erano uomini, sia laici che sacerdoti, il cui compito principale era l'interpretazione e l'insegnamento della Legge, cioè la Bibbia Ebraica interpretata dalla tradizione dei Padri. Lo scriba nasce in epoca ellenistica (circa il 180 a.C.) come reazione al diffondersi della cultura greca per preservare le tradizioni giudaiche da una possibile scomparsa. Si diventava scribi non per nascita, ma in seguito allo studio in scuole tenute dai grandi maestri della Legge . Ad essi la gente si rivolgeva con il titolo di Rabbino mio signore»). Nel giudaismo dell’epoca, intorno agli scribi si raccoglievano volontariamente discepoli i quali stabilivano con loro un rapporto personale e una comunione pratica di vita . Lo scriba era spesso circondato da un’alta venerazione per la sua pietà e osservanza rigorosa della Legge. Ognuno si faceva discepolo e sceglieva il proprio scriba ( o rabbino o maestro ) e alla fine del discepolato diventava egli stesso uno scriba. I maestri  erano specializzati nella trascrizione dei testi sacri ; dotti conoscitori di regole e dottrine , avevano il compito di custodire la Legge di Dio racchiusa nelle Scritture ( Torah ) e, a partire dall'esilio , ebbero anche l'incarico di leggerla, tradurla e interpretarla per il popolo.

Ai tempi di Gesù i maestri o Rabbini si consideravano i continuatori dei profeti che da lungo tempo non sorgevano più in Israele . Insieme ai sacerdoti erano di fatto le " guide", i "pastori" del popolo. Il Battista li chiamava "vipere" , cioè animali che dànno la morte .

Mt 3,7 ( Giovanni) Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente (// la riprovazione divina per il vostro operato) ?
Ed anche Gesù :
Mt 12,34 ( Gesù ) Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda .
// Mt 23,33 Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna ( una sentenza di riprovazione divina inappellabile) ?


L'insegnamento di scribi e farisei di quel tempo erano considerati da Gesù "veleno" cioè "parole che danno la morte".

Mt 23, 13 Guai a voi, scribi e farisei ipocriti,  che  chiudete il regno  dei cieli davanti alla gente; di fatto  non entrate  voi, e non lasciate entrare  nemmeno quelli che vogliono entrare.

Mt 23,[ 14] 15Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, " Guai" era l'incipit dei lamenti funebri : " guai = la morte è in voi : voi trasmettete morte. che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Le  dottrine religiose  di scribi e farisei erano incompatibili con l'insegnamento di Gesù : considerate  velenose   chiudevano all'uomo la possibilità di accedere alla VITA ,  impedivano di entrare nel Regno , a loro stessi e a chi poneva FEDE in esse.

Le dottrine religiose ( anche quelle giudaiche, della " religione di Dio, l'unica in quel tempo) davano " morte" mentre la Parola di Gesù dava VITA eterna.
TILC- Mt 23, 32Continuate! State portando a termine quel che i vostri padri hanno cominciato! 33«Serpenti, razza di vipere! Come potrete evitare i castighi dell’inferno? 34Perciò, ascoltate: io manderò in mezzo a voi profeti, uomini sapienti e veri maestri della legge di Dio. E voi, alcuni li ucciderete, altri li metterete in croce, altri li frusterete nelle vostre  sinagoghe e li perseguiterete in tutte le città. 35Così ricadrà su di voi il sangue di tutti i delitti compiuti contro persone innocenti dall’uccisione di Abele il giusto fino all’uccisione di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi avete assassinato tra il *santuario e l’ altare. 36Vi assicuro che tutto ciò avverrà durante questa generazione».
I giudei cercavano con ogni mezzo o di fare sempre più proseliti e in questo modo inoculavano nelle persone le loro dottrine religiose che rendevano chi le accoglieva dei morti viventi . Le dottrine religiose erano l'ostacolo  che impediva a se stessi ed ai loro proseliti di aprirsi alla Parola e rispondervi con FEDE per ricevere la VITA.1 Cor 1, 20Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dov'è il sottile ragionatore di questo mondo?  Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? 21Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione (del Vangelo) La VITA cristiana rivelò da subito, storicamente, che ogni sapienza umana -compresa quella religiosa- di fronte alla predicazione di Gesù - Parola che dà VITA- è  una pericolosa stoltezza che dà morte . Gli ebrei avevano il compito affidato loro da Dio di annunciare ai popoli la Torah ( l'insegnamento) di Dio : gli scribi ed i farisei andavano tra i popoli per fare " proseliti" cioè per convertire i non ebrei alla loro religione. Di fatto - secondo Gesù - li conducevano alla morte invece che alla VITA ( la Torah era considerata datrice di VITA) .
Le dottrine dei maestri avevano preso il posto della Parola di Dio : il popolo non veniva più orientato al " Dio VIVENTE" ( // che ha e dà VITA) ma ad una Legge fatta di commenti nella forma della casistica morale che soffocava la vita del popolo ( dava MORTE)Come poteva Gesù dare VITA al suo popolo? Mt 23, 37Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! 38 Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta!

Gesù profetizza che invierà ai giudei  i suoi discepoli che saranno per loro "profeti, sapienti e scribi"   : loro li perseguiteranno ne uccideranno alcuni così che la "casa di Israele" , l'istituzione giudaica, sarà lasciata deserta , che non significa solo " vuota" ma "incapace di dare VITA".

Mt 23,39Vi dico infatti che non mi vedrete più , fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! ».

 " Benedetto colui che viene nel nome del Signore! " riferito a Gesù è il riconoscimento che Lui è l'"inviato di Dio" ; è una espressione di fede in Lui e di accoglienza , cosa che permette a Gesù di comunicare VITA. Mt 21, 9La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! ( figlio di Davide : lo credevano il messia atteso dal giudaismo ) Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». 10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: « Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea»...tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42 ma di UNO c'è bisognoMaria e MartaP. Alberto Maggi OSM Conferenza aI Cefalù – 11/ 1999 appunti non verificati dall'autore.

Mc 10, 38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi.
Mc 10, 40 Allora ( Marta ) si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola ( //UNO) c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore ( l'UNO), che non le sarà tolta»

La massima aspirazione di quanti detengono il potere è di riuscire a dominare le persone attraverso l’arte della persuasione. Si può sottomettere, infatti, qualcuno con la paura, ma anche un timoroso può trovare il coraggio di sfidare un prepotente. Si può rendere qualcuno proprio servo comprandolo con la prospettiva di onori e ricchezze, ma anche un ambizioso, in un sussulto di dignità, può liberarsi da questa schiavitù rinunciando alla bramosia di possedere.

Quando però chi viene oppresso è convinto che la sua condizione di sottomissione sia la migliore situazione desiderabile, egli non cercherà mai la libertà, anzi la vedrà come un grave attentato alla sua sicurezza.

E’ quel che insegna la storia del popolo di Israele nel suo faticoso cammino verso una libertà più temuta che desiderata.
La dura schiavitù egiziana privava, è vero, gli ebrei della libertà, ma assicurava loro “cipolle e aglio” a volontà (Nm 11,5).

Non conoscendo altre prospettive, gli schiavi, a furia di mangiare cipolle e ingoiare aglio si erano davvero convinti di stare nel paese della cuccagna. Per questo l’esodo verso la terra promessa è costellato da proteste e insurrezioni contro Mosè che, demoralizzato, a sua volta si lamenta continuamente col Signore.

La frustrazione di Mosè è tale che arriva a chiedere di morire piuttosto che dover condurre verso la terra promessa un popolo che non ha nessuna intenzione di seguirlo (Nm 11,1015).

La rivolta più grave del popolo ha visto insorgere contro Mosè gli stessi “capi della comunità, membri del consiglio, uomini stimati”, che così si lamentano: “E’ forse poco per te l’averci fatti partire da un paese dove scorre latte e miele per farci morire nel deserto?” (Nm 16,13). Il “paese dove scorre latte miele”, è un’espressione tecnica con la quale nella Bibbia si indica sempre la terra promessa (Es 3,8; Lv 20,24; Nm 13,27).

La capacità di persuasione del potere era stata talmente forte da far credere agli ebrei che la terra dove essi sono stati schiavi era in realtà il paese della libertà, e che aglio e cipolle hanno lo stesso sapore del latte e del miele.

Alla manna, cibo donato da Dio, gli ebrei continuavano a preferire “i pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, i cocomeri, i meloni, i porri, le cipolle e l’aglio” constatando delusi che “ora i nostri occhi non vedono altro che manna” (Nm 11,6).

E se il cammino verso la terra promessa è durato tanto tempo, si deve alla forte resistenza del popolo che rimpiangeva la schiavitù e che era tentato di tornare indietro: “Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto? Diamoci un capo e torniamo in Egitto” (Nm 14,4).
Uno dei rischi che si corre nella lettura dei vangeli, è quello di interpretarli secondo gli schemi della mentalità occidentale, tanto lontana dai modi di dire e di fare della cultura mediorientale. Un episodio che più degli altri è stato completamente stravolto nel suo significato, è quello della visita di Gesù alle due sorelle Marta e Maria (Lc 10,3842).
Il brano, che si trova solo nel vangelo di Luca, è stato spesso visto come un elogio da parte di Gesù della vita contemplativa (che sarebbe la parte migliore) a scapito di quella attiva (affannarsi per troppe cose). Secondo questa interpretazione Gesù privilegerebbe un’eletta minoranza di persone che si può permettere di trascorrere la vita contemplando il Signore lasciando alla maggioranza della gente gli affanni e le preoccupazioni ordinarie della vita.

E’ sicuro che sia stato questo l’intento dell’evangelista?
Per una più esatta comprensione del testo evangelico occorre lasciarsi guidare da quelle chiavi di lettura che l’evangelista colloca nel testo per indirizzare il lettore alla giusta interpretazione del brano.

Lc 10,38 “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse in casa sua” - Luca inizia la sua narrazione scrivendo che “mentre erano in cammino” (e si suppone che si tratti di Gesù e dei suoi discepoli), “entrò in un villaggio”. Risalta immediatamente nel testo il brusco cambio del soggetto che da plurale (erano) diventa singolare (entrò). Il mutamento è voluto.
Per l’evangelista i discepoli di Gesù, fermamente ancorati alla mentalità tradizionale, non possono entrare con Gesù nel luogo dove il Signore sancirà la fine di uno degli usi e costumi più consolidati in una società a forte impronta maschilista come era quella giudaica. Per questo, solo Gesù entra in un villaggio. Di questo villaggio, dove abitano Marta e Maria, non viene detto il nome. Ogni volta che nei vangeli si trova un villaggio anonimo, l’episodio relativo è sempre all’insegna dell’incomprensione o della resistenza nei confronti di Gesù e del suo messaggio (Lc 9,5256; 17,1119).

Il villaggio indica infatti il luogo arretrato, tenacemente attaccato alle tradizioni e diffidente verso le novità che vede con sospetto. Per l’evangelista il luogo è rappresentativo di una situazione generalizzata che si trova ovunque vige l’attaccamento alla tradizione, al “si è sempre fatto così!”.

Entrato Gesù nel villaggio “una donna di nome Marta, lo accolse in casa sua”. Il nome della donna, Marta, è tutto un programma: nella lingua aramaica, significa infatti “padrona della casa”, (e l’evangelista sottolinea che la casa è sua). Marta ha “una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola”.

Il comportamento di Maria, che va interpretato con le categorie della cultura orientale, non significa un atteggiamento adorante verso Gesù, ma quello normale di accoglienza verso l’ospite.

Se Maria sta “ai piedi” di Gesù, è perché nella casa palestinese non esistono seggiole, ma stuoie o tappeti, dove tutti si adagiano. Quello di Maria verso Gesù è il normale atteggiamento del discepolo di fronte al suo maestro (Lc 8,35), come si legge nel Talmud: “Sia la tua casa un luogo di convegno per i dotti; impolverati della polvere dei loro piedi; e bevi con sete le loro parole” (Pirqê Ab. 1,4).
Maria non contempla Gesù, ma l’accoglie e l’ascolta, desiderosa di apprendere il suo messaggio, indifferente alla proibizione del Talmud che prescrive che “una donna non ha da imparare che a servirsi del fuso” (Yoma 66b). Ma questo suo comportamento in una cultura machista come quella orientale non poteva essere tollerato. E’ proprio solo dell’uomo fare gli onori di casa. La donna sta nascosta e invisibile (Gen 18,9). Il suo posto è la cucina tra i fornelli, come sta facendo Marta, la padrona di casa, “tutta presa dalle molte cose da fare”.

Marta si crede la “regina della casa”, mentre in realtà è schiava della sua condizione (come premio di consolazione, è stata proclamata “Patrona delle casalinghe” e la sua festa è celebrata il 29 luglio).

E’ la grande vittoria del potere: dominare le persone illudendole di essere libere, contrabbandando aglio e cipolle per latte e miele

Che una donna avesse “molte cose da fare”, si può vedere nel ritratto della perfetta “padrona” di casa che dà la Bibbia: “Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani... Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia… si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia… neppure di notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita… non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi hanno doppia veste. Si fa delle coperte di lino e di porpora sono le sue vesti… confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante”. Ritratto che termina accondiscendente: “E il pane che mangia non è frutto di pigrizia” (Pr 31,1031).

Quest’obbligo per la donna a comportarsi come una bestia da soma viene confermato da una famosa sentenza di Rabbi Eleazaro secondo il quale anche se il marito possedesse “cento schiave, egli dovrebbe costringerla [la moglie] a lavorare la lana, perché l’ozio conduce all’impudicizia” (Ket. M. 5,5).
La quantità di lavoro è finalizzata a stancare l’individuo e impedirgli così di pensare, come insegna la Bibbia: “Fa’ lavorare il tuo servo, e potrai trovare riposo, lasciagli libere le mani e cercherà la libertà” (Sir 33,26).

La situazione che si è venuta a creare nella casa delle due sorelle, diventa insostenibile. Visto che Gesù pare non accorgersi della grave trasgressione compiuta da Maria, è Marta che interviene furibonda rimproverando sia il Maestro sia la sorella: 40 “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Ordinale dunque che mi aiuti”.
( come dicono la Bibbia ebraica e la Tradizione n.d.r)

Nella concitata foga di far ricacciare la sorella in cucina, Marta non si rende conto che il suo limitato orizzonte è tutto centrato sulla sua persona (“mia sorella… mi abbia lasciata sola…mi aiuti”). Per lei è intollerabile il comportamento della sorella che, come un uomo, intrattiene e ascolta Gesù.
Marta non ascolta il messaggio di Colui che di sé ha detto che è venuto per “rimettere in libertà gli oppressi” (Lc 4,18) : lei segue la "LEGGE" cioè la Bibbia ebraica e la tradizione rabbinica.Che bisogno ha di apprendere? Non insegna il Talmud che è meglio che “le parole della Legge vengano distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne”? (Sota b. 19a). Per escludere la donna dall’apprendimento i rabbini si arrampicavano sugli scivolosi specchi della Bibbia, dove riguardo alla Parola di Dio è scritto “la insegnerete ai vostri figli” (Dt 11,19) ( e non alle figlie n.d.r.) .

Se Dio, così preciso nei suoi dettati, avesse voluto che l’insegnamento si estendesse pure alle donne avrebbe aggiunto “alle vostre figlie”, invece non l’ha fatto (Qid. B. 29b). Per questo sostenevano i rabbini che mentre “l’uso della donna è di stare in casa, l’uso dell’uomo è di uscire e di apprendere dagli uomini” (Gen R. XVIII,1).
Anziché rimproverare Maria e ricacciarla nel ruolo dove tradizione e decenza hanno sempre confinato le donne, Gesù richiama la “padrona di casa”:
41“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma "di   UNO  c’è bisogno” Nel vangelo la ripetizione due volte di uno stesso nome assume il significato di rimprovero (“Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti”, Lc 13,34). Per l’evangelista la situazione di Marta è drammatica, perché è come quella degli schiavi contenti di esserlo. Costoro non solo non aspirano a essere liberi, ma spiano i tentativi di libertà degli altri allo scopo di ricacciarli nella schiavitù (Gal 2,4). Gesù rimprovera la perfetta padrona di casa e le dice che 42 “Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” , invitandola a fare lo stesso.
Questa parte eccellente che non può essere tolta è la libertà interiore, garanzia della presenza dello Spirito di Dio (2 Cor 3,17): per questo tutto può essere strappato all'uomo, anche la vita, ma non la libertà interiore ( che lo Spirito di Gesù dà). ( Lc 12,4 Dico a voi, amici miei : non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla.)

Mentre la libertà esteriore può essere data e tolta agli uomini, la libertà frutto di un profondo convincimento interiore, nessuno la potrà più togliere dall’uomo. La conquista della libertà rende possibile una nuova relazione con Dio:“Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà Padre!” (Rm 8,15) .  "
Di UNO c'è bisogno : di Gesù che è la VITAMarta è descritta come la donna occupata o anche distratta dal servizio agli altri ( diakonia) : " ti preoccupi e // sei agitata". Gesù non la rimprovera ma agisce verso di lei come  " il Signore che la chiama  a scegliere "l' UNO di cui si ha bisogno": Lui, la VITA definitiva.

Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua Parola , premessa per una risposta di FEDE che introduce alla VITA. E' l'inizio del discepolato.


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